”Il Covid esiste, isola, colpisce psicologicamente”

”E’ un operatore socio sanitario. Un ragazzo di 37 anni. Sportivo. In buona salute. Si mette in macchina per andare a lavoro. Turno notte. Ma ecco durante il tragitto arriva la chiamata che mai avrebbe voluto ricevere. Lavora in “zona rossa” con i pazienti covid e periodicamente sottoposto a tampone di controllo.

Lo ha fatto tante volte. E’ tranquillo. Si sente sicuro. Ma quel giorno è stato diverso. “Fermati. Il tuo tampone è risultato positivo.” E si ferma. Si ferma davvero. Il tempo, l’auto, il mondo. Tutto intorno. Tutto fermo. Nessuno deve aprire lo sportello. In un attimo passa da essere un oss che va a lavoro a essere paziente.

Ora il paziente è lui. Nessuno salga, e lui non scenda dall’auto. Era quasi arrivato a lavoro. E ora che si fa? Dove va? E pensa alla famiglia, all’abbraccio dei suoi figli, ai colleghi o chiunque avesse incontrato il giorno precedente o il giorno stesso e gli prende il senso di colpa: “e se avesse contagiato qualcuno?”.

Lo sconforto lo assale. Anche perché non sa bene cosa può accadere: febbre, tosse, spossatezza, perdita del gusto…fame d’aria. E ferma i pensieri perché l’angoscia lo ha già divorato. Dove vai adesso? I giorni seguenti, trovato un posto dove stare(perché a volte anche chi è lontano può aprirti le porte di casa), i sintomi arrivano. Febbre, tosse, spossatezza. Lui è sempre lì con il saturimetro, con il timore di controllare la saturazione.

Perché ora, il timore che leggeva negli occhi dei pazienti, unica parte visibile sotto l’imbracatura, ora lo vede nei suoi occhi. Grazie a Dio, dopo qualche giorno, i sintomi iniziano a sparire, a diminuire. Il mostro invisibile esiste ed ha beccato lui. Forse anche lui si credeva immune. Ma il virus è più subdolo. Lui ora ha imparato che non si deve mai abbassare la guardia. Mai per noi, per i nostri cari. Perché non sempre è febbre e spossatezza, ma può essere molto peggio.

E lui lo sapeva, certo che lo sapeva. Ringrazia Dio per com’è andata, ora vuole solo tornare presto a lavoro. Indossare quella tuta, stringere le mani dei pazienti, guardare i loro occhi e dire: “Non sei solo”. Come grazie a Dio neanche lui è stato solo, non in senso fisico, perché si deve restare in isolamento, certo.

Ma non sono mancati i messaggi, i pensieri, l’aiuto di colleghi speciali. E ora ringrazia tutti, tutto il reparto di malattie infettive del P.o. di Bisceglie: i medici, il coordinatore. Loro che mai hanno esitato in questa battaglia e mai si sono tirati indietro. Ecco la sua storia, ecco il suo messaggio:


“Ho voluto raccontare questa avventura perchè vorrei dire a tutti, amici, parenti, cittadini che anche se fuori il covid non si vede, il covid esiste. Isola. Colpisce. Colpisce i polmoni. Colpisce psicologicamente. Indossare la mascherina e rispettare le norme di sicurezza è importante. Anche se non credi, fallo per chi ami.”


“La prima cosa che farò una volta libero sarà donare il plasma. Io l’ho visto quanto può fare la differenza nel miglioramento delle condizioni cliniche di un paziente. Se non vuoi farlo per te, fallo per chi ami”. Non costa nulla indossare la mascherina e indossare le regole. Non costa nulla donare, ma può salvare, aiutare e renderci migliore. Lui esiste anche se non lo vedi, ti colpisce anche se non ci credi ma si può vincere se e soprattutto lo fai per chi ami. ”

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