L’infezione da Klebsiella Pneumoniae è un problema crescente nella sanità pubblica, rappresentando una sfida significativa per il controllo delle infezioni correlate all’assistenza. Questo batterio, appartenente al genere Klebsiella e noto per la sua crescente resistenza agli antibiotici, può causare una serie di gravi malattie e richiede una diagnosi tempestiva e trattamenti adeguati.
Il genere Klebsiella include diversi ceppi di batteri Gram-negativi, con Klebsiella pneumoniae come principale patogeno associato all’uomo. Questi batteri si trovano normalmente nel tratto gastrointestinale, sulla pelle e nel tratto respiratorio superiore umano. Tuttavia, quando si verificano infezioni, possono essere estremamente pericolosi.
Una delle principali sfide nell’affrontare l’infezione da Klebsiella Pneumoniae è la sua crescente resistenza agli antibiotici. Questi batteri producono beta-lattamasi, rendendoli intrinsecamente resistenti alle penicilline e alle cefalosporine a spettro ristretto. Nel tempo, hanno sviluppato resistenza anche alle cefalosporine di terza generazione, costringendo spesso a utilizzare antibiotici più potenti come i carbapenemi, quali imipenem e meropenem.
Recentemente, sono stati introdotti nuovi antibiotici ad ampio spettro per trattare le infezioni da Klebsiella Pneumoniae resistente ai carbapenemi (KPC), ma la resistenza continua a diffondersi.
La maggior parte dei ceppi di Klebsiella Pneumoniae circolanti in Italia sviluppa resistenza ai carbapenemi a causa della produzione di un enzima chiamato carbapenemasi che scinde l’antibiotico, rendendolo inefficace.
Il tipo più comune, prodotto da più del 90% dei ceppi isolati in Italia, è denominato KPC (Klebsiella pneumoniae carbapenemasi).
Solo una minoranza di ceppi produce altri enzimi, tra i quali la carbapenemasi NDM (New Delhi metallo-betalattamasi), così chiamata perché scoperta per la prima volta in un paziente svedese di ritorno da Nuova Deli. Il tipo di carbapenemasi prodotta è rilevante per il trattamento perché i ceppi che producono NDM non sono sensibili ad alcune delle nuove combinazioni antibiotico-inibitore come quella ceftazidime-avibactam.
Finora i ceppi di K. pneumoniae produttori di NDM sono stati identificati sporadicamente in Italia, in genere introdotti da pazienti che avevano viaggiato all’estero, provocando focolai di limitate dimensioni e rapidamente controllati.
Le infezioni da Klebsiella Pneumoniae sono spesso associate a diverse condizioni, tra cui polmoniti contratte in ambiente ospedaliero, infezioni delle vie urinarie, e infezioni nosocomiali. I sintomi possono variare, ma spesso includono febbre, brividi, tosse con espettorato denso e, in alcuni casi, sangue nelle urine. La diagnosi è essenziale per stabilire il trattamento adeguato.
La Klebsiella può essere trasmessa in vari modi, tra cui via aerea, contatto con superfici contaminate, contatti con feci e, in rari casi, per via sessuale o da madre a figlio. Gli ambienti ospedalieri rappresentano luoghi ad alto rischio a causa dell’uso di dispositivi medici invasivi e del costante spostamento dei batteri da parte del personale sanitario.
Queste infezioni colpiscono soprattutto persone fragili perché anziane o sottoposte a procedure medico-chirurgiche invasive, possono essere trasmesse da paziente a paziente, e sono di difficile trattamento perché resistenti alla maggior parte degli antibiotici e quindi associate ad elevata mortalità. Molti pazienti poi, anche se non presentano i sintomi dell’infezione, sono colonizzati a livello intestinale e contribuiscono alla diffusione di questi batteri all’interno delle strutture sanitarie. Queste infezioni rappresentano un problema globale, e sono purtroppo frequenti nel nostro paese, che è maglia nera in Europa per dimensioni del fenomeno.
Il trattamento delle infezioni da Klebsiella Pneumoniae di solito coinvolge l’uso di antibiotici ad alto dosaggio somministrati per via endovenosa. Tuttavia, a causa della resistenza crescente, non sempre si riesce a risolvere l’infezione con gli antibiotici tradizionali. Spesso, è necessario ricorrere a trattamenti chirurgici, come il drenaggio di ascessi polmonari.
L’antibiogramma svolge un ruolo cruciale nella scelta degli antibiotici appropriati, ma la continua ricerca di nuove opzioni terapeutiche è essenziale per affrontare questa minaccia emergente.
La prevenzione delle infezioni da Klebsiella pneumoniae è di fondamentale importanza, specialmente nei contesti sanitari dove queste infezioni sono più comuni. Ecco alcune misure di prevenzione:
La prevenzione delle infezioni da Klebsiella pneumoniae richiede uno sforzo coordinato a livello ospedaliero, comunitario e globale.
Rappresenta una sfida crescente per la sanità pubblica. La diagnosi tempestiva, l’uso appropriato degli antibiotici e la ricerca di nuove terapie sono fondamentali per il controllo di questa infezione resistente agli antibiotici, sia negli ospedali che nella comunità.
Redazione Nurse Times
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