È possibile guarire le ferite con la luce? Alla domanda, che rappresenta una delle sfide della medicina rigenerativa, fornisce una risposta uno studio dell’Istituto di scienze applicate e sistemi intelligenti “Eduardo Caianiello” del Consiglio nazionale delle ricerche di Pozzuoli (Cnr-Isasi). ll gruppo di ricerca Nanobiomolecular group dell’Istituto ha, infatti, dimostrato la possibilità di promuovere il processo di rigenerazione tissutale in organismi trattati con nanoprismi di oro e illuminati con luce nel vicino infrarosso.
“Uno degli obiettivi della medicina rigenerativa è la possibilità di riattivare le cellule staminali nel tessuto lesionato e promuovere i processi che portano alla rigenerazione del tessuto piuttosto che al riparo, che raramente riesce a ripristinare la morfologia e la funzionalità del tessuto esistenti prima della lesione”, spiega Claudia Tortiglione, ricercatrice del Cnr-Isasi, che ha coordinato il gruppo italiano, composto anche dai ricercatori Angela Tino e Massimo Rippa, del Cnr-Isasi.
“In tutti gli organismi viventi – aggiunge – la rigenerazione avviene grazie a fattori genetici e biochimici che agiscono a livello cellulare, ed è anche regolata da stimoli fisici quali calore, campi elettrici, luce, eccetera, che rivestono ruoli fondamentali per coordinare grandi numeri di cellule nel processo di guarigione della ferita. L’effetto dell’esposizione alla luce o al calore nel favorire il processo di rigenerazione sono ben noti, e nella nostra quotidianità applichiamo impacchi caldi o cerotti termici per ridurre l’infiammazione, alleviare il dolore e migliorare la circolazione sanguigna”.
“In animali come l’Hydra vulgaris questa capacità di rigenerare parti amputate è dovuta alla presenza di cellule staminali – aggiunge la ricercatrice -. Per questo la nostra sfida era orientata a capire come riattivare le cellule staminali nel tessuto umano adulto. Lo studio delinea i meccanismi molecolari alla base dell’aumentata efficienza di rigenerazione, identificando i geni chiave dello sviluppo e i geni coinvolti nella risposta allo stress termico che vengono riattivati in anticipo rispetto ai tempi normali grazie all’illuminazione dei nanoprismi. Inoltre, mediante analisi termografica viene stimata la quantità di calore prodotta dai nanoheaters intracellulari, rivelando Hydra come un termometro vivente per testare le prestazioni di questi innovativi materiali”.
Conclude Tortiglione: “Questi risultati, a cavallo tra la nanofotonica e la biologia rigenerativa, fanno luce su una nuova funzione dei nanoheaters nel controllo di meccanismi molecolari alla base della staminalità cellulare, e aprono nuove strategie di medicina rigenerativa che permetteranno di utilizzare la luce per la guarigione delle ferite”.
Redazione Nurse Times
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