BPCO, un mix di tre farmaci per combattere i sintomi

Gli studi dimostrano che la nuova terapia può ridurre del 15% la percentuale di riacutizzazioni medie e gravi nei pazienti affetti dalla malattia.

La BPCO (broncopneumopatia cronico ostruttiva) è una malattia infiammatoria polmonare a carattere cronico che, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, nel 2030 sarà la terza causa di morte nel mondo. Attualmente il trattamento d’elezione di questa patologia è rappresentato da due broncodilatatori (sigla Laba/Lama).

Un recente studio clinico, pubblicato su The Lanced, propone l’aggiunta di un farmaco cortisonico inalatorio a questo schema terapeutico evidenziando un aumento d’efficacia rispetto alla formulazione attualmente in uso. Questa nuova formulazione, detta “tripletta” (tripla associazione Ics/Laba/Lama) e già approvata per l’uso dall’Unione Europea, ha diminuito del 15% le riacutizzazioni della BPCO, permettendo così il raggiungimento dell’obiettivo principale dello studio, ovvero ridurre l’insorgenza delle complicanze della malattia.

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Lo studio clinico è stato svolto coinvolgendo 1.532 pazienti in 187 punti all’interno di 17 Paesi diversi, per un periodo di 52 settimane. I partecipanti sono stati divisi casualmente in due gruppi: al primo è stata somministrata la formulazione a tripletta, al secondo la formulazione tradizionale. Secondo i risultati emersi, la nuova terapia, formata da tre farmaci inalatori, ha ridotto del 15% la percentuale di riacutizzazioni medie e gravi nei pazienti affetti di BPCO, centrando così l’obiettivo principale dello studio.

In fatto di sicurezza della somministrazione, la formulazione soggetta a studio si è dimostrata sovrapponibile a quella tradizionale (una sola reazione grave in entrambi i gruppi di partecipanti), evidenziando il fatto che la formulazione a tre farmaci è sicura come quella a due. La nuova terapia a “tripletta” è composta da un corticosteroide e due broncodilatatori, tutti e tre inalati in un’unica formulazione.

Essendo già stata approvata dall’Ue, può essere introdotta nei singoli Paesi appartenenti all’Unione, come terapia di mantenimento. È quindi utilizzata per gestire e ridurre l’incidenza delle complicanze derivanti dalla BPCO, come dispnea e tosse. L’indicazione a tale terapia è consigliata nei pazienti che non riescono a gestire la malattia assumendo la sola terapia frazionale, e nei casi a severo rischio di peggioramenti.

Nicolò Roberi

 

Redazione Nurse Times

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