La Corte d’appello di Roma ha condannato l’Asl Roma 3 a risarcire un’infermiera con 78mila euro per il danno da demansionamento subito negli anni. Stando a quanto emerso durante il processo, la donna è stata onfatti assegnata a mansioni inferiori proprie degli operatori socio-sanitari (oss).
Una battaglia vinta dal sindacato Nursind, che esprime soddisfazione attraverso le parole del segretario territoriale Stefano Barone: “È banale dire che avevamo ragione. Nursind denuncia da tempo la grave situazione di demansionamento che la categoria vive, soprattutto nella nostra Regione”.
La Corte d’Appello di Roma ha motivato la sua decisione riconoscendo che l’infermiera, dotata di una laurea e quindi di competenze specialistiche di alto livello, avrebbe dovuto essere impiegata in attività corrispondenti al suo status di professionista intellettuale.
Ha inoltre ricordato che il ruolo dell’infermiere comprende non solo la coordinazione del personale addetto alle unità operative semplici e la predisposizione dei piani di lavoro, ma anche la collaborazione nell’attività didattica e l’esercizio di funzioni di tutoraggio. Al contrario, l’infermiera è stata costretta a svolgere “attività attinenti all’assistenza diretta alla persona e all’aiuto domestico alberghiero”. Un chiaro caso di demansionamento, insomma.
“Invito tutti a far sì che i propri diritti siano rispettati, senza mai dare per scontato che non si possa cambiare il sistema”, ha esortato Barone, ribadendo la necessità di perseverare nella difesa della dignità professionale degli infermieri: “Solo la tenacia e la convinzione che gli Infermieri devono essere rispettati ci può far ottenere grandi risultati”.
Redazione Nurse Times
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