Normative

Dipendenze tecnologiche, ecco la proposta di legge per combatterle

La nomofobia può diventare una malattia vera e propria. Dal M5S l’invito al Governo a sostenere la battaglia.

I vostri figli dipendono totalmente dallo smartphone? Manifestano una paura incontrollata di rimanere sconnessi dalla rete? Utilizzano ossessivamente i social network? Il Movimento 5 Stelle alla Camera ha depositato una proposta di legge per invitare il Governo a sostenere la battaglia per la prevenzione e la cura della nomofobia (dall’inglese no-mobile-phone-phobia), una paura che – si legge nella premessa del testo – “può causare stati di ansia, malessere, irrequietezza e aggressività, fino a generare una vera e propria dipendenza patologica poiché non si riesce più a fare a meno di una connessione con internet”. Come si cura la nomofobia? Attraverso “corsi di recupero in strutture socio-sanitarie” e “campagne informative e riabilitative”. La proposta di legge è sostenuta da una quarantina di deputati M5S e prevede innanzitutto “linee di orientamento per la prevenzione e per il contrasto nell’ambito sociale e scolastico” di quella che ormai è considerata una vera e propria malattia. Da qui la necessità di realizzare “un piano d’azione” con “misure di sostegno” per quei soggetti affetti dalla dipendenza patologica da internet, avvalendosi pure della collaborazione della polizia postale e delle comunicazioni. Si punta a corsi di formazione tenuti da esperti in materia di prevenzione e di cura delle dipendenze e a programmi specifici diretti ai genitori degli studenti, “volti a consentire l’individuazione dei comportamenti a rischio dei loro figli”. L’obiettivo è quello di introdurre “l’educazione all’uso consapevole della rete internet e dei social network” nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. Si propone inoltre di istituire un tavolo presso la Presidenza del Consiglio con rappresentanti del ministero dell’Istruzione, del dicastero della Salute, dell’Agcom, dell’Autorità per l’infanzia e l’adolescenza, del Garante per la privacy, delle associazioni di studenti e dei genitori «Il termine nomofobia – sottolineano i promotori della proposta – è ancora poco diffuso, ma il problema che indica è sempre più frequente e rappresenta un fenomeno preoccupante sia in Italia che nella maggior parte dei Paesi industrializzati». Ovvero la paura di restare disconnessi dalla rete, il timore ossessivo di non essere raggiungibili. Ecco i sintomi della dipendenza: “l’uso continuo del telefono cellulare e il trascorrere molto tempo con esso; l’avere sempre con sé uno o più dispositivi e il caricabatterie, per evitare di restare con il telefono cellulare scarico; il mantenere sempre il credito”. E ancora: “il vivere stati di ansia e di nervosismo al solo pensiero di perdere il proprio telefono cellulare o quando esso non è disponibile o non utilizzabile; il monitoraggio costante dello schermo del telefono cellulare, per vedere se sono stati ricevuti messaggi o chiamate; l’andare a dormire con il telefono cellulare o con il tablet». Il semplice impulso di controllare in continuazione il cellulare innesca “lo stesso meccanismo che si attiva in un giocatore di azzardo”. Nella proposta si citano ricerche e pareri di professori di psichiatria secondo cui «l’attaccamento allo smartphone è molto simile a tutte le altre dipendenze in quanto causa delle interferenze nella produzione della dopamina, il neurotrasmettitore che regola il circuito celebrale della ricompensa»
. In altre parole, «incoraggia le persone a svolgere attività che credono gli daranno piacere». Secondo un recente sondaggio dell’Associazione nazionale dipendenze tecnologiche, Gap e cyberbullismo su un panel di 500 soggetti tra 15 e 50 anni, il 51% della fascia 15 e 20 anni controlla lo smartphone 75 volte al giorno. Il 7% lo fa fino a 110 volte. Da un rapporto Agi-Censis emerge che il 22,7% degli italiani ha la sensazione che internet gli causi una sorta di dipendenza. L’U,7% prova ansia all’idea di non potersi connettere. A catturare l’attenzione sono per il 73,4% i messaggi, per il 64,8% l’e-mail, per il 61% i social, per il 53,8% i motori di ricerca. Il 6L7% degli intervistati – tra i giovani , il 79,7% – usa i propri dispositivi anche a letto. Il 34,1% lo fa pure a tavola (49,7% tra i giovani). Il numero degli adolescenti che resta connesso fino a notte inoltrata per chattare è in aumento. Vengono definiti “vampiri” (il fenomeno è chiamato “vamping”) perché «sembrano vivere la propria vita sociale nelle ore notturne, sentendosi poi stanchi, fiacchi e inconcludenti nelle ore diurne, nelle quali dovrebbe svolgersi la loro vera vita adolescenziale, con ripercussioni sulla vita personale, scolastica e lavorativa». Redazione Nurse Times Fonte: Il Mattino  
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