Borgonovo (Piacenza), morì dopo una caduta nella casa di riposo: chiesti due anni per le tre imputate

L’accusa sostiene che avrebbero dovuto sorvegliare attentamente l’anziana donna. Per la difesa, invece, il fatto non sussiste.

Al termine del processo l’accusa sostiene che hanno continuato a operare senza rendersi conto della situazione di pericolo. La difesa replica che si sono comportate correttamente. Loro sono tre donne che lavorano nel reparto Melograno della casa di riposo Andreoli di Borgonovo (Piacenza): Carmen Pozzi, 65 anni, responsabile delle attività assistenziali; Stefania Pettenati, 60 anni, responsabile delle attività sanitarie; Samira Mountassir, 46 anni, marocchina, operatrice socio-sanitaria. Il caso è quello della 91enne deceduta il 9 marzo 2013 a seguito di una caduta del giorno prima. Assieme ad altri ospiti si trovava in una saletta sottoposta alla sorveglianza del personale che passava lì davanti. Per tutte e tre le imputate la richiesta del pubblico ministero alla Corte di assise di Piacenza è la condanna a due anni con concessione delle attenuanti generiche. Gli avvocati difensori hanno invece chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste. Il figlio della vittima si è costituito parte civile, associandosi alla richieste di condanna e pretendendo un risarcimento. Nella requisitoria il pm Matteo Centini ha sostenuto che bisogna stabilire se ci fosse una situazione di pericolo, se fosse stata colta e se la condotta messa in atto fosse stata volontaria o meno, cioè se si fosse agito nonostante la probabilità di creare un evento dannoso. «La sorveglianza è fondamentale – ha affermato riferendosi in particolare alla figura dell’oss -, e prima di tutto si deve garantire la sicurezza degli ospiti. Dopo vengono il rifare i letti e le altre incombenze». L’anziana era sottoposta a sorveglianza ambientale, ma tra le urla udite e il tonfo ci sono alcuni secondi. Di qui la domanda: «Sarebbe caduta lo stesso se una oss fosse intervenuta in tempo?». L’anziana – non autosufficiente e non in grado di camminare, se non assistita da qualcuno – sarebbe stata aiutata da un’altra ospite, che le avrebbe teso una mano per farla alzare. Un’ospite malata, che spesso abbracciava e accarezzava gli altri pazienti. Fatto, questo, che «tutti sapevano, ma che nessuno aveva mai segnalato», ha sottolineato il pm, ricordando che per la donna morta era prevista una sorveglianza ambientale alta, ma non la presenza costante. E allora, se necessitava di una sorveglianza alta, perché non era nel salone, ma in una saletta? Inoltre, le era stato posto di fronte un tavolino per muovere le braccia, come emerso dalle testimonianze, ma l’anziana non si muoveva. E poi le serviva ulteriore sicurezza, «ma rispetto a cosa?»
. Il piano di lavoro, ha concluso il pm, non può configgere con le esigenze di sicurezza. Mountassir, ad esempio, non doveva limitarsi a farla alzare dal letto, accompagnarla nella sala e darle la colazione: «Il lavoro di una oss ha un alto valore etico e sociale. Si deve pensare prima alle persone non autosufficienti. Rifare i letti viene dopo». Dal canto suo, l’avvocato Sergio Ghiretti, che assiste Pozzi e Pettenati, ha chiesto a giudici e giurati di immedesimarsi in quella situazione: «Come vi sareste comportati? Gestire 54 ospiti non autosufficienti con sette oss. E le due anziane coinvolte nella vicenda non erano nemmeno considerate tra quelle con i problemi più gravi». Per la difesa la caduta, come detto dai periti, non era prevedibile e nessuno aveva mai visto l’altra anziana alzare gli ospiti; solo accarezzare o allungare la mano. E poi, ammesso che le due imputate abbiano lascito soli gli anziani, quel giorno non erano in servizio e, comunque, sopra di loro c’era un coordinatore responsabile della gestione del servizio. «La sorveglianza continua non era segnata da alcuna parte», ha proseguito Ghiretti. La 91enne era stata sistemata nella saletta perché vicina all’ambulatorio e agli uffici, e aveva una porta molto larga. Chiunque passava di lì aveva la disposizione di guardare all’interno per accertarsi che la situazione fosse normale: «Era quella con la maggiore sorveglianza ambientale». Infine l’abbandono materiale sarebbe da escludere, perché quella mattina l’anziana era stata vista più volte da una oss in pochi minuti, tranne nei pochi secondi in cui è avvenuta la Concludendo, per il legale la caduta era prevedibile, ma il medico lo ha detto quando il fatto era ormai compiuto. Anche per l’avvocato Antonino Rossi, difensore di Mountassir, l’accusa è insussistente: nera previsto alcun obbligo di vigilanza continuativa e «la mia assistita aveva svolto tutti suoi compiti». Redazione Nurse Times Fonte: Il Piacenza  
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