Medici

Il gettonista dell’ospedale: quando l’anestesia diventa un “gioco a gettoni” senza specializzazione

Un medico “gettonista” privo di specializzazione in anestesia, assunto tramite appalto esterno, solleva preoccupazioni sulla verifica delle competenze nel sistema sanitario

All’Ospedale “San Giovanni di Dio” in provincia di Latina, emerge la vicenda di un anestesista che ha destato allarme nel personale ospedaliero e ha portato le forze dell’ordine a intervenire.

La vicenda ha preso forma quando il personale ospedaliero si è reso conto che l’anestesista, precedentemente assunto tramite una cooperativa che gestisce appalti esterni, non possedeva la specializzazione anestesiologica necessaria per svolgere le proprie mansioni. Il medico, di nazionalità egiziana, è un “gettonista” inviato dall’azienda appaltatrice, che opera in ambito sanitario in varie regioni, incluso il Lazio.

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Il quotidiano la Repubblica ha riportato dettagli sulla situazione, sottolineando come il medico, di fronte alla prospettiva di eseguire anestesie nel reparto di ginecologia durante i parti, abbia manifestato perplessità sulle attività assegnategli. Questo ha portato alla scoperta che il medico non aveva la specializzazione richiesta e, secondo quanto emerso, stava ancora seguendo il percorso di specializzazione ad Amburgo, trovandosi solo al secondo anno.

Il personale dell’ospedale ha prontamente informato le autorità competenti, che sono intervenute sul posto. Le forze dell’ordine hanno identificato il medico e redatto un verbale della situazione, aprendo così un’inchiesta sulla questione.

L’incidente solleva questioni cruciali sulla verifica delle competenze del personale medico all’interno del sistema sanitario. Il fatto che un medico senza la necessaria specializzazione sia stato assunto attraverso un appalto esterno evidenzia la necessità di rafforzare i controlli e le procedure di selezione per garantire che il personale sanitario abbia le qualifiche adeguate.

La cooperativa coinvolta ha vinto appalti anche in altre ospedali, tra cui Viterbo e Roma, sollevando interrogativi più ampi sulla gestione e la supervisione di tali appalti nel contesto sanitario.

Il fenomeno dei medici a gettone

In precedenza ci eravamo occupati di questo fenomeno in diversi nostri articoli.

Ricordiamo la denuncia del presidente OMCEO di Roma, Antonio Magi che aveva denunciato l’enorme differenza retributiva tra i medici strutturati e quelli a gettone, da 45 € all’ora per i primi a 250 € per quelli a gettone (vedi articolo) .

Magi aveva proposto di pagare i medici strutturati come gettonisti per evitare appaltare a cooperative esterne (vedi articolo).

La storia di Enrica Massone, medico senza essere neanche diplomata

Emerge la storia di Enrica Massone, che è riuscita a farsi assumere da due cooperative e poi a lavorare come medico a gettone in ospedale a Bordighera (Imperia), sebbene abbia solo la licenza di scuola media. Intercettata da Striscia la notizia, ha spiegato come ha fatto, ma non pare rendersi conto della gravità di quanto accaduto.

Si è finta medico a gettone e ha guadagnato 5.400 euro per soli sei giorni di lavoro all’ospedale di Bordighera (Imperia), dove avrebbe coperto tre turni in Pronto soccorso e nel reparto di Medicina senza essere laureata e nemmeno diplomata (vedi articolo

).

L’inchiesta di Dataroom

Secondo i dati diffusi da Dataroom, approfondimento del Corriere della Sera curato da Milena Gabanelli, da metà novembre a inizio dicembre 2022 i carabinieri del Nas, insieme al ministero della Salute, hanno svolto verifiche a campione su 1.525 medici a gettone (neo-laureati, pensionati, liberi professionisti che abbandonano il Servizio sanitario nazionale) selezionati dalle cooperative per prestare servizio come dipendenti, ma senza contratto a tempo indeterminato, nelle strutture pubbliche, dove lavorano almeno 12 ore al giorno, anche di notte e nei festivi.

Sono stati trovati medici arruolati come ostetrici senza nessuna formazione per fare i parti cesarei, altri in pronto soccorso senza avere competenze in medicina d’urgenza, oppure già dipendenti di altri ospedali che facevano di nascosto i doppi turni per la cooperativa.

Altri ancora sopra i 70 anni e dunque fuori per legge dal Servizio sanitario. Nello specifico: due medici generici erano impiegati come ginecologi; quattro medici non specializzati erano stati mandati in Medicina d’urgenza; due avevano più di 70 anni; uno era dipendente in altri ospedali, ma lavorava anche con le cooperative.

Dataroom riferisce che, solo nel 2022, i turni appaltati in LombardiaVenetoPiemonte ed Emilia Romagna hanno superato i 100mila. In Lombardia, secondo i dati forniti dalla Regione e riferiti soltanto ai pronto soccorso, i turni gestiti dalle cooperative sono stati oltre 45mila, in Veneto 42.061 e in Piemonte 14.400 (Vedi articolo del “Corriere”).

Errore del medico “gettonista” al pronto soccorso: chi paga?

Riguarda un caso di malpractice presso il Pronto Soccorso di Sanremo. Un medico di una cooperativa sociale, in particolare la Novamedica, venne coinvolto in una presunta diagnosi errata portando l’Asl a versare un risarcimento di 130.000 euro al paziente colpito (Vedi articolo).

Successivamente la Asl aveva avviata una causa civile per recuperare la somma erogata al paziente. Tuttavia, la durata della procedura e il recupero effettivo dei fondi rimangono incerti.

Il fenomeno dei medici gettonisti ha radici profonde

La carenza di medici va oltre i confini dei reparti d’emergenza, toccando criticamente ostetricia, pediatria e altre specialità. Questo fenomeno allarmante rivela i danni accumulati nel corso degli anni, risultato di politiche sbagliate e scelte che hanno minato la solidità del sistema sanitario.

Il blocco del turnover, imposto in passato, ha lasciato un vuoto significativo di professionisti pronti a garantire i turni d’emergenza nei Pronto Soccorso. Una decisione che ha avuto conseguenze devastanti, aggravate dai continui tagli al settore sanitario, creando un effetto domino su altri reparti ospedalieri.

Uno sguardo più ampio rivela che la mancanza di medici non si limita più alle specialità precedentemente menzionate; sta infatti estendendosi a tutto il panorama medico. Questa crescente assenza di professionisti mette a repentaglio la qualità complessiva delle cure mediche offerte ai pazienti.

La radice del problema affonda nelle decisioni di pianificazione errate riguardanti il numero di medici, ma anche infermieri da formare. Una programmazione inadeguata ha contribuito a creare un deficit di personale sanitario, mettendo in pericolo la capacità del sistema sanitario di fronteggiare le emergenze e di fornire un livello accettabile di assistenza in tutte le specialità.

Giuseppe Papagni

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