Non è da ritenersi prestazione aggiuntiva l’utilizzo del POCT da parte degli infermieri. Per tale motivo, questo non merita un trattamento economico diverso da quello già percepito. A stabilirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza n.3816/2021 (in allegato sotto l’articolo).
La corte territoriale ha ritenuto che l’utilizzazione di tali strumenti nell’ambito delle mansioni degli infermieri fosse aggiuntivo nell’ottica del servizio reso alla collettività e non invece in relazione ai compiti dei singoli operatori e, rilevato che tale utilizzo era stato incentivato con la previsione di apposito fondo di produttività destinato ad operare solo in una prima fase di avvio, non trovando l’erogazione permanente delle somme relative causa nella contrattazione collettiva aziendale, ha escluso il diritto dei lavoratori alle somme in questione. La corte territoriale ha altresì escluso la fondatezza della domanda subordinata svolta ex articolo 2041 cod.civ., trattandosi di esercizio della mansioni proprie del personale coinvolto e secondo le finalità istituzionali.
Gli infermieri si erano rivolti alla Cassazione che, però, ha rigettato il ricorso. L’art. 52 del d.lgs. n. 165/2001, infatti, prevede che il prestatore di lavoro deve essere adibito “alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi”. Gli artt. 2 e 45 del decreto riservano, poi, alla contrattazione collettiva la definizione del trattamento economico fondamentale ed accessorio, escludendo che il datore di lavoro pubblico, nel contratto individuale, possa attribuire un trattamento diverso, anche se di miglior favore per il dipendente.
I ricorrenti, gli infermieri, ritenevano che l’utilizzazione della strumentazione POCT, comportava l’esecuzione di esami diagnostici, pertinenti alla figura del tecnico di laboratorio.
Per la Cassazione, entrambe i profili sono riconducibili all’Area D, che ricomprende tutti i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che richiedono, oltre a conoscenze teoriche specialistiche e gestionali in relazione ai titoli di studio e professionali conseguiti, autonomia e responsabilità proprie, capacità organizzative, di coordinamento e gestionali.
Il giudice dell’appello ha ritenuto che le mansioni allegate fossero di competenza del profilo dell’infermiere professionale.
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