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Premio Jerry Masslo, premiata l’infermiera Alice D’Abramo: l’intervista

Lo scorso 31 maggio si è tenuta la consegna del Premio Jerry Masslo (VI edizione), promosso dalla Flai-Cgil, dedicato al bracciante sudafricano ucciso nel 1989 nelle campagne di Villa Literno e rivolto a scuole, scrittori, videomaker, blogger e studenti universitari. Alice D’Abramo, 29 anni, infermiera dell’Asl Roma 1, è stata premiata per la miglior tesi dal titolo “I bisogni di salute di una popolazione migrante: uno studio qualitativo”.

La giuria era costituita da: Matteo Bellegoni, della Fondazione Placido Rizzotto; Irene Canfora, professoressa ordinaria di Diritto Agrario presso l’Università di Bari; Giovanni Cerchia, professore ordinario di Storia Contemporanea presso l’Università del Molise; Rosario Duonno, direttore del ‘’Marano Ragazzi Spot Festival’’;  Pasqualina Ingannato, maestra di scuola elementare; Raffaele Sardo, scrittore e giornalista.

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Dottoressa D’Abramo, ci racconti di lei.

“Sono appassionata di nursing transculturale e da quattro anni lavoro in ambito clinico presso l’Asl Roma 1, occupandomi della gestione infermieristica dei pazienti di area pneumologica e di medicina interna, sebbene la mia prima competenza lavorativa abbia riguardato la gestione delle disabilità croniche nel contesto territoriale.

Dopo aver conseguito la laurea triennale in Infermieristica all’Università di Bari, nel 2023 ho conseguito la laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche all’Università di Tor Vergata. Durante questi due anni ho svolto dei periodi di stage nell’ambito della ricerca, approfondendo i diversi ambiti e le diverse metodologie.

Attualmente frequento il master di I livello per le funzioni di coordinamento all’Università Campus Bio-Medico di Roma, dove sto lavorando ad un progetto inerente alla riorganizzazione di un’unità di degenza medica. Inoltre sono iscritta ad un corso di perfezionamento di Revisioni sistematiche e metanalisi, organizzato dall’Università di Verona in collaborazione con Cochrane Italia.

Contestualmente alla mia attività clinica, dal 2023 ricopro il ruolo di Revisore Scientifico presso la Biblioteca medica virtuale del Sistema Sanitario della Regione Lazio, gestita dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale. Mi dedico alla ricerca, sia in ambito pneumologico che infermieristico”.

Cosa pensa del ruolo della ricerca infermieristica oggi?

“L’excursus storico della professione infermieristica rivela una trasformazione significativa della professione, che oggi vede nella sua natura non solo principi di carattere tecnico, ma anche scientifici e intellettuali. L’interazione tra teoria, pratica e ricerca ha un ruolo centrale come guida per lo sviluppo della professione.

L’articolo 9 del nostro Codice deontologico è interamente dedicato alla ricerca scientifica e alla sperimentazione e sollecita l’infermiere nella partecipazione a percorsi di ricerca in ambito clinico assistenziale, seppur salvaguardando la riflessione critica. A ciò si accompagna tutto un assetto legislativo (vedi la Legge Gelli “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”), che aggiunge una novità al diritto (costituzionale) alla salute: la sicurezza delle cure, che sposta l’attenzione sull’obbligo per il professionista, e più in generale per le aziende sanitarie, di dotarsi di strumenti innovativi, basati sull’evidence based medicine, per favorire la promozione del governo clinico e una corretta gestione del rischio clinico.

La ricerca è in qualche modo la matrice dei sistemi sanitari e non deve essere concepita solo nell’accezione più tradizionale, come metodo per la sperimentazione clinica, ma è fondamentale riconoscerne il valore anche in ambito organizzativo”.

Quali sono i suoi progetti futuri?

“Mi piacerebbe trovare una posizione lavorativa (ufficialmente riconosciuta e valorizzata) che veda l’infermiere lavorare in prima linea in ambito scientifico e nella ricerca, ma non a comparti stagni, come spesso accade. La contiguità fra pratica e ricerca non solo è stimolante dal punto di vista professionale, ma permette di toccare con mano necessità cliniche e/o organizzative tangibili. Spesso si parla del trasferimento dei risultati dalla ricerca alla pratica clinica, ma non si pone la giusta attenzione al processo inverso, ovvero quanto la pratica clinica rappresenti un momento di riflessione e sia determinante per le ricerche future”.

La sua tesi di laurea magistrale all’Università Tor Vergata è incentrata sul tema dell’immigrazione, che crea dibattiti controversi ai nostri giorni. La sua analisi, tuttavia, appare dirimente e, per questo, è stata scelta tra le migliori.

“Il fenomeno delle migrazioni è antico quanto l’uomo e la varietà del contesto culturale del nostro Paese ha investito, fra i vari settori, quello sanitario: i bisogni di salute sono dei fenomeni universali, ma la specificità, il modo in cui essi vengono espressi o manifestati, variano a seconda dei singoli contesti socio-economici e culturali. Le condizioni di deprivazione in cui spesso versano i migranti, comprese le difficoltà fisiche e psicologiche legate al percorso migratorio, hanno dei risvolti immediati in termini di bisogni di salute.

Pertanto la mia tesi di laurea magistrale, con un approccio di tipo qualitativo che sfrutta un’analisi fenomenologica interpretativa, ha indagato i bisogni di salute specifici di una popolazione migrante residente a Camini, nella zona della Locride. Ho attenzionato la questione, più che mai attuale, dell’integrazione della popolazione migrante nel contesto italiano, argomento che spazia dall’ambito di sanità pubblica a quello del nursing transculturale, per cui nutro un particolare interesse.

In quest’ottica è prioritario formare una nuova generazione di professionisti della salute che, attraverso specifiche abilità e strumenti, possano progettare ed erogare un’assistenza coerente con un’utenza portatrice di tradizioni, sistemi culturali e biografie distinte”.

Anna Arnone

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