“Non è tutto oro quello che luccica”. Parola di Alessandra Gambarini, uno dei tanti frontalieri che hanno voluto raccontare a ComoZero cosa significa varcare ogni giorno il confine per uno stipendio dignitoso in Svizzera. Dignitoso ma fluttuante, a suo dire. Di seguito alcuni stralci del suo intervento sulla testata comasca.
“Per principio non è corretto togliere dagli stipendi guadagnati onestamente (riferimento alla possibile nuova tassa sulla salute, ndr). Ognuno ha fatto delle scelte (casa, figli, eccetera) in base al proprio stipendio e ha scelto di fare determinati sacrifici per avere una vita dignitosa. E se non ci fosse la Svizzera a darci lavoro, le nostre zone avrebbero alternative da offrirci?”.
“Anziché pensare di recuperare con i nostri soldi le mancanze di una mala gestione dell’Italia, sarebbe opportuno migliorare le condizioni di vita e di lavoro in Italia. Altrimenti i lavoratori continueranno a scappare, e non solo in Svizzera…”
“Chi ci vuole tassare non ha nemmeno preso in considerazione le fluttuazioni del cambio (nessuno ricorda il cambio di pochi anni fa a 0,60 o poco più… 1000chf/600€?), i tagli di stipendi oltreconfine, eccetera. Solo doveri e niente diritti, o quasi. Sì, certo, usufruisco della sanità italiana (CHE PAGO!), ma poi? Non mi torna nulla”.
“Lavoro in Svizzera da 25 anni e per 17 anni ho percepito poco più di uno stipendio italiano. Ora lavoro nella sanità con orari spezzati: esco alle 6 e torno alle 21 (il tempo per cenare e andare a dormire poche ore); lavoro festivi e notturni; 100 km al giorno e nel traffico; vita sociale e familiare praticamente assente. E tutto questo per SOPRAVVIVERE! Vivo da sola e gli affitti nelle zone di confine arrivano anche a 900 € per nemmeno 40 mq di casa, e senza parcheggio, in paesi dormitorio”.
“Conosco tante persone che, facendo i conti, hanno deciso di non accettare un lavoro in Svizzera, preferendo una qualità di vita migliore. Non è tutto oro quello che luccica”.
Redazione Nurse Times
Fonte: ComoZero
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