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Studio conferma: l’elettroporazione è il trattamento più sicuro per la fibrillazione atriale

Il Maria Cecilia Hospital di Cotignola è tra i pochi centri europei a partecipare allo studio Manifest 17 K.

Maria Cecilia Hospital di Cotignola (Ravenna), ospedale di Alta Specialità accreditato con il SSN di GVM Care & Research, è tra i pochissimi centri in Italia, quattro in tutto, che hanno preso parte allo studio osservazionale retrospettivo, ovvero che analizza gli eventi già accaduti, denominato Manifest 17 K, con l’obiettivo di dimostrare la sicurezza, oltre che l’efficacia, del trattamento della fibrillazione atriale parossistica con elettroporazione, tecnica non termica che impiega impulsi elettrici di brevissima durata per correggere il difetto del ritmo cardiaco.

I risultati di questo studio di portata straordinaria, che ha coinvolto 106 centri in tutto il mondo, 19 in Europa, per un totale di 413 operatori e 17.642 pazienti, sono stati recentemente pubblicati sulla prestigiosa rivista di rilievo internazionale Nature Medicine.

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“La pubblicazione dei risultati di questo lavoro su una delle più autorevoli riviste specializzate al mondo – spiega il dottor Saverio Iacopino, coordinatore del dipartimento di Aritmologia ed elettrofisiologia di Maria Cecilia Hospital – ne dimostra l’estrema rilevanza e ufficializza il trattamento della fibrillazione atriale parossistica con una metodica innovativa, perché non impiega radiofrequenza o crioablazione ma brevissimi impulsi elettrici della durata di 2 secondi che vanno a colpire in maniera mirata solo le cellule malate, senza intaccare le strutture circostanti, come nervo frenico, esofago e vena polmonare. Questo si traduce in un tasso di eventi avversi quasi nullo, maggiore sicurezza e tempi procedurali ridotti, a beneficio del paziente”.

Maria Cecilia Hospital, pioniere nel trattamento della fibrillazione atriale e tra i primi centri in Italia nel 2022 a introdurre l’ablazione con elettroporazione, è tra le strutture europee selezionata per partecipare al progetto di studio. I pazienti arruolati – età media 64 anni, di cui il 34,7% donne, per il 57,8% con fibrillazione atriale parossistica persistente, tutti mai trattati prima per questo tipo di aritmia e resistenti a terapia farmacologica – sono stati sottoposti ad ablazione a campo pulsato (elettroporazione) e i risultati del follow up a due anni sono confluiti nei registri internazionali che hanno costituito lo studio.

Spiega ancora Iacopino: “Nonostante l’ablazione con tecnica standard, criotermica o a radiofrequenza, sia oggi estremamente efficace e sicura, questo studio ci conferma che a parità di efficacia l’elettroporazione offre importanti vantaggi per il paziente e per l’operatore in termini di rapporto rischio-beneficio, approccio anestesiologico e massima tolleranza per il paziente, curva di apprendimento molto breve per gli operatori ed efficienza procedurale. Questo candida la procedura a divenire la prima linea di trattamento per pazienti con fibrillazione atriale parossistica. Nel caso specifico di Maria Cecilia Hospital, l’elevato volume di procedure con tutte le tecniche attualmente disponibili – termica a caldo e a freddo ed elettroporazione – consente di poter scegliere per il paziente l’approccio più indicato, sartoriale”.

L’elettroporazione per trattare la fibrillazione atriale

La fibrillazione atriale è uno dei disordini più frequenti del ritmo cardiaco, con un notevole impatto sulla qualità della vita, sulla morbilità e sulla mortalità. La sua incidenza tende a crescere con l’avanzare dell’età: si stima che colpisca l’1,3% della popolazione under 65 anni e il 9-10% sopra i 76 anni. Nel nostro Paese colpisce circa 2 milioni di persone ed è la causa di circa il 20% degli ictus ischemici. Sinora i pazienti che non rispondevano alla terapia farmacologica venivano trattati con radiofrequenza (calore) o crioablazione (freddo), eseguite con approccio transcatetere.

Per quanto estremamente sicure, in alcuni casi queste procedure hanno effetti collaterali dovuti al coinvolgimento nel processo ablativo delle strutture circostanti l’area da trattare. In particolare, si possono manifestare stenosi della vena polmonare, paralisi persistente del nervo frenico, ictus e complicanze esofagee gravi, oggi considerate rare.

L’intervento di ablazione della fibrillazione atriale con elettroporazione eseguito con tecnica transcatetere consente di agire solo sulle cellule che scatenano l’aritmia, riducendo così le complicanze e gli effetti collaterali. L’intervento si esegue tramite un sottile catetere, introdotto attraverso la vena femorale, che eroga scariche elettriche a duplice conformazione: a basket e a fiore.

Gli impulsi elettrici, ad alto voltaggio e della durata di pochi secondi, sono mirati alle sole porzioni di tessuto da correggere e inducono nelle cellule cardiache causa di aritmia una necrosi istantanea che omogeneizza il danno elettrico. La durata della procedura è più veloce rispetto all’ablazione termica, circa il 30% in meno, e il decorso post-operatorio è sovrapponibile alle procedure di termoablazione e crioablazione.

Redazione Nurse Times

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