Il test specifico per l’Hiv è l’unico modo per rilevare l’infezione; purtroppo nessun test può mettere in evidenza il virus immediatamente dopo l’avvenuta infezione. La rapidità con la quale l’infezione viene messa in evidenza dipende da diversi fattori che comprendono il tipo di test che viene utilizzato. Ciò determina anche il tempo massimo alla fine del quale si acquisisce la certezza che un test risultato negativo sia tale (periodo finestra).
Esistono vari tipi di test su sangue utilizzati comunemente per la diagnosi dell’Hiv, che danno risposte certe dopo tempi diversi dall’ultimo comportamento a rischio:
Per sottoporsi al test Hiv su sangue non è necessario essere a digiuno. Se il test è effettuato con un prelievo di sangue inviato in laboratorio, il risultato è disponibile mediamente in tre giorni.
Per la diagnosi sono anche disponibili test rapidi che possono essere effettuati su saliva o su una goccia di sangue punta dal dito (tra questi il test per l’autodiagnosi dell’infezione da Hiv, acquistabile in farmacia). Il risultato dei test rapidi è disponibile in pochi minuti.
Poiché sono test di primo screening, in caso di risultato dubbio o reattivo (positivo) è necessaria una conferma con prelievo ematico. Per conoscere il periodo finestra del prodotto utilizzato occorre riferirsi alle istruzioni della azienda produttrice. Se sono test combinati, il periodo finestra sarà di 40 giorni, se ricercano solo gli anticorpi il periodo finestra sarà di 90 giorni.
L’Istituto superiore di sanità ha realizzato una mappatura dei centri diagnostico-clinici Aids dove è possibile effettuare il test Hiv.
Per ogni centro sono indicati località, indirizzo, recapito telefonico e orari.
Per una migliore fruizione delle informazioni, si è proceduto con una suddivisone per Regione e per Provincia, riportate in ordine alfabetico.
Il test con prelievo di sangue si può fare nelle strutture pubbliche, ospedaliere e territoriali o nei laboratori accreditati, pubblici o privati, che siano autorizzati ad effettuarlo.
In ogni provincia, esiste almeno un centro in cui può essere richiesto il test in forma anonima, nel rispetto della “tutela della riservatezza della persona assistita” secondo la legge 135/90 (art. 5 comma 1).
Per sapere se, quando e dove effettuare il test, ci si può anche rivolgere al proprio medico curante oppure al Telefono Verde AIDS e IST dell’Istituto Superiore di Sanità/Ministero della Salute (800861061), ai Servizi della ReTe AIDS, al sito Uniti contro l’AIDS nonché, più in generale, ai servizi informativi delle strutture pubbliche e delle organizzazioni non governative.
Il lavoro è stato svolto nell’ambito del Progetto “Il counselling telefonico nella prevenzione delle infezioni sessualmente trasmesse” (2009-2011), promosso e finanziato dal ministero della Salute, con responsabilità scientifica e coordinamento dell’Istituto superiore di sanità.
Una persona, dopo essere entrata in contatto con l’HIV, diventa sieropositiva al test per l’HIV. La sieropositività implica che l’infezione è in atto e che è dunque possibile trasmettere il virus ad altre persone. Tra il momento del contagio e la positivizzazione del test HIV intercorre un periodo, detto “periodo finestra”, che può durare qualche settimana e durante il quale, anche se la persona risulta ancora negativa al test, è comunque già in grado di trasmettere l’infezione.
Dopo il contagio è possibile vivere per anni senza alcun sintomo e accorgersi dell’infezione solo al manifestarsi di una malattia. Tuttavia, il test HIV è positivo anche in assenza di sintomi; sottoporsi al test è, quindi, l’unico modo per scoprire l’infezione. Questo periodo asintomatico può durare anche diversi anni, fino a quando la malattia non diventa clinicamente conclamata a causa dell’insorgenza di una o più malattie cosiddette “indicative di Aids”. Alcune di queste sono infezioni opportunistiche provocate da agenti patogeni che normalmente non infettano le persone sane, ma possono infettare persone con un sistema immunitario fortemente compromesso. Gli agenti principali sono:
Fra le malattie indicative di Aids sono compresi anche diversi tipi di tumori, soprattutto i linfomi, il sarcoma di Kaposi e il carcinoma del collo dell’utero.
Nei Paesi occidentali buona parte dei successi ottenuti nel ridurre la diffusione dell’HIV sono in gran parte dovuti ai risultati dalla ricerca scientifica che ha consentito di individuare farmaci dotati di potente attività antivirale.
Nel 1987 è stato introdotto il primo farmaco antiretrovirale, la zidovudina (Azt), a cui si sono aggiunti negli anni successivi altri farmaci con diversi meccanismi di azione.
Nel 1997 è stata introdotta una nuova categoria di farmaci antiretrovirali, gli inibitori della proteasi, capaci di ostacolare l’enzima virale necessario per la produzione del rivestimento esterno del virus.
Negli ultimi anni sono state introdotte altre nuove classi di farmaci antiretrovirali, tra cui:
A causa della forte tendenza alla mutazione dell’HIV, è necessario non soltanto trovare farmaci sempre nuovi, ma anche somministrare contemporaneamente più farmaci antiretrovirali (terapia combinata). In questo modo si cerca di ridurre al minimo o quantomeno di ritardare l’insorgenza di ceppi virali resistenti ai farmaci antiretrovirali.
Attualmente viene proposta alle persone sieropositive una terapia altamente efficace, detta Haart (Higly Active Anti-Retroviral Therapy), che consiste nella combinazione di vari farmaci antiretrovirali. Occorre tuttavia tenere presente che le attuali strategie terapeutiche, anche se molto efficaci, non consentono la guarigione dall’infezione, ma permettono di tenerla sotto controllo. Attraverso l’uso del trattamento antiretrovirale, oggi un soggetto HIV positivo ha un’aspettativa di vita analoga a quella di un soggetto non infetto, con una buona qualità di vita.
Attualmente sono in sperimentazione nuove classi di farmaci mirati a stimolare e supportare il sistema immunitario, piuttosto che a una diretta azione antivirale. Accanto ai farmaci, sono in corso da vari anni anche molti studi per mettere a punto un vaccino che possa prevenire l’infezione tra gli HIV negativi, o possa migliorare il decorso della malattia in chi è già infetto.
Redazione NurseTimes
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