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Lettera aperta alla Presidente Mangiacavalli (Fnopi). Arnone: “per restare concreti bisogna uscire dal comparto”

Presidente Barbara Mangiacavalli,

Recente è il suo intervento in cui ha dichiarato: «Proprio per restare concreti ed evitare di continuare a generare illusioni ovviamente non stiamo dicendo: ’’Chiediamo un contratto tutto nostro’’ come negli anni qualche professione è stata in grado di fare’’. 

Dobbiamo anche essere capaci di leggere la realtà e il contesto: non è il momento per questo. Se vogliamo provare a fare qualcosa di concreto dentro all’attuale contratto ricavare un’area infermieristica-assistenziale come in altri contratti, ad esempio negli enti locali, è successo per altre figure. Almeno provare a connotare e finalizzare una serie di interventi previsti dal comitato di settore attraverso l’atto di indirizzo».

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Queste affermazioni hanno suscitato delusione, demotivazione, insoddisfazione. 

Da tempo gli infermieri chiedono di poter uscire dal comparto per molteplici ragioni, tra le prime la più semplice: esiste una precedente strada già tracciata da altri professionisti che sono diventati ‘Quadri’ attraverso un intervento del Legislatore che li ha riconosciuti in quanto tali. 

Mai momento storico più appropriato in cui gli infermieri possono finalmente chiedere il riconoscimento di essere Quadri per il loro ruolo sempre più ‘’raro’’ nel mercato del lavoro. È dalla dolorosa pandemia che si è compreso che i professionisti sanitari sono il vero motore della sanità, eppure si continua a guidare in prima.

Come è noto nel comparto sanità esistono figure che non hanno nulla a che vedere con la sanità e con gli infermieri e per alcune di esse non occorre nemmeno un diploma o una laurea. Il dipendente, definito in busta paga in termini economici, a differenza dei Quadri, ha mansioni ben precise, direttive superiori e non ha responsabilità. 

L’infermiere, proprio come i Quadri, non ha un mansionario, è autonomo, ha responsabilità ed è sottoposto a rischi. Ai medici e alla dirigenza infermieristica è stata concessa questa uscita. I professionisti della salute, professionisti intellettuali, restano ancora in un tunnel senza luce.

Non avere un proprio contratto significa dividere con non sanitari retribuzioni dedicate ai sanitari (per non parlare dei passaggi di fascia distribuiti solo al 50% del personale del comparto aziendale). Altro tema spigoloso è la non attrattività della professione: sempre più studenti abbandonano il corso di laurea, sempre più infermieri si licenziano o lasciano il Paese. Le cause sono molteplici: stipendi sotto la media europea e sotto il costo della vita, doppi turni che non consentono ai professionisti di godere dei riposi, denunce e richieste di risarcimento in forte aumento. Restiamo una categoria di più di 446mila infermieri ignorata e derisa.

Chiedere un contratto tutto infermieristico e, nella peggiore delle ipotesi, uno stipendio adeguato alla media europea significa chiedere più infermieri soddisfatti e meno “bruciati” da un lavoro che usura e, conseguentemente, ottenere, come supportato dalle evidenze, meno infezioni, meno morti, più salute. Chiedere un contratto tutto infermieristico significa auspicare come l’economista Attali – immaginando un mercato del lavoro trasformato nel 2040 – descrive così nel suo saggio sociologico “Breve storia del futuro” il futuro infermiere: ”tra le professioni lontane dalla povertà e dalla disoccupazione”.

Anna Arnone

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