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Filippini (Opi Varese): “Nessuna risposta dalla politica alle nostre richieste. Sempre più infermieri verso la Svizzera”

“La contrazione minima è dovuta alla chiusura di corsi in alcune università che non avevano i requisiti per avviarli. In Lombardia sono riconfermati tutti i posti”. Così Aurelio Filippini, presidente di Opi Varese, in merito all’ultima definizione del fabbisogno formativo indicato dal ministero della Salute, che prevede67 posti in meno per il corso di Infermieristica.

Intervistato da Varese News, Filippini, spiega perché, vista l’elevata richiesta di infermieri, i posti non siano stati assegnati ad altri atenei: “Il percorso di formazione richiede personale e ospedali dove gli studenti possano fare i tirocini e imparare. All’Università dell’Insubria, per esempio, siamo ormai al limite. Grazie all’unione delle tre Asst, Sette Laghi, Valle Olona e Lariana, è possibile ospitare 240 studenti. Oltre, verrebbe penalizzata la qualità”.

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Prosegue Filippini: “Le nostre richieste, portate su tutti i tavoli nno hanno ricevuto nessuan risposta, e questo è molto frustrante. Abbiamo bussato a tutte le porte, suggerito ipotesi per avviare un dialogo per rendere attrattiva questa professione, per incentivare gli infermieri a lavorare nel nostro Paese. Non è mai arrivata una risposta o una proposta. E purtroppo temo che la situazione peggiorerà ancora”.

Perchè? “La Svizzera ha deciso di investire sulla figura dell’infermiere – spiega Filippini -. E quando dico ‘ha deciso di investire’ sappiamo bene cosa significhi in termini di risorse. Stanno aprendo nuove strutture a guida infermieristica anche in Canton Ticino. Mi aspetto una nuova ‘campagna acquisti’ nei prossimi mesi”.

La situazione è già tragica oggi. “Lo scorso anno – ricorda Filippini – il personale del comparto dell’Asst Sette Laghi aveva accumulato straordinari per 11mila ore. Non abbiamo il dato aggiornato, ma ritengo molto probabile che possa solo essere peggiorato. Ora, con un grande sforzo, si è arrivati a un’organizzazione estiva che permette di non chiudere molti posti letto, pur garantendo le tre settimane di ferie a ciascun dipendente. È probabile che il lavoro di chi rimane sarà più gravoso. I nostri pronto soccorso sono sempre in grande affanno”.

Quali sono le richieste che non vengono considerate? “Dei segnali di apprezzamento del nostro lavoro – dice Filippini -. Parliamo di detassare parte della retribuzione, agevolazioni sui trasporti, proposte di welfare che vadano incontro a una qualità di vita singola o famigliare. C’è poi la vasta area della formazione: gli studenti stanno nelle corsie, sono lì per imparare e, intanto, danno una grande mano all’organizzazione: perchè non riconoscerlo con un incentivo? I master delle professioni infermieristiche sono tutti a pagamento”.

E ancora: “Il sistema vuole gli infermieri di famiglia, ma la preparazione per quel ruolo è a totale spesa del professionista. Poi non ci sono ancora carriere professionali definite con una remunerazione che valorizzi impegno e capacità. Quello che demoralizza, però, è sentire delle grandi pacche sulle spalle, parole usate, anche dallo stesso assessore Bertolaso, di convinta solidarietà, ma che non si trasformano in alcun beneficio per la categoria”.

Sempre Filippini: “In questo balletto si perde di vista la reale gravità della situazione. Non siamo in emergenza, in una situazione estrema che renderebbe più semplice e immediato il reperimento dei fondi. ma occorrerebbe evitare in tutti i modi evitare di arrivare alla situazione limite. E invece c’è un silenzio assordante”.

Cosa permette al personale che lavora quotidianamente in corsia di andare avanti? “Il rapporto col paziente, sapere che il nostro lavoro serve alla salute delle persone – conclude Filippini -. È la gratitudine di chi si affida a noi che ci dà la forza. Oggi la sanità pubblica poggia interamente sulla buona volontà dei suoi dipendenti”.

Redazione Nurse Times

Fonte: Varese News

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