Sono un’infermiera e lavoro al Pronto soccorso dell’ospedale Santobono. Sono qui per raccontarvi dell’ennesima aggressione accaduta ieri pomeriggio al Pronto soccorso. Una signora, se così può essere definita, giunge come secondo accesso al nostro Pronto soccorso nel giro di circa tre giorni. La prima volta viene dimessa con diagnosi di gastroenterite e va a casa con una cura da dover fare. Ieri (martedì, ndr) giunge inviata dal pediatra di famiglia che, senza visitare il bambino, al telefono prescrive una radiografia del torace perché il bambino aveva tosse.
La signora viene inviata dal pediatra di famiglia con diagnosi di polmonite e per ricovero urgente (senza nessuna carta scritta, ma tutto fatto telefonicamente). Registro il bambino, prendo i parametri vitali, che erano perfetti, valuto il bambino e somministro paracetamolo perché riscontro rialzo termico, febbre! Comunico alla signora il codice colore, in questo caso verde, le spiego che nel referto della radiografia non si parla di polmonite e che il pediatra doveva quantomeno visitare il bambino prima di inviarlo da noi, senza fare diagnosi telefoniche, e che l’attesa era di almeno due ore, salvo codici prioritari (c’erano 32 bambini in attesa).
La signora, contrariata dal codice colore, perché pretendeva l’accesso immediato, si accomoda borbottando. Subentrano altri mille parenti, che la incoraggiano e la fomentano, e qui inizia l’aggressione e iniziano le minacce. La signora si è sentita in dovere di minacciare di morte e di minacciare di aggressione fisica (“Ti aspetto qua fuori e ti uccido. Rompo il vetro e ti spacco la faccia”). Viene allertata la polizia, che giunge sul posto nel giro di dieci minuti circa. La signora viene visitata dalla dottoressa alla presenza della polizia. Si è proceduto con la denuncia d’ufficio.
Ogni giorno siamo costretti a lavorare così. A breve scapperemo tutti e non rimarrà più nessuno a lavorare e a salvare vite. Siamo stanchi, perché viene usato il pronto soccorso in maniera impropria: non è un centro commerciale, bensì un luogo in cui si deve andare se c’è urgenza o necessità imminente di cure. Esistono i pediatri di famiglia che hanno l’OBBLIGO di visitare il bambino anche se ha la febbre, e non inviarlo in maniera impropria in pronto soccorso, spaventando il genitore, che poi riversa le sue paure e le sue ansie su di noi, trasformandole in aggressioni. SIAMO STANCHI!
Redazione Nurse Times
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