Un nuovo studio pubblicato su Nature Metabolism dai gruppi di ricerca del professor Jan-Wilhelm Kornfeld, della University of Southern Denmark/Novo Nordisk Center for Adipocyte Signaling (Adiposign), e Dagmar Wachten, dell’Ospedale universitario di Bonn e dell’Università di Bonn (Germania) evidenzia come il grasso bruno sia dotato di un meccanismo, precedentemente sconosciuto, che lo disattiva subito dopo essere stato attivato. Ciò limita la sua efficacia come trattamento contro l’obesità. Secondo la prima autrice dello studio, Hande Topel, responsabile di questo processo di spegnimento è una proteina che funge da “interruttore”, chiamata AC3-AT.
Il grasso bruno, noto anche come Bat (tessuto adiposo bruno), è un altro tipo di grasso presente nel nostro corpo e ha una missione speciale: aiuta a bruciare le calorie degli alimenti che consumiamo, trasformandole in calore. Il che può essere utile soprattutto quando siamo esposti a temperature fredde, come durante il nuoto invernale o la crioterapia.
Per molto tempo gli scienziati hanno pensato che solo i neonati e piccoli animali come i topi lo avessero, ma la nuova ricerca mostra invece che un certo numero di adulti mantiene il grasso bruno per tutta la vita. E gli scienziati stanno cercando un modo per attivarlo in modo sicuro utilizzando farmaci che aumentino la sua capacità di produrre calore, e sfruttando questa sua efficacia nel bruciare calorie.
“Guardando al futuro, riteniamo che trovare modi per bloccare AC3-AT potrebbe essere una strategia promettente per attivare in modo sicuro il grasso bruno e affrontare l’obesità e i problemi di salute correlati”, afferma Topel.
Il team di ricerca ha trovato la proteina di spegnimento utilizzando una tecnologia avanzata: “Quando abbiamo studiato topi che geneticamente non avevano AC3-AT, abbiamo scoperto che erano protetti dal diventare obesi, in parte perché i loro corpi erano semplicemente più bravi a bruciare calorie ed erano in grado di aumentare i loro tassi metabolici attivando grasso bruno”.
Gli scienziati hanno quindi nutrito due gruppi di topi con una dieta ricca di grassi per 15 settimane, cosa che li ha resi obesi. Il gruppo a cui è stata rimossa la proteina AC3-AT ha guadagnato meno peso rispetto al gruppo di controllo ed era metabolicamente più sano.
“Questi topi hanno anche aumentato la massa magra rispetto ai topi di controllo – sottolinea la coautrice Ronja Kardinal -. Poiché AC3-AT si trova non solo nei topi, ma anche negli esseri umani e in altre specie, ci sono implicazioni terapeutiche dirette per gli esseri umani”.
Anche se la prevalenza del grasso bruno diminuisce con l’invecchiamento, e nonostante gli adulti non ne abbiano tanto quanto i neonati, il grasso bruno può comunque essere attivato. Ad esempio dall’esposizione al freddo e aumenta il tasso di metabolismo delle persone. Ciò può aiutare a stabilizzare la perdita di peso in condizioni in cui l’apporto calorico è (troppo) elevato.
I ricercatori hanno anche identificato altre versioni sconosciute di proteine/geni, che rispondono all’esposizione al freddo, simili ad AC3-AT.
“Tuttavia – puntualizza Wachten – sono necessarie ulteriori ricerche per chiarire l’impatto terapeutico di questi prodotti genetici alternativi e dei loro meccanismi regolatori durante l’attivazione del grasso bruno”.
Conclude Kornfeld: “La comprensione di questo tipo di meccanismi molecolari non solo fa luce sulla regolazione del grasso bruno, ma promette anche di svelare meccanismi simili in altri percorsi cellulari. Questa conoscenza può essere determinante per migliorare la nostra comprensione di varie malattie e per lo sviluppo di nuovi trattamenti”.
Abstract dell’articolo pubblicato su Nature Metabolism
Redazione Nurse Times
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