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Antibiotico “boomerang”: un futuro sempre più difficile

Uno studio pubblicato su The Lancet racconta gli effeti devastanti dell’eccesso di antibiotici: 1milione e 200 mila morti nel 2019 a causa di batteri imbattibili.

Nel 2050 sarà la prima causa di morte, con 10 milioni di vittime. Per questo sarà necessario ridurre l’uso smisurato di antibiotici in medicina e in veterinaria. Nella settimana mondiale dedicata all’uso consapevole degli antibiotici è stata pubblicata su The Lancet la mappa delle morti per antibiotico-resistenza, una sfida che la medicina sta affrontando con armi già note da tempo. Un’iniziativa nata per aumentare la conoscenza del fenomeno dell’antibiotico-resistenza e diffondere la consapevolezza sui rischi derivanti dall’uso eccessivo e inappropriato degli antibiotici.

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La settimana, pianificata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dall’Organizzazione mondiale della sanità animale (OIE), dall’United Nations Environment Programme (UNEP) e dalla Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO), è rivolta alla popolazione generale, ai professionisti sanitari, ai lavoratori del settore agricolo veterinario e ai governi per aumentare la consapevolezza sui rischi dell’uso eccessivo, e quindi promuoverne un uso più prudente, incoraggiando le migliori pratiche mediche basate sulle evidenze scientifiche, e limitare la diffusione delle infezioni resistenti agli antibiotici.

Quando si parla di antibiotico-resistenza ci si riferisce alla capacità acquisita di un microrganismo di resistere all’azione di un antibiotico Ciò può avere un grande impatto sulla salute degli individui, degli animali e dell’ambiente: l’uso inappropriato di antibiotici non solo determina nuove e più resistenze, ma anche un rischio per l’ambiente, in quanto i residui dei farmaci possono contaminare l’acqua, la vegetazione e il suolo.

Stafilococco Aureo, Escherichia Coli, Streptococco Pneumoniae, Klebsiella Pneumoniae e Pseudomonas Aeurigonosa: sono i cinque patogeni killer responsabili di oltre la metà dei 7 milioni e 700mila morti per infezioni resistenti agli antibiotici nel 2019. È questo che si evince dal primo studio globale su 343 milioni di casi in 104 Paesi su 33 tipologie di batteri legati alle 11 principali sindromi infettive in tutte le fasce d’età secondo lo studio pubblicato su The Lancet.

Infezioni incurabili, che nel loro insieme sono causa di un decesso su otto nel mondo. In Italia la situazione è critica, non solo per l’alto consumo di antibiotici, che continua a crescere e resta superiore alla media europea, ma per l’elevato numero di decessi da resistenza dei microrganismi ai farmaci: ben 11mila persone l’anno muoiono di sepsi, un’infezione generalizzata che può interessare più organi e che nessun antibiotico riesce ad estinguere.

Molto peggio nell’Africa sub-sahariana, in alcuni Stati del Nord America e dell’Europa orientale. Infezioni respiratorie e setticemie sono il numero più alto anche a causa della scarsità di nuovi farmaci in campo infettivologico, ma aumentano meningiti, miocarditi, infezioni addominali e peritoneali, delle articolazioni, urologiche, pielonefriti, gastroenteriti e infezioni sessualmente trasmissibili che non rispondono agli antibiotici.

In che modo, allora, possiamo fare la differenza e creare una maggiore consapevolezza all’uso smisurato di antibiotici? Vi sono poche regole indicate dagli esperti internazionali: evitare di utilizzare farmaci in maniera autonoma e quindi assumerli solo se prescritti dal medico seguendo le modalità, le dosi, gli orari e la durata, senza eccedere o ridurre in maniera irresponsabile, o addirittura interromperne la cura prima del tempo prescritto. Questi comportamenti, infatti, ridurrebbero l’efficacia terapeutica e aumenterebbero il rischio di resistenza, determinando inutilità o addirittura danno.

Con l’inizio della stagione influenzale è bene non fare uso in maniera di antibiotici per curare mal di gola o sindromi influenzali. Gli agenti responsabili sono in particolare i virus verso i quali gli antibiotici non hanno alcun effetto. Restano invariate le raccomandazioni per prevenire la diffusione di goccioline respiratorie (dette anche droplets), utilizzando un fazzoletto usa e getta e coprendo naso e bocca con l’incavo del gomito per non diffonderle su superfici o a soggetti vicini.

Da non dimenticare la buona norma dell’igiene delle mani: un ricettacolo di germi all’apparenza inerme, ma che può creare danni per la presenza di microrganismi responsabili di infezioni e malattie. Spezzando la catena dell’infezione a partire da un veicolo comune come le mani, è possibile prevenire la diffusione di microrganismi.

Correre ai ripari entro il 2050, secondo lo studio, vuol dire ridurre l’uso indiscriminato di antibiotici in medicina e in veterinaria, adottando globalmente una politica di salute unica fra uomo, ambiente e animali per interrompere il circolo di assunzione di antibiotici per via alimentare. Secondo il direttore dell’Institute for Health Metrics and Evaluation dell’Università di Washington, fra gli autori dello studio, gli Stati Uniti investono 40 volte di più sull’HIV che sulla ricerca di nuovi antibiotici.

E occorre poi maggiore attenzione negli ospedali, nei reparti di pediatria, rianimazione, di chirurgia, di degenza e nelle RSA per anziani, ovvero dove vi sono soggetti più vulnerabili per limitare la circolazione di batteri, potenziare sistemi di diagnosi rapida e promuovere le vaccinazioni fra pazienti e personale sanitario.

Anna Arnone

Redazione Nurse Times

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