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Esodo dei professionisti sanitari in Svizzera: una tassa sui frontalieri serve ad arginare il fenomeno?

L’esodo dei professionisti sanitari italiani verso la Svizzera è un fenomeno che ha preso piede negli ultimi anni, e il motovo sta negli alti salari e nelle ottime condizioni di lavoro offerte dalla sanità elvetica.
Questo esodo è tra le cause della carenza cronica di personale sanitario in Italia, in particolare nelle regioni di confine, come la Valle d’Aosta, il Piemonte, la Lombardia e la Provincia autonoma di Bolzano.

La manovra del 2024 ha introdotto una nuova tassa sui frontalieri, con l’obiettivo di arginare questo flusso. Si tratta di un’imposta che varia tra il 3% e il 6% del reddito netto annuo, con l’aliquota definitiva che verrà decisa dalle singole Regioni. Si intende così offrire un “bonus frontiera” ai professionisti italiani del settore sanitario, incentivandoli a restare in Italia.

Nonostante le buone intenzioni, questa tassa ha suscitato molte controversie: i sindacati denunciano una misura “illegale”, che introduce un meccanismo di doppia imposizione

, espressamente vietato da un accordo firmato tra Svizzera e Italia. Inoltre l’Associazione industrie ticinesi sostiene che l’Italia non abbia il diritto di applicare questa nuova tassa, poiché il regime fiscale è stato fissato dal nuovo accordo sui frontalieri, entrato in vigore nel luglio del 2023.
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Insomma, la soluzione Italiana per fermare l’esodo dei professionisti sanitari sembrerebbe proprio quella di tassarli ulteriormente. Magnificamente coerente, se si pensa che la pressione fiscale nel Belpaese è circa del 42% media (ogni 1.000 euro guadagnati, 420 vanno nelle casse dello Stato), tra le più alte d’Europa.

Fermare l’esodo dei professionisti sanitari Italiani, che tutto il mondo ci invidia, è una questione complessa, che richiede un approccio multifattoriale. Tuttavia, nel tempo, vari studi ed esperti si sono espressi al riguardo, identificando cinque possibili punti di intervento per limitare questo fenomeno:

  1. Migliorare le condizioni di lavoro – Bisogna garantire agli operatori di svolgere la professione in ambienti sicuri e dignitosi. Inoltre è importante assicurare turni di lavoro che non siano massacranti e prevedano i giusti riposi.
  2. Aumentare la retribuzione – Un emolumento adeguato è un fattore chiave per trattenere i professionisti sanitari. L’Italia spende solo il 6,1% del Pil per la sanità, la cifra più bassa tra i Paesi del G7, al di sotto della media europea di 11.3%.
  3. Incentivare la formazione – È necessario lavorare a braccetto con il mondo universitario per allargare la base di studenti, non solo di Medicina, ma anche di scienze infermieristiche e degli altri corsi ad indirizzo sanitario.
  4. Aumentare i posti letto negli ospedali – Con l’aumento dell’aspettativa di vita delle persone occorre incentivare la medicina di prossimità, ma anche aumentare i posti letto negli ospedali.
  5. Collaborazione con le organizzazioni sanitarie – Recentemente è stata siglata un’importante alleanza tra Nursing Up, Amsi (Associazione medici stranieri in Italia) e altre organizzazioni medico/sanitarie per contrastare l’emigrazione di medici ed infermieri dall’Italia.

Mauro Marcone

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