L'INFERMIERE SPECIALISTA IN UNITA CORONARICA: COME INTERPRETARE UN ECG
In condizioni fisiologiche, il ritmo cardiaco origina dal nodo del seno (o seno atriale), definito anche il pace-maker naturale del cuore.
Gli impulsi elettrici che originano dal nodo del seno, attraversano gli atri, dando luogo alla contrazione atriale e raggiungono il nodo atrio-ventricolare dove vengono parzialmente frenati.
Dopo aver attraversato il nodo atrio-ventricolare, l’impulso elettrico viaggia lungo il fascio di His; ne raggiunge la branca destra e sinistra e attraverso le fibre di Purkinje, il miocardio ventricolare.
L’attività elettrica del cuore appena descritta viene registrata e riprodotta graficamente, tramite l’elettrocardiogramma, posizionando degli elettrodi sul torace e all’estremità del paziente.
L’attività elettrica del cuore può avere diverse manifestazioni a seconda del punto di vista da cui la guardiamo; questo è possibile grazie alle derivazioni che ci permettono di avere informazioni su atri e ventricoli.
Per questo motivo la sua misurazione non viene eseguita in un unica posizione, ma si cerca di posizionare gli elettrodi in maniera tale da avere quante più informazioni possibili.
Il giusto compromesso tra quantità di informazioni e praticità dell’esame è dato dall’attuale metodica di realizzazione dell’ecg, che prevede il posizionamento di:
In questo modo è possibile avere 12 approcci elettrocardiografici allo stesso fenomeno che verranno rappresentati con delle onde e da segmenti o intervalli:
La misurazione dell’attività elettrica del cuore viene riportata su carta millimetrata; avremo dunque un diagramma in cui in ascissa (dimensione orizzontale ), c’è il tempo espressa in secondi, e in ordinata (dimensione verticale) la differenza di potenziale espressa in millivolt.
Per convenzione lo scorrimento della carta è di 25 mm/s e 1 millivolt per cm di scorrimento.
Per analizzare un tracciato in modo corretto cerchiamo di adoperare un atteggiamento mentale investigativo utilizzando degli step che ci permetteranno passo passo di capire se ci sono anomalie cardiache:
Prima di analizzare le più comuni tipologie di aritmie è doveroso dare una definizione di ritmo cardiaco normale.
Un ritmo cardiaco si definisce normale o sinusale quando origina dal nodo del seno e quando ha una frequenza cardiaca compresa tra 60 -100 bpm.
Le aritmie si suddividono sostanzialmente in base a due parametri:
EXTRASISTOLI
Le extrasistoli o battiti ectopici o prematuri, sono singoli impulsi che nascono precocemente in qualsiasi parte del cuore, non lasciando il tempo al normale miocardio di conduzione di funzionare.
L’extrasistole può essere sopraventricolare o ventricolare a seconda del punto anatomico da dove origina.
EXTRASISTOLI SOPRAVENTRICOLARI
Sono facili da riconoscere, in genere non si associano a patologie gravi; il cuore resta invariato poiché l’impulso nasce sempre negli atri anche se in una sede diversa da quella del nodo del seno, lo attraversa, raggiungendo il nodo atrio ventricolare e tutto il miocardio.
Vediamo l’attività elettrica presente, ritmo cardiaco normale onde QRS comprese.
L’anomalia è delle onde P che saranno diverse rispetto a quelle di un ritmo sinusale. Solitamente l’onda P ectopica è separata dall’onda P sinusale del complesso precedente da un intervallo inferiore all’intervallo compreso tra due P sinusali. Tratto PQ accorciato.
EXTRASISTOLE VENTRICOLARE
L’impulso parte da un punto qualsiasi dei ventricoli, vengono alterati i normali meccanismi di conduzione dell’impulso e di depolarizzazione; quindi la morfologia delle extrasistoli ventricolari è completamente diversa da quella dei battiti sinusali.
Presenza di attività elettrica, ritmo normale, QRS larghi di forma bizzarra (con durata di solito superiore a 0.14 secondi), non preceduti da onde P, poiché l’impulso nasce a livello dei ventricoli.
TACHICARDIA SINUSALE
Si definisce tachicardia sinusale quel battito che origina dal nodo del seno, con una frequenza maggiore di 100 bpm.
Presenza di attività elettrica, la frequenza ventricolare è maggiore di 100 bpm, QRS normale e ritmico, onda P sempre presente seguita da un QRS, tratto PQ minore di 20 secondi.
FIBRILLAZIONE ATRIALE
È una delle più comuni aritmie, caratterizzata da un attività atriale completamente disorganizzata.
Frequenza atriale e ventricolare elevata, atriale tra i 300 e i 600 bpm; ventricolare tra i 120 e i 200, ritmo irregolare con QRS solitamente normale, l’onda p non è distinguibile in nessuna derivazione.
Rapporto P/QRS= molti : 1. Tratto PQ non valutabile.
FLUTTER ATRIALE
Nel flutter atriale si ha un attivazione atriale rapida e anomala con frequenza compresa tra i 250/350 bpm; l’impulso anziché fare il normale “cammino” ritorna su se stesso e tenderà ad accelerare.
Non tutti gli impulsi di origine atriale raggiungono il ventricolo riducendone così la frequenza ventricolare che si mantiene intorno ai 75/150 bpm.
La frequenza ventricolare risulta elevata, il QRS è ritmico e stretto, le onde P non sono presenti ma si evidenziano onde f ed hanno un aspetto denominato a “dente di sega”, rapporto p/ qrst 2/1 3/1 4/1, tratto pq non valutabile.
TACHICARDIA VENTRICOLARE
La tachicardia ventricolare è potenzialmente pericolosa, e può degenerare improvvisamente in fibrillazione ventricolare.
Rappresenta un’emergenza; solitamente il paziente non risponde ed è privo di polso in questo caso la tachicardia verrà trattata come una FV ovvero con la defibrillazione.
La frequenza ventricolare è elevata tra i 100/300 bpm in genere mai più elevata. Il ritmo del QRS è quasi regolare e rapido, molto largo con durata superiore ai 0.14 sec. L’onda P non è distinguibile e il P Q non valutabile.
FIBRILLAZIONE VENTRICOLARE
Nella fibrillazione ventricolare non c’è attività cardiaca sincronizzata, ma caotica e disorganizzata.
L’attività contrattile degli atri è assente e quella dei ventricoli rapida ed inefficace, il circolo è interrotto, per questo è un aritmia incompatibile con la vita.
BRADICARDIA SINUSALE
Nella bradicardia sinusale l’impulso nasce dal nodo del seno ma con una frequenza inferiore ai 60 bpm.
BLOCCO ATRIO-VENTRICOLARE
Il blocco atrioventricolare è un difetto di conduzione caratterizzato da una anomala diffusione dell’impulso dagli atri ai ventricoli.
Viene suddiviso in tre gradi a seconda della gravità:
BLOCCO ATRIO VENTRICOLARE DI I GRADO
Nel blocco atrio ventricolare di I grado tutti gli impulsi che hanno origine a livello atriale vengono condotti ai ventricoli con una velocità ridotta.
C’è attività elettrica, ritmo e morfologia della P e QRS normale, ogni P è sequita dal complesso QRS, l’ anomalia riscontrata all’ecg è il tratto PQ che risulta allungato con durata maggiore di 0.20-0.24 sec.
BLOCCO ATRIOVENTRICOLARE DI II GRADO
Nel blocco atrioventricolare di II grado, non tutti gli impulsi che originano dagli atri raggiungono i ventricoli, quindi non tutte le onde P sono seguite da un QRS. Il blocco di II grado è suddiviso a sua volta in: tipo Mobitz I e tipo Mobitz II.
MOBITZ 1 (LUCIANI-WENKEBHACH)
Nel tipo I si ha un progressivo rallentamento del tempo di conduzione atrioventricolare fino a saltare un battito ventricolare.
È presente attività elettrica, le onde P e il QRS sono ritmici ed hanno morfologia normale, finché il tratto PQ progressivamente si allunga fino alla comparsa di un onda P bloccata ovvero non seguita da un complesso QRS.
Il complesso P- QRS che segue l’onda P bloccata solitamente riprende con un intervallo PQ normale.
MOBITZ II
Nel tipo II il tempo di conduzione atrioventricolare resta invariato fino al salto occasionale di un battito ventricolare.
C’è attività elettrica, le onde P sempre presenti seguite da complessi QRS ritmici e costanti; il tratto PQ normale e costante finché non si presenta una P non seguita da un complesso QRS.
BLOCCO ATRIOVENTRICOLARE DI III GRADO
Nessun impulso che origina dagli atri raggiunge i ventricoli, la contrazione atriale è indipendente da quella ventricolare.
I complessi QRS sono dissociati dall’attività atriale, vengono attivati da un pacemaker posto distalmente al nodo atrioventricolare. È una condizione ad alto rischio di asistolia.
La sindrome coronarica acuta è dovuta all’ostruzione di una arteria coronaria.
L’elemento cardine è la rottura di una placca aterosclerotica che innesca la trombosi, determinando in pochi secondi l’occlusione del vaso con conseguente necrosi del tessuto miocardico.
Le SCA vengono classificate in base alla presentazione elettrocardiografica in:
SCA CON SOPRASLIVELLAMENTO DEL TRATTO ST ( STEMI). Si ha un occlusione completa del vaso coronarico; all’ecg sopraslivellamento del tratto ST di almeno 0.1 mV.
SCA SENZA SOPRASLIVELLAMENTO SEL TRATTO ST (NSTEMI). Il vaso coronarico non è completamente occluso; all’ecg si possono presentare anomalie quali la depressione del tratto ST o l’inversione dell’onda P.
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