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Ricerca italiana porta nuove speranze per il trattamento dell’autismo: scoperta chiave nel gene GTF2I

Un recente studio condotto da scienziati dell’Università Statale di Milano, dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) e dello Human Technopole (HT) ha aperto nuove prospettive per il trattamento dell’autismo. Il team, coordinato dal professore Giuseppe Testa, ha focalizzato la propria ricerca sulla sindrome 7Dup, una rara condizione genetica del neurosviluppo inclusa nei disturbi dello spettro autistico.

Utilizzando cellule pluripotenti riprogrammate da pazienti affetti da disturbi del neurosviluppo legati all’alterazione della regione 7q11.23 del cromosoma 7, gli scienziati hanno generato organoidi cerebrali in vitro. Questi organoidi, modelli cellulari complessi, hanno riprodotto con precisione molecolare lo sviluppo del cervello umano.

I ricercatori, tra cui Alejandro Lopez-Tobon, Reinald Shyti, Carlo Emanuele Villa e Cristina Cheroni, hanno identificato il gene GTF2I come il principale responsabile delle alterazioni nello sviluppo neuronale. Questo gene, che codifica per una proteina con funzione regolatoria su molti altri geni, è stato inibito in modelli preclinici, dimostrando una regressione significativa delle manifestazioni principali dell’autismo.

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Giuseppe Testa ha dichiarato: “Trattandosi, per lo spettro autistico, di manifestazioni comportamentali che possono essere causate da alterazioni in varie centinaia di geni, la sfida sarà capire se questa opportunità che si inizia ad aprire per la forma 7Dup possa essere auspicabilmente percorribile anche in un sottogruppo più ampio di condizioni autistiche”.

L’approccio innovativo del team ha coinvolto l’utilizzo di tecnologie ad altissima risoluzione e approcci di analisi dei dati avanzati. I test comportamentali su modelli murini hanno confermato che l’inibizione del gene GTF2I attraverso un farmaco ha portato alla regressione dei sintomi autistici.

“Questo studio rappresenta il primo esempio di uno studio che, andando dal meccanismo molecolare ad alta risoluzione in organoidi cerebrali umani fino al modello animale, riesce a stabilire, a livello pre-clinico, la potenziale percorribilità di un trattamento farmacologico dei sintomi principali dell’autismo”, affermano Lopez-Tobon e Shyti.

In Italia, dove i disturbi neuropsichiatrici dell’età evolutiva colpiscono quasi 2 milioni di bambini e ragazzi, questo progresso potrebbe aprire la strada a nuove terapie farmacologiche per i sintomi dell’autismo, affrontando una lacuna significativa nella comprensione e nel trattamento di tali disturbi.

Redazione Nurse Times

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