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Obesità: possibile svolta con l’arrivo in Italia di tirzepatide

La ricerca scientifica giunge a una svolta nel trattamento dell’obesità, che rappresenta una vera e propria patologia cronica con dati in continua crescita. Secondo il rapporto Istat, In Italia, nel 2021 la quota di sovrappeso nella popolazione adulta è pari al 36,1%, mentre le persone con obesità sono l’11,5%, con un trend in costante crescita.

La novità terapeutica è rappresentata dalla molecola tirzepatide, adesso disponibile in Italia, che potrà rivelarsi dirompente, considerato anche il ruolo dell’obesità nel determinare patologie metaboliche, cardiovascolari e oncologiche. Questa nuova molecola, unica nel suo genere, non solo aiuta a perdere peso, ma contribuisce anche a ridurre i principali fattori di rischio cardiovascolare.

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Molte persone, in passato, hanno tentato, anche senza consulto medico, diversi programmi dimagranti, diete ed esercizio fisico, spendendo tempo e denaro, ma senza ottenere risultati duraturi. Con l’approccio innovativo di Tirzepatide, a differenza di altri farmaci oggi disponibili che richiedono fino a cinque mesi per raggiungere una dose efficace, sono sufficienti solo quattro settimane per vedere i primi risultati concreti.

Questo significa meno ansia legata ai continui cambiamenti di dosaggio e una gestione del trattamento molto più semplice, con una immediata motivazione che favorisce una maggiore adesione alla terapia, aiutando a rendere il percorso di perdita di peso più realistico e soddisfacente. Il tutto con un ottimo profilo di tollerabilità, senza effetti collaterali importanti.

In questi anni la sfida di perdere peso è stata affrontata con diete, esercizio fisico, trattamenti che si sono conclusi senza risultati soddisfacenti, con la chirurgia bariatrica unico approccio realmente efficace, ma radicale e applicabile a una cerchia ristretta di persone. Con Tirzepatide si apre una nuova e straordinaria opportunità.

“Tirzepatide rappresenta un’innovazione farmacologica per la sua natura duale che permette a una singola molecola di agire su due recettori, GIP e GLP-1, riducendo il senso di fame e favorendo la perdita di peso – sottolinea Paolo Sbraccia, professore ordinario di Medicina interna al dipartimento di Medicina dei sistemi, Università Tor Vergata, nonché direttore della UOC di Medicina interna e de Centro Medico dell’Obesità, Policlinico Tor Vergata –. Nello studio clinico di fase 3 SURMOUNT-1, il farmaco, in aggiunta alla dieta e all’esercizio fisico, ha dimostrato con il primo dosaggio di mantenimento di 5 mg (raggiunto dopo 4 settimane di trattamento) una riduzione del peso del 16% alla 72° settimana”.

“Inoltre, con la dose di mantenimento massima di 15 mg, tirzepatide ha dimostrato una perdita di peso senza precedenti del 22,5% – spiega Sbraccia –. Oltre alla riduzione del peso, questo farmaco offre benefici su pressione arteriosa, trigliceridi e altri fattori di rischio cardiovascolare. È indicato per tutti i pazienti con un indice di massa corporea superiore a 30, ma anche per le persone in sovrappeso, con un indice tra 27 e 29, o con un’altra complicanza dell’obesità, tipo l’ipertensione, i trigliceridi elevati, la sindrome delle apnee notturne”.

L’obesità incide profondamente sullo stato di salute poiché si accompagna a importanti malattie e condizioni morbose che in varia misura peggiorano la qualità di vita e ne riducono la durata.

“Nonostante i progressi, l’obesità è ancora spesso ritenuta una condizione, un fattore di rischio, il risultato di stili di vita scorretti, e le persone affette vengono colpevolizzate – spiega il professor Rocco Barazzoni, presidente SIO (Società Italiana dell’Obesità), dipartimento di Scienze mediche chirurgiche e della salute, dell’Ospedale Cattinara, Università di Trieste –. Si dimentica che invece l’obesità è una malattia legata alla mancata capacità dell’organismo di regolare il peso e il grasso corporeo per il mantenimento della salute. In Italia i numeri sono in aumento, con l’11,5% di persone colpite, circa 6 milioni; se si aggiungono le persone in sovrappeso, si arriva quasi a metà della popolazione: si tratta quindi di un enorme problema di salute pubblica”.

Sempre Barazzoni: “L’obesità, inoltre, è una malattia sistemica, poiché ha un impatto negativo su tutti gli apparati e i sistemi dell’organismo: oltre che per malattie metaboliche come diabete, ipertensione, dislipidemie, l’obesità è un fattore di rischio anche per malattie oncologiche, cardiopatie, malattie renali, malattie epatiche, senza dimenticare le complicanze biomeccaniche, con difficoltà nel movimento, fragilità e disabilità che sopraggiungono soprattutto, ma non solo, in tarda età”.

E ancora: “L’impatto sociale ed economico dell’obesità è quindi molto rilevante, ma purtroppo non se ne prende piena consapevolezza, sottovalutando sia prevenzione che trattamento. Con adeguati interventi e investimenti lungimiranti si potrebbero ridurre complicanze, ospedalizzazioni, e trattamenti farmacologici per altre malattie”.

Per questo la comunità scientifica auspica decisioni volte a tutelare la salute dei pazienti con tutti gli strumenti disponibili, considerando anche il valore di investimenti utili a prevenire trattamenti e ricoveri delle complicanze a cui sono soggette le persone con obesità.

“I farmaci innovativi contro l’obesità offrono grandi benefici, anche se i costi attuali restano significativi e non ancora coperti dal Servizio sanitario nazionale – evidenzia il professor Luca Busetto, Past President SIO, professore associato di Medicina Interna, Università di Padova, dipartimento di Medicina DIMED, Centro per lo studio e il trattamento integrato dell’obesità, Azienda Ospedaliera di Padova –. La prescrivibilità in regime privatistico aumenta il rischio di un uso non propriamente adeguato, legato più a motivi di estetica che di patologia”.

Aggiunge Busetto: “Viceversa la non rimborsabilità pone un problema di equità al Ssn, considerando che l’obesità è maggiormente diffusa proprio nelle classi socioeconomiche più svantaggiate. Si rischia di perdere una grande opportunità, visti i risultati emersi dagli studi clinici che hanno dimostrato benefici anche su patologie cardiovascolari, diabete, apnee notturne”.

E ancora: “È pertanto auspicabile una politica di rimborso almeno parziale indirizzato ai soggetti che hanno un maggiore rischio per la salute: chi abbia già avuto un evento cardiovascolare, i pazienti con scompenso cardiaco, quelli con prediabete e con apnee notturne sono le popolazioni indicate dalla letteratura scientifica come meritevoli di una priorità. Sarebbe un investimento che consentirebbe di risparmiare fondi sui successivi trattamenti e ospedalizzazioni”.

Prevalenza e incidenza dell’obesità attribuiscono al medico di medicina generale un ruolo fondamentale, visto l’elevato numero di pazienti che giunge alla sua attenzione.

“Ogni Medico Medicina Generale ha in carico in media circa 600 persone con un problema di eccesso di peso di cui circa 150 con obesità e 500 in sovrappeso – sottolinea Gerardo Medea, consigliere nazionale SIMG, e responsabile della ricerca –. Il nostro compito è anzitutto quello di contenere il problema obesità attraverso la prevenzione primaria e poi di intercettare questi pazienti, per coinvolgerli in un percorso di diagnosi e cura personalizzato (che tenga conto cioè della situazione clinica di ciascuno di essi), ma soprattutto continuativo, (trattandosi di una patologia cronica) e multiprofessionale (trattandosi di una patologia complessa). Bisogna, inoltre, condividere coi pazienti obiettivi di cura realistici sia per quanto riguarda lo stile di vita, sia per la terapia farmacologica”.

Conclude il consigliere nazionale SIMG: “Alla auspicata presa in carico di questi pazienti si aggiunge oggi la disponibilità di farmaci innovativi, come tirzeparide, per il trattamento dell’obesità, efficaci e sicuri, prescrivibili anche dai medici di famiglia. Questo richiede una robusta attività di formazione dei medici di medicina generale affinché essi acquisiscano le competenze per poterli consigliare e prescrivere, anche in concertazione, quando necessario, con i centri di secondo e terzo livello”.

Redazione Nurse Times

Fonte: Insalutenews.it

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