Melanoma, è italiano il più ampio studio al mondo sull’uso dell’immunoterapia

A due anni, la sopravvivenza libera da recidiva ha raggiunto il 58% e quella libera da metastasi a distanza il 70%.

È italiano il più ampio programma al mondo sull’utilizzo dell’immunoterapia in fase precoce nella pratica clinica quotidiana del trattamento del melanoma. Sono stati arruolati 611 pazienti, in stadio III e IV resecato, cioè in una fase in cui la malattia è stata completamente asportata.

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Il programma del “mondo reale” ha evidenziato, in una popolazione eterogenea e non selezionata, che l’efficacia e la tollerabilità di nivolumab, molecola immuno-oncologica, somministrata in adiuvante, cioè dopo la chirurgia, si mantengono inalterate e in linea con quanto emerso nello studio registrativo di fase 3 CheckMate -238. A due anni, la sopravvivenza libera da recidiva ha raggiunto il 58% e quella libera da metastasi a distanza il 70%.

I risultati del programma italiano di accesso allargato (Italian Nivolumab Expanded Access Program -EAP in Melanoma Adjuvant Setting: patients outcomes and safety profile), i dati dello studio SECOMBIT sulla giusta sequenza di terapie nel melanoma metastatico e quelli aggiornati di RELATIVITY-047 sulla combinazione di relatlimab, anticorpo anti LAG-3, e nivolumab in prima linea sono presentati al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), in corso fino al 21 settembre, e sono stati approfonditi in un press briefing virtuale.

“Il programma di accesso allargato è stato attivato per consentire ai pazienti di accedere all’immunoterapia con nivolumab in adiuvante prima dell’approvazione dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in questa indicazione, avvenuta a dicembre 2019 – spiega Paolo Ascierto, direttore Unità di Oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative del Pascale di Napoli –. I 611 pazienti, che presentavano caratteristiche diverse rispetto a quelli dello studio registrativo perché, ad esempio, più fragili, anziani o con comorbidità, sono stati arruolati fra novembre 2018 e giugno 2019. Il follow up mediano è di 20 mesi”.

“Siamo di fronte alla più importante esperienza al mondo nell’uso di nivolumab in adiuvante nella pratica clinica, che consolida il valore della molecola – continua Ascierto –. Nei pazienti con la malattia in stadio IIIB o IIIC, non sottoposti a terapia adiuvante dopo la resezione chirurgica, il tasso di recidiva a 5 anni è elevato, pari al 71% e all’85%. Va inoltre considerato che la metà dei pazienti con melanoma avanzato o metastatico proviene direttamente dagli stadi I e II, gli altri invece dallo stadio III dopo progressione. L’immunoterapia in adiuvante dura solo un anno, aumenta la possibilità di evitare la recidiva della malattia e, quindi, potenzialmente di guarire la persona”.

Al Congresso ESMO, inoltre, sono presentati per la prima volta i risultati preliminari dello studio SECOMBIT. “Sono state arruolate 209 persone di 30 centri in 10 Paesi europei – afferma Ascierto, sperimentatore principale dello studio –. Il Pascale ha coinvolto più pazienti, circa 40. SECOMBIT ha l’obiettivo di individuare la giusta sequenza di terapie nelle persone con melanoma metastatico che presentano la mutazione del gene BRAF. Il trial sperimenta tre opzioni per individuare la sequenza migliore. La prima è la combinazione di terapie target per proseguire con la combinazione di due molecole immuno-oncologiche, nivolumab e ipilimumab, dopo progressione di malattia. La seconda opzione è la duplice immunoterapia per proseguire con la combinazione di target therapy dopo progressione. Infine il cosiddetto ‘sandwitch arm’, cioè la sequenza di terapie target e della combinazione delle due immunoterapie e, solo in caso di progressione, la prosecuzione con terapie target”

.

“Sono disponibili i dati a un follow up mediano di 32,2 mesi. La seconda opzione, che prevede l’avvio con la combinazione di immunoterapie, consente di raggiungere la migliore sopravvivenza globale a tre anni, pari al 62%, rispetto all’avvio con la terapia target (54%) o con la terza opzione (60%) – spiega Ascierto –. I dati preliminari indicano una sopravvivenza libera da progressione, a tre anni, pari al 53% iniziando con la combinazione di nivolumab e ipilimumab rispetto al 41% con la terapia a bersaglio molecolare e al 54% con la terza opzione. La scelta dell’immunoterapia prima della terapia target è quindi sostenuta da questi dati e dal tasso di risposta obiettiva, che si dimezza passando dal 45% al 25% quando è somministrata in seconda linea”.

Nel 2020, in Italia, sono state stimate quasi 14.900 nuove diagnosi di melanoma. All’ESMO è presentato anche l’aggiornamento dello studio RELATIVITY-047 sulla combinazione di relatlimab e nivolumab in prima linea, con l’analisi dei sottogruppi.

“Relatlimab è una nuova molecola immuno-oncologica inibitore del checkpoint immunitario LAG-3 – conclude Ascierto –. Si confermano i risultati già illustrati lo scorso giugno al congresso americano di oncologia medica: la sopravvivenza libera da progressione mediana ha raggiunto 10,12 mesi con la combinazione rispetto a 4,63 mesi con la monoterapia con nivolumab. E si conferma il dato già evidenziato anche con nivolumab più ipilimumab, cioè quello relativo all’intervallo libero da trattamento, decisamente superiore con la combinazione (3,22 mesi) rispetto alla monoterapia (1,41 mesi). Il ‘Pascale’ ha svolto un ruolo centrale nello sviluppo di relatlimab, avviando nel 2017 il primo studio al mondo sulla molecola con il coinvolgimento di circa 200 pazienti. Abbiamo dimostrato che LAG-3 svolge un ruolo decisivo nella resistenza ai farmaci anti-PD1 come nivolumab, rappresentando quindi un ulteriore checkpoint immunitario utilizzato dal cancro per aggirare la risposta alle terapie immuno-oncologiche”.

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