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Indagine conoscitiva sulla situazione della medicina dell’emergenza-urgenza e dei pronto soccorso in Italia: mancano oltre 4.500 medici e circa 10.000 infermieri

Il documento conclusivo sull’emergenza-urgenza è stato approvato dalla XII Commissione (Affari Sociali) della Camera dei Deputati. IL DOCUMENTO in allegato

Il pronto soccorso è il cuore pulsante di qualsiasi ospedale, ma in Italia questa area critica è al centro di una crisi senza precedenti. La situazione è così grave che la Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati ha avviato un’indagine conoscitiva il 26 luglio 2023 per analizzare e affrontare le sfide urgenti che affliggono la medicina dell’emergenza-urgenza nel nostro paese.

Le difficoltà del Pronto Soccorso

Il pronto soccorso deve rispondere rapidamente a pazienti non programmati, gestendo situazioni di emergenza e urgenza con prontezza. Tuttavia, uno dei problemi principali è il sovraffollamento, che prolunga i tempi di attesa e compromette la qualità delle cure. Nel 2021, i pronto soccorso italiani hanno registrato oltre 20 milioni di accessi, un numero spropositato rispetto alle risorse disponibili. Questo fenomeno è diventato un punto critico, causando disagi non solo ai pazienti ma anche al personale sanitario, che si trova a operare in condizioni estremamente stressanti e spesso pericolose.

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Il personale sotto pressione

I professionisti del settore sono particolarmente esposti ad aggressioni fisiche e verbali, oltre a frequenti denunce per presunti errori medici. Le statistiche indicano un aumento degli episodi di violenza nei confronti del personale sanitario del 30% negli ultimi cinque anni. Queste condizioni di lavoro difficili e stressanti stanno disincentivando molti medici e infermieri a lavorare nei pronto soccorso, aggravando ulteriormente la crisi. Secondo un rapporto del Ministero della Salute, il 40% dei medici di pronto soccorso ha dichiarato di voler lasciare il proprio lavoro entro i prossimi due anni.

Il quadro normativo

Il sistema di emergenza-urgenza in Italia è regolato da una serie di atti normativi chiave. Il Decreto del Presidente della Repubblica del 27 marzo 1992 ha stabilito le condizioni per l’assistenza sanitaria di emergenza a livello nazionale, introducendo i criteri per la gestione dei pronto soccorso e dei servizi di emergenza-urgenza. Successivamente, un Atto di Intesa tra Stato e Regioni l’11 aprile 1996 ha approvato le linee guida sul sistema di emergenza sanitaria, stabilendo la rete dei servizi di emergenza e le modalità di intervento coordinato tra ospedali e servizi territoriali. Inoltre, il Decreto Ministeriale del 2 aprile 2015 n. 70 ha specificato gli standard per l’assistenza ospedaliera, definendo chiaramente la struttura e le funzioni del pronto soccorso e del Dipartimento di Emergenza e Accettazione (DEA).

Le criticità del sistema

Tra le principali criticità emerse dall’indagine vi è la necessità di potenziare l’assistenza extraospedaliera e migliorare i processi di osservazione e ricovero dal pronto soccorso. Il 70% dei pazienti che affluiscono al pronto soccorso potrebbe essere trattato in strutture territoriali o attraverso servizi di assistenza domiciliare. Tuttavia, la mancanza di un adeguato supporto extraospedaliero contribuisce al sovraffollamento delle strutture di emergenza. Inoltre, i tempi di attesa per l’osservazione breve intensiva (OBI) e per i ricoveri sono spesso eccessivi, con una media di 8 ore per i casi meno gravi e di 3 ore per i casi più urgenti.

Conclusioni e proposte

Attraverso le audizioni svolte e i dati acquisiti nell’ambito dell’indagine conoscitiva che ha interessato la XII Commissione della Camera dei deputati nell’arco di alcuni mesi, sono emersi elementi che, in generale, hanno suffragato il presupposto iniziale dal quale l’indagine stessa aveva preso le mosse ovvero che la difficile situazione in cui si trova la medicina di emergenza-urgenza oggi in Italia rappresenta la «punta dell’iceberg» e la conseguenza di problemi complessi, spesso inveterati, connessi gli uni con gli altri. Pur con sfumature diverse, derivanti anche dal ruolo svolto dai numerosi soggetti che sono stati ascoltati in audizione – soggetti istituzionali, rappresentanti degli Ordini delle professioni sanitarie, società scientifiche, associazioni, sindacati, professionisti sanitari – si è registrata, complessivamente, una certa omogeneità di vedute con riferimento agli aspetti più problematici della medicina di emergenza-urgenza, a partire dal sovraffollamento delle strutture di pronto soccorso (overcrowding), e alle relative cause.

Tra le cause sono state indicate, prevalentemente: la carenza di personale medico e infermieristico: si stima che, allo stato attuale, nel settore dell’emergenza-urgenza manchino oltre 4.500 medici e circa 10.000 infermieri; i tempi di attesa per il ricovero (boarding), stante la carenza di posti letto disponibili nei reparti di degenza causata dalla difficoltà a garantire un turnover adeguato.

Gli accessi al pronto soccorso hanno raggiunto numeri elevatissimi, che secondo alcune stime dovrebbero superare i 20 milioni l’anno, con un incremento in determinati periodi, legato alla stagionalità di fattori epidemiologici e alla mobilità della popolazione (periodo influenzale e periodi di vacanza e turismo). Il boarding si accentua nel fine settimana e nei giorni festivi, quando la disponibilità di posti letto è ridotta e vi è la difficoltà di dimettere gli anziani e i pazienti più fragili verso il domicilio o le residenze sanitarie assistite.

I posti letto

Il problema è strettamente connesso alla grave carenza di posti letto per acuti in Italia, di cui il boarding è una conseguenza diretta. Il progressivo taglio di posti letto in vent’anni – come è stato osservato da parte di numerosi soggetti intervenuti in audizione – ha portato l’Italia a un numero di posti letto ospedalieri, pari a 3,1 per 1.000 abitanti, inferiore al dato medio europeo; l’elevato numero di accessi impropri: numerosi sono gli assistiti che si auto presentano al pronto soccorso; il numero di «codici verdi» e di «codici bianchi» supera abbondantemente il 50 per cento degli accessi totali.

Tale fenomeno – stando alle spiegazioni fornite dai soggetti intervenuti in audizione – è dovuto principalmente al fatto che spesso il pronto soccorso è percepito come il punto di accesso più immediato e diretto alla salute pubblica. I tempi lunghi nello scorrimento delle liste d’attesa per poter accedere a prestazioni diagnostiche e specialistiche indurrebbero, in molti casi, i pazienti a rivolgersi al pronto soccorso, pur trattandosi di prestazioni ordinarie, non emergenziali. Il pronto soccorso diventa così un modo di ottenere il contatto con il personale medico e sanitario nei tempi ritenuti adeguati alla situazione reale o percepita, perdendo la sua vera funzione che dovrebbe essere riservata alla gestione dei casi di reale emergenza sanitaria.

Accesso improprio

L’accesso improprio ai pronto soccorso determina un intasamento dei percorsi assistenziali in emergenza a discapito dell’armonia lavorativa e della stessa efficacia delle prestazioni sanitarie. Il fenomeno degli accessi impropri ai pronto soccorso è del resto comprovato dall’altissima percentuale di dimissioni entro le primissime ore dall’accesso al triage. L’aumento dei tempi di attesa, aggravato durante la recente pandemia di Covid-19, è uno degli esiti delle politiche di contenimento dei costi in sanità, intraprese oltre un decennio fa, e contribuisce a determinare la situazione di particolare criticità della medicina di emergenza-urgenza.

Il progressivo invecchiamento della popolazione è un’altra delle cause del fenomeno dell’overcrowding, avendo determinato un aumento di pazienti affetti da malattie croniche e, di conseguenza, un maggior numero di accessi al pronto soccorso a seguito della riacutizzazione delle stesse.

Si deve peraltro considerare che il numero di riacutizzazioni nell’ambito del decorso di una patologia cronica è in stretta correlazione con la sua gestione e quindi con la qualità e la continuità delle cure; la disaffezione per la medicina di emergenza-urgenza, anche – ma non solo – da parte dei giovani medici, che sono sempre meno indotti a scegliere una specialità faticosa e con impatto negativo sulla qualità di vita, mal remunerata, anche a causa dell’impossibilità di svolgere attività privata intra o extra moenia, gravata da un altissimo rischio di denunce e, comunque, con il peggior rapporto tra gratificazioni e frustrazioni. Il dato emblematico, che non può essere trascurato, è che nel 2023 il 69 per cento delle borse a disposizione non è stato assegnato.

Numerosi sono anche gli abbandoni, sia durante la frequenza delle scuole di specializzazione sia da parte del personale in servizio: al riguardo, si stima che nel nostro Paese si stia verificando una fuga di circa 100 medici al mese dai pronto soccorso verso posti di lavoro che garantiscano una migliore qualità di vita personale, lavorativa ed economica.

La «fuga» dalla medicina d’emergenza-urgenza sembra essere connessa alle condizioni di lavoro (turni massacranti, alta frequenza di lavoro notturno e durante le festività).

L’impossibilità oggettiva di svolgere la libera professione, poi, rende nettamente meno allettante il lavoro in pronto soccorso, restando il solo salario l’unico reddito di tanta fatica. L’aggiornamento professionale, infine, risulta difficile a causa del protrarsi dell’attività lavorativa per tante ore e tante notti.

L’obiettivo dell’indagine era quello di provare a individuare delle soluzioni sostenibili a fronte della difficile situazione delineata, una volta messe a fuoco le cause principali, grazie al contributo degli esperti nei vari settori, intervenuti in audizione, con i quali i deputati della Commissione Affari sociali hanno avuto modo di interagire, ponendo loro delle domande e confrontando con essi il proprio punto di vista. Per quanto riguarda le possibili soluzioni, da perseguire anche attraverso iniziative normative, all’esito dell’indagine svolta è possibile enucleare le seguenti:

1) Potenziamento della medicina del territorio.

A conclusione dell’indagine, sembra non esserci dubbio sul fatto che, se si vuole provare a risolvere la situazione problematica in cui versa attualmente la medicina di emergenza-urgenza, sia fondamentale realizzare una vera e propria riforma del sistema nel suo complesso, potenziando la medicina territoriale. Solo agendo in questa direzione si potrebbero intercettare le richieste di salute non connotate da effettiva urgenza, che attualmente si concentrano impropriamente sul pronto soccorso, con gravi conseguenze sul piano del sovraffollamento. Imprescindibile sembra dunque il riordino della medicina territoriale e dell’assistenza domiciliare, dando attuazione agli interventi previsti dal Piano di ripresa e resilienza (PNRR) e dal decreto ministeriale n. 77 del 2022, per fare fronte a un bisogno di salute ineludibile, rispetto al quale si ricorre al pronto soccorso, troppo spesso in maniera non corretta.

Uno degli obiettivi principali del PNRR, alla Missione 6 (Salute), è la realizzazione degli Ospedali di comunità e delle Case della comunità, insieme al rafforzamento dell’assistenza domiciliare. In tale contesto, uno dei punti sottolineati più frequentemente riguarda la necessità di riorganizzare e potenziare il numero di posti letto di cure intermedie per gestire in modo appropriato la fase post acuzie, successiva alle dimissioni ospedaliere.

Con riferimento alle dimissioni, è ritenuta di fondamentale importanza l’integrazione sociosanitaria ospedale-territorio per la gestione dei pazienti in condizioni di maggiore fragilità mediante lo sviluppo delle centrali operative territoriali previste dal richiamato decreto ministeriale n. 77 del 2022.

È stata altresì sottolineata l’importanza di valorizzare la figura dell’infermiere di famiglia e di comunità. Un altro pilastro della riforma della medicina territoriale è considerata l’attivazione, in maniera uniforme e omogenea su tutto il territorio nazionale, del Numero europeo armonizzato 116117, che ha il compito di fornire ascolto e di dare una risposta ai bisogni di salute per eventi non emergenziali che oggi ricadono interamente sul sistema di emergenza, spesso attraverso le sale operative del 112 e del 118, che risultano stabilmente sovraccaricate, a discapito della rapida e corretta gestione degli eventi di reale emergenza.

Si tratta, quindi, di assicurare lo sviluppo di un servizio volto ad orientare meglio la domanda di quei pazienti che necessitano di una risposta di tipo più ambulatoriale e territoriale. Un’ulteriore risposta in termini di rafforzamento dell’assistenza sanitaria e, parallelamente, di decongestionamento dei pronto soccorso, è rappresentata dagli investimenti nella telemedicina, in particolare dalla realizzazione di sistemi di telemonitoraggio sanitario dei pazienti con patologia cronica.

2) Maggiore disponibilità di posti letto.

Dalla riorganizzazione della medicina del territorio, dallo sviluppo delle strutture intermedie per le cure a bassa intensità, dalla maggiore integrazione ospedale-territorio, dovrebbe derivare una maggiore disponibilità di posti letto ospedalieri e il turnover di questi ultimi. Occorre, infatti, decongestionare il pronto soccorso sia in entrata che in uscita, attraverso l’allocazione appropriata delle basse priorità, da un lato, e assicurando le cure a elevata intensità ai pazienti che ne necessitano, dall’altro. L’approccio corretto al problema, dunque, passa sia attraverso l’erogazione di risorse che mediante la rimodulazione dei modelli organizzativi.

3) Riduzione delle liste di attesa.

Come è stato osservato da parte di più soggetti intervenuti in audizione, il problema delle liste d’attesa rappresenta una delle cause principali del sovraffollamento dei pronto soccorso.

Occorre, dunque, individuare una soluzione volta ad affrontare il problema in modo organico. In tal senso, oltre alle disposizioni recate dalla legge di bilancio per il 2024, che prevedono l’incremento delle tariffe orarie per tutte le prestazioni aggiuntive espletate dal personale medico e del comparto sanità, dal 2024 al 2026 (articolo 1, commi 218-221, della legge n. 213 del 2023) nonché la previsione per cui le regioni possono utilizzare una quota non superiore allo 0,4 per cento del livello di finanziamento indistinto del fabbisogno sanitario nazionale standard cui concorre lo Stato per l’anno 2024 per il recupero delle liste di attesa (comma 232 della medesima legge), presso il Ministero della salute è stato istituito il Tavolo tecnico per l’elaborazione e l’operatività del Piano nazionale di Governo delle liste d’attesa 2024-26, con l’obiettivo principale di innovare radicalmente gli strumenti di monitoraggio dei tempi di attesa al fine di renderli sempre più tempestivi e precisi, e prontamente disponibili per la programmazione.

Nell’ottica di un intervento innovativo, si dovrebbe puntare soprattutto su un’effettiva unificazione delle agende delle prenotazioni effettuate presso il soggetto pubblico e il privato accreditato. Altra esigenza è quella di realizzare un reale monitoraggio dei tempi delle singole aziende ospedaliere, in modo da erogare alle regioni finanziamenti mirati, non «a pioggia». Un altro capitolo connesso riguarda il controllo sulle prescrizioni, che deve essere volto a contenere quelle concernenti prestazioni non realmente necessarie, che contribuiscono ad allungare le liste d’attesa.

4) Riorganizzazione del sistema dell’emergenza-urgenza.

Come è emerso dall’indagine svolta, oltre che attraverso gli investimenti in sanità, occorre agire anche sul piano dei modelli organizzativi, in modo da rendere più efficiente il sistema dell’emergenza. Da più parti è stata sollevata, inoltre, l’esigenza di procedere alla revisione del decreto ministeriale n. 70 del 2015, in modo da realizzare compiutamente l’integrazione della rete dell’emergenza-urgenza nella rete ospedaliera.

Tra le misure non procrastinabili, è stata individuata l’implementazione di percorsi alternativi per la presa in carico e la cura di situazioni classificabili come «urgenze minori», quali i percorsi a gestione infermieristica «see and treat» e i percorsi di presa in carico precoce «fast track», attivabili per codici a bassa e media complessità assistenziale. Di primaria importanza appare anche l’applicazione uniforme su tutto il territorio nazionale del Numero unico per le emergenze 112, nel quale viene convogliato, tra gli altri, il numero 118. I casi in cui il paziente raggiunto da un’ambulanza viene trattato sul posto, senza necessità di effettuare il trasporto verso il pronto soccorso, sono da attribuire probabilmente a richieste improprie da parte dell’utente, ad una valutazione preventiva non sempre corretta e, comunque, riguardano pazienti che non avrebbero dovuto essere gestiti dal sistema di emergenza sanitaria 118 ma da un diverso livello di assistenza sanitaria territoriale.

L’intervento sanitario in emergenza con mezzo di soccorso dovrebbe essere riservato, parimenti a quanto detto per l’accesso in pronto soccorso, ad eventi realmente emergenziali. Il corretto triage e la conseguente corretta assegnazione delle missioni di soccorso consente di riservare ed assicurare tempestivamente le risorse ai casi di reale emergenza e di consentire un dimensionamento delle risorse ordinato e sostenibile.

Dall’indagine è emersa una certa disomogeneità tra una regione e l’altra con riferimento al funzionamento del sistema.

All’interno del pronto soccorso, particolare attenzione va assicurata al triage, che rappresenta lo snodo decisionale rispetto all’avvio dei pazienti verso il corretto percorso, alla distribuzione interna delle risorse (umane, strumentali, diagnostiche) e alla definizione delle interfacce in uscita (osservazione breve intensiva, ricovero ordinario, percorsi di presa in carico ambulatoriale, rete dei servizi territoriali).

Al fine di provvedere alla copertura dei turni, stante la carenza di personale, è stata altresì avanzata la proposta di prevedere meccanismi di rotazione programmata di dirigenti aventi la specializzazione equipollente alla medicina di emergenza-urgenza, da preporre esclusivamente alla gestione dei codici 3-4-5, riservando ai medici specialisti in medicina d’emergenza-urgenza del pronto soccorso la gestione dei codici 1-2.

5) Potenziamento del personale.

Numerosi sono stati, nel corso dell’indagine, gli appelli alla necessità di predisporre misure volte a fare fronte alla carenza di medici ed infermieri. Non c’è soluzione indicata che non passi dal superamento dei tetti di spesa per consentire il reclutamento di nuovo personale sanitario. Per quanto concerne specificamente la medicina di emergenza-urgenza, il problema sembra essere legato anche alla scarsa attrattività del settore, per le ragioni che sono state più volte evidenziate. Uno degli strumenti ritenuti idonei ad attrarre il personale sanitario verso questo settore è la previsione di incentivi, non solo economici.

Al riguardo, pur essendo stato espresso un generale apprezzamento per le misure recentemente introdotte dal decreto-legge n. 34 del 2023 (cosiddetto «decreto bollette»), richiamate nel programma dell’indagine, da parte di diversi soggetti partecipanti alle audizioni è stata tuttavia sollevata l’esigenza di rendere permanente l’incremento della tariffa oraria per le prestazioni aggiuntive, ivi previsto, oltre che di aumentarne ulteriormente l’importo.

Si è proposto anche di riconoscere al personale che svolge la propria attività in questo settore le indennità e i benefici previsti per i lavori usuranti. Ad ogni modo, si ritiene che dovrebbe essere assicurata un’adeguata tutela assicurativa e previdenziale. Dalla quasi totalità dei soggetti auditi – con un’unica eccezione – è emersa l’esigenza di abolire il fenomeno del ricorso alle cooperative per sopperire alla carenza di personale, ritenendosi che nel Servizio sanitario nazionale il rapporto tra datore di lavoro e professionista della salute debba essere individuale. La presenza dei cosiddetti «medici a gettone», inoltre, non contribuisce a mantenere un clima lavorativo sereno, stante soprattutto la differenza di trattamento economico tra costoro e i professionisti dipendenti dal Servizio sanitario nazionale.

È stata altresì rappresentata l’esigenza di normare la figura infermieristica in emergenza-urgenza nonché quella di istituire i profili di competenze per il personale che opera nei setting di emergenza-urgenza.

6) Tutela del personale sanitario.

È stata sollevata da più parti, da un lato, l’esigenza di tutelare il personale sanitario che opera nell’ambito della medicina dell’emergenza-urgenza contro le aggressioni fisiche e verbali, che colpiscono in modo particolare questa categoria di professionisti della sanità. La tutela passa dalla messa in sicurezza degli ambiti lavorativi, ad esempio attraverso la presenza di personale di polizia, ma soprattutto dalla formazione del personale sanitario sulle adeguate modalità di comunicazione con i pazienti e i loro parenti, nonché dal rafforzamento delle pene per chi aggredisce il personale o danneggia luoghi e attrezzature.

Dall’altro lato, a fronte di un eccessivo contenzioso medico-legale, che costituisce un deterrente per lo svolgimento delle professioni sanitarie, soprattutto nell’ambito dell’emergenza-urgenza, è stata rappresentata più volte l’esigenza di depenalizzare l’atto medico.

7) Promozione della diffusione di corrette informazioni presso la popolazione.

Un aspetto del problema è considerato la mancanza di una cultura sanitaria, per cui accade che i cittadini non riescano a valutare i propri bisogni, soprattutto per quanto riguarda l’accesso al sistema dell’emergenza, non riuscendo a distinguere un bisogno di assistenza sanitaria urgente da un sintomo che può essere affrontato in sede di medicina generale. A tal fine, occorrerebbero investimenti in tecnologia, affinché gli strumenti tecnologici possano essere considerati come la prima porta d’accesso al sistema sanitario. Lo scopo è quello di orientare la domanda di salute, di aumentare la consapevolezza dei cittadini, fornendo strumenti idonei e, al contempo, evitando di creare troppi canali, per scongiurare eventuali effetti distorsivi.

È necessario che i cittadini siano responsabilizzati nelle loro richieste e che comprendano le difficoltà connesse al percorso assistenziale, facendosi carico anch’essi della funzionalità e della sostenibilità del Servizio sanitario nazionale.

Questo potrà avvenire solo se il cittadino riuscirà ad ottenere accesso ai livelli assistenziali necessari in relazione ai suoi bisogni e alle sue aspettative di salute. In conclusione, il tema dell’emergenza-urgenza non può essere separato da quello della riforma complessiva del sistema. Sembra assodato che, volendo continuare a garantirne la sostenibilità, si debba intervenire non su un solo fattore ma su più aspetti interconnessi, alcuni interni, altri esterni al sistema dell’emergenza-urgenza.

Se, da un lato, occorrono maggiori investimenti, dall’altro sembra necessario agire sul piano dei modelli organizzativi. Le azioni devono essere finalizzate, da un lato, a orientare meglio la domanda di salute, in modo da ridurre gli accessi impropri al pronto soccorso, dall’altro, a rendere più snelle e veloci le fasi all’interno del sistema di emergenza-urgenza, al fine di garantire al paziente un percorso di cura e di ricovero efficace e tempestivo.

L’indagine si è svolta nel corso di 15 sedute della Commissione; hanno avuto luogo le audizioni dei seguenti soggetti (48 complessivamente):

  • Società italiana di medicina d’emergenza-urgenza (SIMEU), Società italiana anestesia analgesia rianimazione e terapia intensiva (SIAARTI), Cittadinanzattiva, Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani emergenza area critica (AAROI-EMAC) (seduta del 17 ottobre 2023);
  • Associazione medici e dirigenti del Servizio sanitario nazionale (ANAAO-ASSOMED), Federazione sindacale medici dirigenti (CIMO-FESMED), Sindacato medici italiani (SMI) (seduta del 24 ottobre 2023);
  • Società italiana degli infermieri di emergenza territoriale (SIIET), Società italiana di medicina di emergenza ed urgenza pediatrica (SIMEUP), Domenico Mantoan, direttore generale dell’Agenzia nazionale per i servizi regionali (AGENAS) (seduta del 31 ottobre 2023);
  • Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (FIASO), Federsanità-Confederazione Federsanità Anci regionali, Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (FNOMCeO), Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche (FNOPI), Federazione nazionale degli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione (FNO TSRM e PSTRP) (seduta del 7 novembre 2023);
  • Conferenza delle regioni, Federazione italiana medici di medicina generale (FIMMG), Società italiana di psichiatria (SIP) (seduta del 14 novembre 2023);
  • Centro di ricerche sulla gestione dell’assistenza sanitaria e sociale (CeRGAS), Centro per la ricerca economica applicata in sanità (CREA Sanità) (seduta del 5 dicembre 2023);
  • Francesco Franceschi, direttore UOC Medicina dell’urgenza e pronto soccorso, Policlinico universitario Agostino Gemelli di Roma; Roberto Pieralli, medico di emergenza sanitaria territoriale 118 e presidente regionale SNAMI Emilia-Romagna; Maria Pia Ruggieri, direttore UOC Pronto soccorso, OBI e breve osservazione, Azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata di Roma; Alberto Zoli, direttore generale dell’Agenzia regionale emergenza urgenza (AREU) della Lombardia (seduta antimeridiana del 13 dicembre 2023);
  • Academy of emergency medicine and care (AcEMC); Coordinamento specializzandi in medicina d’emergenza-urgenza (CoSMEU); Federazione nazionale degli Ordini della professione di ostetrica (FNOPO) (seduta pomeridiana del 13 dicembre 2023);
  • Livio De Angelis, direttore della Direzione regionale soccorso pubblico e 112 N.U.E. della regione Lazio; Francesca Cortellaro, direttore della struttura complessa Integrazione percorsi di cura ospedale-territorio dell’Agenzia regionale emergenza-urgenza della regione Lombardia; Francesco Venneri, referente regione Toscana per la gestione del rischio clinico; Alessandro Caminiti, presidente della Federazione italiana medicina emergenza-urgenza e catastrofi (FIMEUC) (seduta del 10 gennaio 2024);
  • Francesco Lisanti, direttore del Pronto soccorso dell’Azienda ospedaliera San Carlo di Potenza; Alberto Arrighini, direttore del Pronto soccorso pediatrico dell’ASST Spedali civili di Brescia; Gianpietro Briola, responsabile del Pronto soccorso dell’Ospedale di Manerbio – ASST del Garda. (seduta del 18 gennaio 2024);
  • Isabel Fernandez, presidente dell’Associazione EMDR Italia; Ugo Luigi Aparo, referente sanitario gruppo Medical Line Consulting (MLC); Rosario Maria Gianluca Valastro, presidente della Croce Rossa Italiana; Niccolò Mancini, presidente nazionale dell’Associazione nazionale pubbliche assistenze (ANPAS); Iacopo Fiorentini, presidente dell’ANPAS Emilia-Romagna (seduta del 25 gennaio 2024);
  • Gianluca Staderini, direttore generale della Confederazione nazionale delle Misericordie d’Italia; Piero Paolini, direttore della Centrale remota operazioni soccorso sanitario (CROSS) di Pistoia-Empoli; Giovanni Buonocore, direttore del Pronto soccorso di Merate; Mario Balzanelli, presidente della Società italiana sistema 118; rappresentanti delle organizzazioni sindacali CGIL, CISL, UIL (seduta del 30 gennaio 2024);
  • rappresentante dell’organizzazione sindacale UGL (seduta del 7 febbraio 2024);
  • Ministro della salute, professor Orazio Schillaci (sedute del 20 febbraio e del 27 marzo 2024).

Redazione Nurse Times

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