E’ finito l’incubo di Emanuele Bava, infermiere dell’ospedale San Luigi di Orbassano (Torino), condannato in primo grado a otto mesi per la morte di un paziente avvenuta cinque anni fa. In appello è infatti arrivata l’assoluzione “perhé il fatto non sussiste”.
I fatti risalgono al 2019, quando un uomo arrivò al Pronto soccorso con un semplice dolore inguinale. L’infermiere finito sotto accusa era addetto al Triage e gli assegnò un codice verde al paziente, che durante le ripetute visite in giornata raccontò a lui e a un collega di un’ernia per cui era già in cura in quell’ospedale. Era anche seguito dalle Molinette di Torino per un problema all’aorta addominale.
La diagnosi del medico di turno al San Luigi fu di algia e il paziente sarebbe stato dimesso di lì a poco, ma poi la situazione precipitò improvvisamente. Intervenne infatti una rottura franca all’aorta che lo porto alla morte in serata, nonostante i i tentativi del personale medico di salvargli la vita.
Ne scaturì una denuncia all’ospedale da parte della famiglia. Sotto indagine finirono Bava, l’altro infermiere che aveva svolto controlli sul paziente e il medico di turno. In primo grado le posizioni del medico e del secondo infermiere furono archiviate, ma Bava fu condannato per aver assegnato un codice di ingresso non adeguato alla gravità del caso.
Una sentenza sconvolgente per la categoria degli infermieri, tanto che il sindacato Nursind non esitò a lanciare una campagna di sensibilizzazione (“Io sto con Emanuele. Noi siamo le vittime, non i colpevoli”), esprimendo solidarietà al collega condannato. Sentimenti che hanno trovato conforto nella pronuncia di appello, che ha scagionato Emanuele Bava. Sì, perché la rottura dell’aorta, come sostenuto in aula dal suo avvocato, era imprevedibile e non poteva in alcun modo essere collegata all’assegnazione del codice verde.
“Poteva accadere a ognuno di noi – commenta soddisfatto Francesco Coppolella, segretario regionale Nursind –. Ecco perché siamo stati tutto questo tempo vicini a Emanuele, sostenendo con forza e determinazione la sua battaglia, che è stata anche la battaglia di tutti noi. Abbiamo voluto farci carico di una questione che interessa Emanuele, ma che è espressione del rischio che può trasformarsi in dramma, a cui sono sottoposti tutti i giorni gli infermieri, spesso messi in condizioni di forti criticità, oltretutto poco riconosciute”.
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