La dott.ssa Maiori presenta la tesi sull’assistenza al paziente urostomizzato in seguito ad intervento di cistectomia radicale

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Riceviamo la tesi della dott.ssa Maiori Marica Ilaria, dissertata presso l’Università Degli Studi dell’Aquila.

“Essere infermieri è una missione e non un semplice mestiere, significa tenere tra le tue mani la vita altrui e prendersene cura, quando a volte sembra difficile anche prendersi cura di sé stessi”

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In questo mio elaborato, espongo l’assistenza al paziente urostomizzato in seguito ad intervento di cistectomia radicale tipo Bricker. Il tumore della vescica rappresenta il 3% di tutte le neoplasie, ed è secondo in campo urologico solamente a quello della prostata; nell’ultima decade, la percentuale di sopravvivenza a 5 anni si attesta intorno all’ottanta per cento, infatti si tratta di una malattia che se riconosciuta per tempo e trattata in maniera adeguata, va incontro a completa guarigione.

Il paziente sottoposto a cistectomia necessita di un approccio olistico e naturalmente ha bisogno di educazione sanitaria riguardante la gestione di una stomia urinaria. Infatti molti possono essere afflitti da dubbi, preoccupazioni riguardo la sua gestione, anche nelle semplici attività di vita quotidiana. Per questo motivo, è importante proteggerla dal contatto con le urine mediante prodotti e tecniche corrette, perché queste diminuiranno l’insorgenza di complicanze correlate.

La cistectomia radicale è il trattamento standard del tumore vescicale infiltrante o del tumore superficiale recidivo ad alto rischio di progressione. Q

uesto intervento prevede un’incisione della parete addominale che si estende dalla regione sotto ombelicale fino al pube con asportazione dei linfonodi otturatori ed iliaci, prostata, vescicole seminali, dotti deferenti nell’uomo, invece nella donna di utero, parete anteriore della vagina e linfonodi loco regionali.

Vi sono diversi tipi di derivazione urinaria:

  • NEOVESCICA ORTOTOPICA
  • URETERO-ILEO-CUTANEOSTOMIA SEC. BRICKER
  • URETEROCUTANEOSTOMIA BILATERALE.

Nel caso clinico analizzato, viene trattato il secondo tipo di intervento in cui viene usato un segmento di 10-15 cm di intestino (ileo), a cui vengono abboccati gli ureteri.

Esso viene anastomizzato, ossia “ attaccato” alla cute, ossia a livello del quadrante inferiore destro dell’addome. L’urina poi viene raccolta in un sacchetto posto in corrispondenza della stomia cutanea. La convalescenza dalla dimissione è di circa un mese nel quale è consigliata una vita normale senza sforzi fisici, una dieta equilibrata con particolare attenzione  a mantenere un alvo regolare.

Il lavoro d’assistenza infermieristica al paziente urostomizzato è un lavoro che dovrebbe essere svolto con continuità per poter raggiungere l’obbiettivo di migliorare la qualità di vita del paziente stesso. L’infermiere svolge un ruolo importante per quanto riguarda l’informazione ed il sostegno psicologico del paziente in vista di una derivazione urinaria, facendo attenzione a non sostituirsi allo psicologo.

Diversi studi riportano che in molti paesi del mondo soprattutto quelli in via di sviluppo, il fatto di avere una stomia è un tabù. È un cambiamento radicale del quale non si discute nemmeno tra coppie sposate, inoltre è spesso causa di divorzio perché il partner non accetta più il marito o la moglie.

Per questo, è necessaria una gestione multidisciplinare di tali pazienti che andrebbe ricercata nell’azione integrata di specialisti quali urologi, oncologi, psicologi e personale infermieristico specializzato per ottimizzare la cura e la riabilitazione del paziente con derivazione urinaria.

Maiori Marica Ilaria

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Tesi: “Assistenza al paziente urostomizzato in seguito ad intervento di cistectomia radicale”

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