Categorie: Normative

Recesso durante il periodo di prova nel pubblico impiego

 

In tema di lavoro in prova, il principio secondo il quale il recesso del datore di lavoro per esito negativo della prova ha natura discrezionale e dispensa dall’onere di provarne la giustificazione (differenziandosi, pertanto, dal recesso assoggettato alla disciplina limitativa dei licenziamenti) si applica anche al recesso della P.A. nel rapporto di lavoro privatizzato, cui non si estende l’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi previsto dall’art. 3 della legge 241/1990, trattandosi di atto gestionale del rapporto di lavoro adottato con le capacità e i poteri del privato datore di lavoro.

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In tema di obbligo di motivare il recesso in periodo di prova con riferimento al lavoro pubblico, è verificabile in giudizio la congruità delle ragioni rispetto, da un lato, alla finalità per legge della prova e, dall’altro, all’effettivo andamento della prova stessa, senza che resti escluso il potere di valutazione discrezionale dell’Amministrazione datrice di lavoro, non potendo omologarsi la giustificazione del recesso per mancato superamento della prova alla giustificazione del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo, e dovendosi escludere che l’obbligo di motivazione possa spostare l’onere delle prova sul datore di lavoro.

Aggiunge la stessa Cassazione che il recesso del datore di lavoro pubblico nel corso del periodo di prova ha natura discrezionale e dispensa dall’onere di provarne la giustificazione, il che lo differenzia dal recesso assoggettato al regime della legge 604/1996, fermo restando che l’esercizio del potere di recesso deve essere coerente con la causa del patto di prova, che consiste nel consentire alle parti del rapporto di lavoro di verificarne la reciproca convenienza.

Ne consegue che non sarebbero configurabili un esito negativo della prova ed un valido recesso qualora le modalità dell’esperimento non risultassero adeguate ad accertare la capacità lavorativa del prestatore in prova ovvero risultasse il perseguimento di finalità discriminatorie o altrimenti illecite, incombendo, comunque, sul lavoratore, l’onere di dimostrare la contraddizione tra recesso e funzione dell’esperimento medesimo.

Redazione Nurse Times

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