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Elettromiografia ed elettroneurografia: conosciamole meglio

Si tratta di esami diversi, ma complementari. Condividiamo l’approfondimento realizzato da GVM – Care & Research.

L’esame elettromiografico è un’indagine strumentale composto da due tecniche diverse e complementari: l’elettromiografia, che consente di studiare l’attività muscolare, e l’elettroneurografia, per lo studio del sistema nervoso periferico. Salvo diversa indicazione dello specialista, nella maggior parte dei casi durante l’esame vengono utilizzate entrambe le tecniche, al fine di raggiungere una diagnosi chiara con un quadro completo del sistema nervoso periferico, dell’attività neuromuscolare e dei muscoli. Di seguito l’approfondimento curato per GVM – Care & Research dal dottor Raffaele D’Ursi, responsabile della Neurologia all’Ospedale Santa Maria di Bari.

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Elettromiografia: per quali patologie è indicata

Per quanto concerne lo studio dei muscoli, l’elettromiografia trova impiego nella diagnosi delle patologie sia di tipo infiammatorio (come le miositi) che degenerativo (ad esempio le distrofie muscolari), con sintomi che fanno capo a debolezza muscolare, dolore muscolare, crampi. Per questa indagine l’elettromiografo acquisisce i dati da analizzare tramite l’inserimento nel muscolo da esaminare di un elettrodo ad ago sterile e monouso, al fine di registrarne l’attività a riposo e dopo contrazione muscolare.

Elettroneurografia: le patologie diagnosticate

Lo studio dei nervi tramite elettroneurografia viene utilizzato per la diagnosi di patologie di tipo infiammatorio, come le polinevriti, sia idiopatiche che legate a malattie dismetaboliche come il diabete, l’insufficienza renale o successive all’utilizzo di chemioterapici. L’esame elettromiografico con elettroneurografia è poi utilizzato nella diagnosi delle neuropatie da compressione come la Sindrome del tunnel carpale, del canale cubitale, del tunnel tarsale. Le patologie dei nervi periferici spesso si manifestano con sintomi come formicolio, intorpidimento o alterazioni della sensibilità. La compressione delle radici del nervo spinale – generalmente a opera di un’ernia discale o di una patologia degenerativa delle vertebre – configura, invece, un quadro di radicolopatia caratterizzato da problematiche motorie a un arto, associate a sintomatologia algica di notevole entità.

Il test viene effettuato mediante l’applicazione sulla cute di due elettrodi, uno di stimolazione e uno di registrazione. La rilevazione della velocità e dell’ampiezza dello stimolo consente di valutare la funzionalità del nervo in esame, precedentemente individuato. Un ulteriore campo di applicazione dell’esame elettromiografico è la diagnosi della sindrome da tetania latente, detta anche spasmofilia. Questa patologia è causata dalla carenza di calcio nella cellula muscolare ed è caratterizzata da una sintomatologia molto eterogenea: spossatezza, crampi muscolari, insonnia, senso di costrizione toracica, algie addominali, stato ansioso.

Come si esegue l’esame elettromiografico

L’esame elettromiografico viene seguito preferibilmente da un medico neurologo esperto in neurofisiologia, come completamento dell’esame clinico del paziente durante una visita specialista. Il paziente, in base al distretto da indagare, viene invitato a sedersi o sdraiarsi sul lettino. La rilevazione dura all’incirca 30 minuti. Al termine dell’esame, che viene svolto in regime ambulatoriale, il paziente è perfettamente in grado di riprendere immediatamente la sua normale attività quotidiana.

Preparazione e controindicazioni

L’esame elettromiografico non prevede alcun tipo di preparazione, se non l’accortezza di evitare l’uso di creme corporee nell’imminenza dell’esame. Non necessita di digiuno preventivo né di sospensione di alcun farmaco. L’indagine non è particolarmente dolorosa, sebbene l’applicazione dell’elettrodo ad ago possa risultare fastidiosa. La percezione del disagio è sostanzialmente soggettiva, e si risolve comunque nel tempo dell’esecuzione dell’esame.

Non esistono particolari controindicazioni all’esecuzione dell’esame, se non quella assoluta dell’utilizzo dell’ago-elettrodo nei pazienti in trattamento anticoagulante e quella relativa all’utilizzo degli elettrodi con passaggio di corrente nei pazienti portatori di pacemaker o defibrillatori. In questi ultimi casi, generalmente, viene evitata la valutazione dei nervi pertinenti ai distretti sopra-diaframmatici.

Redazione Nurse Times

Fonte: GVM – Care & Research

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