E’ la conclusione a cui sono giunti i ricercatori dell’Università Paris-Saclay, autori di uno studio sulla relazione tra malattia e disturbi del ritmo circadiano.
L’interruzione del ritmo circadiano, quindi del ritmo-sonno veglia, può aumentare il rischio di cancro al seno. Il legame tra il lavoro notturno e una maggiore aggressività dei tumori è stato posto sotto i riflettori dei ricercatori dell’Università Paris-Saclay, che con i loro colleghi dell’Inserm e dell’Inrae, hanno pubblicato i risultati di questa ricerca su Nature Communications.
Il tumore al seno è la forma di cancro più comune tra le donne. Nella maggior parte dei casi i vari fattori di rischio sono comportamentali e legati, per esempio, a una cattiva alimentazione o al consumo di alcol, a fattori ormonali correlati all’assunzione di una pillola contraccettiva o a trattamenti ormonali in menopausa, oltre che a fattori ambientali come l’inquinamento atmosferico o le modifiche dei cicli luce/buio.
In uno lavoro condotto sui topi gli studiosi hanno sottoposto gli animali a un jet lag continuo, che riproduceva un cambio di ritmo di lavoro tra il giorno e la notte. E’ grazie a questa attività sperimentale che hanno osservato come il disturbo circadiano abbia avuto un impatto significativo sullo sviluppo di tumori al seno. Questa interruzione del ritmo sonno/veglia ha aumentato la diffusione delle cellule tumorali e la formazione di metastasi. E’ stato notato come la maggiore espressione della proteina chemochina
nei tumori porti a una maggiore infiltrazione di alcune cellule mieloidi che permettono lo sviluppo di un microambiente che sopprime il sistema immunitario.Gli effetti negativi possono essere però corretti con l’uso di un inibitore, e quindi limitare l’effetto dello stress circadiano sulla progressione del tumore. Queste ricerche sperimentali, secondo gli studiosi, rafforzano i risultati di studi epidemiologici che dimostrano che le donne in pre-menopausa, esposte per lunghi periodi a cambi del loro ritmo di lavoro, sarebbero particolarmente esposte a tumori mammari più aggressivi.
Redazione Nurse Times
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