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Degenerazione maculare, faricimab migliora la vista con meno iniezioni 

Nuovi studi di Roche rivelano l’efficacia del primo anticorpo bispecifico per l’occhio con dieci somministrazioni invece di quindici in due anni.

Nuovi dati di due studi confermano che faricimab di Roche, primo anticorpo bispecifico per l’occhio, migliora la vista nei pazienti con degenerazione maculare legata all’età neovascolare o “umida” (nAmd), una delle cause principali di perdita della vista, con meno somministrazioni: mediamente dieci iniezioni in 24 mesi, contro le 15 dei pazienti trattati con aflibercept. Lo rende noto l’azienda, comunicando i risultati a due anni degli studi Tenaya e Lucerne, presentati oggi al Congresso scientifico annuale dell’American Society of Retina Specialists 2022.

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“Questi risultati a più lungo termine rafforzano la fiducia in faricimab e ne avvalorano il continuo utilizzo in soggetti con Amd neovascolare – dichiara Levi Garraway, Chief Medical Officer e Head of Global Product Development di Roche -. Grazie alla possibilità che necessitino di meno iniezioni nel tempo, faricimab continua a rappresentare un importante passo avanti per le persone affette da patologie retiniche che minacciano la vista. Questi dati testimoniano il nostro impegno teso a ridefinire gli standard di cura e a ridurre il carico terapeutico”.

Nel dettaglio, riporta una nota, gli studi Tenaya e Lucerne, che consolidano l’efficacia, la sicurezza e la durabilità a lungo termine di faricimab, mostrano che più del 60% dei soggetti in terapia con il farmaco sono stati trattati ogni quattro mesi. Questo dato rappresenta un aumento rispetto al primo anno, in cui il 45% dei pazienti aveva raggiunto un intervallo di somministrazione di quattro mesi, ottenendo al contempo miglioramenti della vista paragonabili ad aflibercept somministrato ogni due mesi.

Quasi l’80% dei soggetti in terapia con faricimab è stato trattato a intervalli di almeno tre mesi e ha ricevuto un numero mediano di dieci iniezioni nell’arco di due anni, contro 15 iniezioni nei pazienti trattati con aflibercept, riducendo potenzialmente il numero di iniezioni. Inoltre faricimab somministrato a intervalli massimi di quattro mesi e aflibercept somministrato ogni due mesi hanno fatto osservare riduzioni sovrapponibili dello spessore del sottocampo centrale (Cst). Non sono emersi nuovi elementi da segnalare in merito alla sicurezza e faricimab ha continuato a essere ben tollerato, con un profilo beneficio/rischio favorevole.

La Amd neovascolare colpisce quasi 20 milioni di persone in tutto il mondo e può richiedere il trattamento con iniezioni nell’occhio ogni uno-due mesi.

“La degenerazione maculare umida – spiega Francesco Bandello

, direttore della Clinica oculistica Vita-Salute San Raffaele di Milano – compromette in maniera significativa la qualità di vita dei pazienti. Si tratta di una patologia particolarmente diffusa e legata all’età avanzata. Molti pazienti arrivano tardi alla diagnosi perché non si sottopongono a regolari visite oculistiche di controllo, che invece dopo i 50 anni sono fortemente consigliate. Trascurando i sintomi iniziali, la patologia continua a progredire e peggiorare rapidamente. La ricerca in questi anni si è focalizzata sullo studio di trattamenti in grado di ritardare la perdita della vista, agendo sui fattori che causano la crescita di nuovi vasi sanguigni nella maculopatia umida. Faricimab, con un meccanismo d’azione innovativo, è il primo farmaco che, agendo sia sull’angiopoietina 2 (Ang-2) sia sul fattore di crescita endoteliale vascolare A (Vegf-A), ha mostrato di garantire l’efficacia riducendo il numero di somministrazioni annuali di iniezioni intravitreali”.

“Le terapie mirate a inibire la crescita di nuovi vasi sanguigni – aggiunge Giovanni Staurenghi, ordinario di Malattie dell’apparato visivo dell’Università Statale di Milano, ospedale Sacco – sono efficaci, ma complesse da gestire, soprattutto per il paziente che si deve sottoporre con frequenza e continuità a iniezioni intravitreali. L’aderenza alla terapia è fondamentale tanto quanto la diagnosi tempestiva, per poter ritardare il progredire della patologia. Trattamenti come faricimab, che permettono di allungare l’intervallo di tempo tra una somministrazione e l’altra, potrebbero rappresentare un supporto importante per il paziente nell’avere una piena aderenza terapeutica. Questi dati rappresentano un passo avanti importante per i pazienti con nAmd e per l’intera comunità scientifica”.

Le analisi primarie a un anno, ricorda Roche, hanno costituito la base delle recenti approvazioni per faricimab contro la nAmd in Usa, in Giappone, nel Regno Unito e in molti altri Paesi in tutto il mondo. Il farmaco è approvato in questi Paesi anche per l’edema maculare diabetico (Emd). Attualmente è al vaglio dell’Agenzia europea per ii medicinali (Ema) per queste patologie, e sono in corso le sottomissioni ad altre autorità regolatorie in tutto il mondo.

Faricimab è stato sviluppato per inibire due vie metaboliche connesse a varie patologie retiniche che minacciano la vista: Ang-2 e Vegf-A. Sebbene siano in corso ricerche volte a comprendere meglio il ruolo della via di Ang-2 nella patologia retinica, si ritiene che Ang-2 e Vegf-A contribuiscano alla perdita della vista determinando destabilizzazione vascolare, che può causare lo sviluppo di nuovi vasi sanguigni permeabili e aumentare l’infiammazione.

Redazione Nurse Times

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