Napoli, decesso in stazione: l’Infermiere che ha gestito l’emergenza era in servizio da 18 ore consecutive

Vincenzo Di Vaio, uno degli infermieri più esperti in servizio presso la centrale operativa 118 di Napoli ha trascorso 17 anni tra open space al Cardarelli e mezzi di soccorso

Vincenzo Di Vaio, uno degli infermieri più esperti in servizio presso la centrale operativa 118 di Napoli ha trascorso 17 anni tra open space al Cardarelli e mezzi di soccorso

«All’inizio, uno stanzone al pianterreno attrezzato solo con quattro o cinque telefoni utilizzati esclusivamente per individuare i posti letto disponibili negli ospedali cittadini e provvedere a trasferire gli ammalati. Poi, il servizio è stato ampliato, con sette postazioni, il carico di lavoro raddoppiato».

Prosegue Di Vaio, esponente del sindacato Nursid, «ho continuato con sacrificio e orgoglio. Mai un passo indietro, fino a oggi, che sono additato come il mostro».

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Il motivo è il decesso di un uomo di 42 anni, Marco D’Aniello, affetto da talassemia. È deceduto il 3 agosto a causa di un malore alla stazione ferroviaria di Napoli.

Diversi operatori sono finiti al centro di due indagini, una affidata a una speciale commissione della Regione Campania e l’altra conseguente alla denuncia presso la Procura della Repubblica di Napoli, presentata dagli stessi vertici della struttura sanitaria per i ritardi nei soccorsi.

Sono trascorsi 31 minuti dalla prima telefonata fatta al 118 e l’arrivo dell’ambulanza sul posto. Troppi rispetto ai 10 minuti di «tempo massimo» indicati da Giuseppe Galano, lo stesso direttore del 118

Ma allora quale è stata la ragione dei ritardi?

«E pensare che quel giorno, in realtà, non dovevo neanche essere lì…».

Cioè?

«Sono rimasto al lavoro per 18 ore consecutive. E non è stata la prima volta, ma un episodo».

Ha lavorato per diciotto ore no-stop, quel giorno?

«Dovevo andare via a fine turno, alle 20, ma un collega non s’è presentato e l’ho sostituito».

Con quale compito?

«Quella sera ero addetto alla ricezione delle telefonate».

Quindi, lei ha anche intercettato le richieste di aiuto provenienti dalla stazione ferroviaria.

«Sì, ho preso io una telefonata».

Quale?

«Non la prima, ma una in cui un passante segnalava che una persona vomitava sangue al binario 14, in piazza Garibaldi».

Un sos classificato con codice giallo, di media gravità. Perché questa valutazione?

«In origine, tutti abbiamo pensato che si trattasse di un ubriaco, probabilmente un senzatetto, che vomitava per aver ingerito vino. Di segnalazioni così ne arrivano ogni giorno e le consideriamo un codice giallo».

Per questo il problema, dunque, è stato sottovalutato?

«No. Con il passare dei minuti, abbiamo capito l’importanza di quell’intervento».

Ma il codice di priorità non è stato modificato, nonostante le telefonate per sollecitare i soccorsi. Nove, in totale. Per quale motivo?

«Non abbiamo cambiato il codice perché eravamo oberati di lavoro, ma tra noi ce lo siamo detti che era urgente. Abbiamo cercato di fare presto, quando ci siamo resi conto, e questo risulta nei dialoghi registrati».

In concreto, che significa?

«Abbiamo risposto a oltre cento telefonate: in un turno di sei ore la media è di 150 per ciascun operatore. Non solo».

Cosa?

«Smistiamo noi anche le chiamate alle altre centrali del 118 nella provincia di Napoli. Il tutto, in permanente carenza di personale in organico».

Da molti anni le gravi carenze di personale vengono segnalate al direttore del 118?

«Dieci anni fa eravamo in sei per turno, quella sera in quattro. Dovremmo essere almeno in sei».

Questo può aiutare a spiegare perché due ambulanze, risultate libere quella sera, non sono state inviate in piazza Garibaldi?

«Di certo, non per mancanza di volontà nell’aiutare quell’uomo. Eravamo in contatto anche con il Loreto Mare, in attesa che i colleghi si liberassero da un altro intervento. La loro disponibilità sembrava imminente e, da quel punto, l’ambulanza sarebbe arrivata prima sul posto perché più vicina. Le altre libere erano dall’altra parte della città, una addirittura a Scampia, e quindi avrebbero impiegato più tempo a raggiungere la stazione. Poi, sono stato proprio io a inviare gli operatori sul posto per dare una mano ai colleghi».

Però, si è perso tempo prezioso.

«Le ambulanze su cui puntavamo hanno avuto difficoltà, probabilmente, nel recuperare la lettiga al pronto soccorso».

Questo problema è stato denunciato più volte: è noto.

«Determina un effettivo rallentamento nelle operazioni di soccorso, che va affrontato a prescindere dalla tragedia».

Ma perché dire, quel giorno al telefono, che le ambulanze erano tutte occupate se ne risultavano due libere nel sistema informatico?

«Per una questione di velocità, lo abbiamo detto. Lo facciamo, in genere, per rassicurare le persone, dall’altra parte del cavo, mentre provvediamo a organizzare i soccorsi. Come una parola d’ordine per prendere tempo».

Galano ha tirato in ballo anche il medico in servizio, quel giorno, al 118.

«Il giovane medico, inquadrato attraverso una convenzione con la Croce Rossa, ha seguito con noi la situazione e la valutazione del caso».

Adesso, lui è sospeso e lei con gli altri tre infermieri di turno sottoposti a procedimento disciplinare.

«È la prima volta in tutta la mia carriera, mai un rimprovero verbale o scritto; non mi è ancora arrivata la convocazione, ma potrò solo ripetere questo: che mi sono sempre sacrificato in un lavoro pieno di responsabilità».

Vuole mandare a un messaggio alla famiglia colpita dal lutto?

«Un messaggio di cordoglio e comprensione per l’accaduto».

La sua famiglia, cosa le ha detto?

«Ho tre figli, mia moglie come me è addolorata. Da giorni sono in ferie ma non esco, resto a casa».

Chi chiede aiuto al 118?

«Tutta Napoli. Anziani con la febbre, donne con una colica addominale, ammalati oncologici, bambini che fanno gli scherzi telefonici. E poi, ci sono le grandi emergenze».

Quali ha seguito in prima linea?

«L’alluvione e il blackout a Napoli, ad esempio, e tante altre avvenute negli ultimi 17 anni. Diciassette anni della mia vita».

Anche questa volta è possibile notare come i continui tagli al personale, uniti ad una serie di incredibili coimcidenze ed un possibile errore umano più che preventivabile dopo 18 ore di lavoro consecutivo siano costate la vita ad una persona. Come arginare tutto ciò?

Simone Gussoni

Fonte: Il Mattino

Dott. Simone Gussoni

Il dott. Simone Gussoni è infermiere esperto in farmacovigilanza ed educazione sanitaria dal 2006. Autore del libro "Il Nursing Narrativo, nuovo approccio al paziente oncologico. Una testimonianza".

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