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Covid. Efficacia della dose “Booster” e Vaccinazione eterologa: le prove di evidenza a sostegno

In un’Italia ancora alle prese con il movimento “novax” che vede coinvolti, purtroppo, anche in prima linea alcuni professionisti della salute, già da un pò di tempo si parla di “Terza dose”

Cerchiamo di fare chiarezza analizzando ciò che, prima l’evidenza scientifica e poi la legislazione, stanno portando alla luce contro un nemico che ormai fa parte della nostra routine.

Con la circolare del Ministero della Salute del 14 Settembre 2021, riportante come oggetto “Indicazioni preliminari sulla somministrazione di dosi addizionali e di dosi “booster” nell’ambito della campagna di vaccinazione anti SARS-CoV-2/COVID-19”, l’Italia prosegue la campagna vaccinale e, oltre a iniziare/completare il ciclo di vaccinazione nella popolazione ancora scoperta, introduce la possibilità di vaccinare la popolazione più sensibile con una terza dose definita “Addizionale”, se la somministrazione avviene dopo 28 giorni dalla seconda dose, o “Booster”, la cui inoculazione può avvenire non prima dei 6 mesi dalla fine del ciclo vaccinale.

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Nel documento redatto dal Ministero della Salute, inoltre, seguendo le indicazioni fornite dall’AIFA, possono essere somministrati come “terza dose” i vaccini a RNA approvati: Spikevax (Moderna) e Comirnaty (Pfizer), indifferentemente dal vaccino utilizzato per il ciclo vaccinale, aprendo nuovamente lo scenario della “vaccinazione eterologa” [1].

In questo frangente l’Italia ha anticipato sia l’EMA (European Medicines Agency), nelle tematiche “Terza dose” e Vaccinazione Eterologa, il cui CHMP (Committee for Medicinal Products for Human Use) soltanto il 4 Ottobre ha pubblicato il documento “Comirnaty and Spikevax: EMA recommendations on extra doses and boosters”, incentrato esclusivamente sui due vaccini a RNA approvati in Europa, senza alcuna precisazione circa i vaccini Janssen (J&J) e Vaxzevria (Astrazeneca) [2], sia il CDC, che con il documento “CDC Statement on ACIP Booster Recommendations” raccomanda una dose booster per determinate fasce di popolazione che hanno completato il ciclo vaccinale con vaccino Comirnaty, promettendo però di monitorare la situazione e fornire quanto prima aggiornamenti circa i vaccini Janssen e Spikevax [3].

Queste raccomandazioni sono frutto di una revisione dei risultati di diversi studi osservazionali, che vede lo stato di Israele come protagonista, non unico, in una sorta di “Framingham Heart Study” sull’efficacia dei vaccini, in particolare il Comirnaty.

Infatti, il 15 Settembre 2021, sul “New England Journal of Medicine” viene pubblicato l’articolo “Protection of BNT162b2 Vaccine Booster against Covid-19 in Israel” [4], il quale studiava i dati raccolti dal 30 Luglio, data di approvazione della Dose Booster da parte del governo Israeliano per gli Over 60, al 31 Agosto, comparando in primis i casi confermati di Covid19 e i casi di malattia grave da Covid19 tra coloro che avevano ricevuto la dose booster entro i 12 giorni precedenti e coloro che non avevano ancora beneficiato del trattamento, in secundis il tasso di infezione da Coronavirus tra i candidati che avevano ricevuto la Terza dose tra nei 4-6 giorni precedenti rispetto a coloro che hanno avuto accesso all’immunizzante da almeno 12 giorni.

Come reso noto nei risultati, sia il tasso di positività che il tasso di malattia grave erano nettamente più bassi nel gruppo che ha ricevuto la dose booster rispetto al non-booster e, da un’analisi secondaria, l’efficacia massima dal punto di vista protettivo si è riscontrata nel gruppo booster la cui inoculazione è stata effettuata almeno 12 giorni prima.

Un altro studio osservazionale, condotto nello stesso arco di tempo del precedente, sempre basato sui dati raccolti dal database sanitario israeliano, pubblicato sulla rivista “The Lancet” il 29 Ottobre, intitolato “Effectiveness of a third dose of the BNT162b2 mRNA COVID-19 vaccine for preventing severe outcomes in Israel: an observational study” [5], ha portato in evidenza l’efficacia della terza dose di vaccino, valutando l’indice di ospedalizzazione, l’indice di malattia grave e morte da Covid19 tra un gruppo di popolazione che ha ricevuto la dose Booster dopo almeno 5 mesi dal completamento del ciclo vaccinale, e un gruppo non-booster, anche se candidati a ricevere il trattamento.

L’efficacia della terza dose di vaccino, rispetto alle sole due dosi, è stata stimata essere del 93% (95% CI 88-97; 231 eventi per due dosi vs 29 eventi per tre dosi) per il ricovero in ospedale, 92% (82-97 , 157 vs 17 eventi) per la malattia grave, e l’81% (59-97; 44 vs sette eventi) per morte correlata a Covid19.

A questi studi osservazionali si affianca “Effectiveness of a third dose of BNT162b2 mRNA vaccine” [6], uno studio retrospettivo che analizza i dati estratti dal “Maccabi HealthCare Services”database, la seconda Health Maintenance Organizzation Israeliana, portando ancora una volta in evidenza come la somministrazione di una dose booster dopo almeno 6 mesi dal completamento del ciclo vaccinale primario (effettuato con il siero Pfizer) rafforza la protezione contro le infezioni da Covid19, con un’efficacia del vaccino intorno dell’89%, con oscillazioni anche importanti legate alle diverse fasce d’età e comorbidità.

Quindi possiamo affermare con un buon grado di sicurezza che la somministrazione di una dose booster del vaccino Comrnaty appare efficace, pur tenendo conto delle variabili confondenti presenti nei vari studi.

Ma quanto sono generalizzabili questi risultati?

Il CDC di Atlanta, nel report “Comparative Effectiveness of Moderna, Pfizer-BioNTech, and Janssen (Johnson & Johnson) Vaccines in Preventing COVID-19 Hospitalizations Among Adults Without Immunocompromising Conditions — United States, March–August 2021” (24 settembre) [7], in cui ha comparato l’efficacia dei vaccini circa l’ospedalizzazione per Covid19 approvati dalla FDA sul suolo Americano (Comrnaty, Spikevax e Janssen), ha mostrato importanti differenze tra i vari sieri: l’efficacia massima è stata attribuita al prodotto Moderna, con un grado di protezione stimato intorno al 93% con due dosi, seguito dall’azienda Pfizer con l’88%, sempre con due dosi, e infine dal vaccino monodose J&J, la cui efficacia è stata stimata intorno al 71%.

Inoltre, le persone vaccinate con il vaccino Janssen avevano anche livelli di anticorpi anti-SARS-CoV-2 post-vaccinazione inferiori rispetto ai destinatari dei vaccini a mRNA. Sebbene non sia stato stabilito un correlato immunologico della protezione per i vaccini COVID-19, i titoli anticorpali dopo l’infezione e la vaccinazione sono stati associati alla protezione, come riportato nell’articolo pubblicato su Nature il 17 Maggio, intitolato “Neutralizing antibody levels are highly predictive of immune protection from symptomatic SARS-CoV-2 infection” [8].

Facendo ancora riferimento al report del CDC, il vaccino mRNA-1273 (Moderna) ha mostrato un calo di efficacia dal 93% al 92%, dopo 120 giorni dal completamento della vaccinazione, in contrasto con un calo dal 91% al 77% per BNT162B2.

Ovviamente le differenti percentuali di protezione tra il vaccino Moderna e Pfizer-BioNTech potrebbero essere dovute ad un maggior contenuto di mRNA nel vaccino Moderna, differenze nei tempi tra le dosi (3 settimane per PfizerBioNTech contro 4 settimane per Moderna) o possibili differenze tra i gruppi che hanno ricevuto ciascun vaccino che non sono stati presi in considerazione nell’analisi.

Evidenze provenienti ancora una volta da Israele, nello studio “Effectiveness of the mRNA BNT162b2 vaccine six months after vaccination: findings from a large Israeli HMO”, [9] e dagli Stati Uniti, con “Effectiveness of mRNA BNT162b2 COVID-19 vaccine up to 6 months in a large integrated health system in the USA: a retrospective cohort study” [10],

hanno dimostrato che la protezione dopo vaccinazione con due dosi di BNT162b2 diminuisce nell’arco di sei mesi. Inoltre, in questo ampio studio statunitense, i ricercatori non hanno riscontrato differenze significative nel declino della protezione dei vaccini tra quelli infettati dalla variante Delta rispetto a quelli infettati da altre varianti.

La riduzione dell’efficacia dei vaccini con il passare del tempo non riguarda esclusivamente il Comrnaty, ma coinvolge tutti i sieri, come riportato nello studio “Vaccine effectiveness and duration of protection of Comirnaty, Vaxzevria and Spikevax against mild and severe COVID-19 in the UK” [11].

I ricercatori infatti hanno portato in evidenza la prova della diminuzione della protezione contro l’infezione sintomatica in seguito ad entrambi i vaccini Vaxzevria (Astrazeneca) e Comirnaty a partire da 10 settimane dopo la seconda dose.

I livelli di protezione contro il rischio di ospedalizzazione e morte, tuttavia, sono state sostenute a livelli molto elevati per almeno 20 settimane dopo il seconda dose. Oltre le 20 settimane, abbiamo osservato un calo maggiore con il prodotto Vaxzevria rispetto a Comirnaty, anche se va sottolineato che i gruppi che hanno ricevuto entrambi i vaccini differivano tra di loro. La diminuzione della protezione contro l’ospedalizzazione è stata rilevata maggiormente tra gli anziani (Over 65), soggetti a rischio maggiore, per comorbidità, di sviluppare una forma grave di malattia, mentre, sempre negli Over 65 che però non presentavano importanti problemi di salute, la protezione contro il ricovero rimane alta al 95% con Comirnaty e poco meno dell’80% con Vaxzevria oltre 20 settimane dopo il completamento del ciclo vaccinale.

I dati riguardanti lo Spikevax in questo studio, sfortunatamente, si limitano all’arco di tempo compreso tra 10 e 14 settimane, quindi, un lasso di tempo troppo breve per poter parlare di “Dose Booster”, anche se va sottolineato l’efficacia del vaccino sintetizzato dalla società Moderna mostra un’efficacia tendenzialmente più alta degli altri concorrenti.

Un ulteriore studio a sostegno di questa miglior efficacia del mRNA-1273 la troviamo nell’articolo intitolato “Comparison of two highly-effective mRNA vaccines for COVID-19 during periods of Alpha and Delta variant prevalence” [12], uno studio retrospettivo condotto negli U.S.A., (nel dettaglio: Arizona, Florida, Iowa, Minnesota e Wisconsin), con il quale i ricercatori hanno analizzato una popolazione corrispondente a determinati criteri (Età, Almeno una dose tra il 12/20 e il 07/2021, Solo vaccinazione omologa e nessuna positività al virus prima della vaccinazione), rilevando sia un numero di infezioni post completamento ciclo vaccinale minore nello Spikevax inferiore (circa la metà) rispetto al Comrnaty, sia una riduzione di efficacia di entrambi i vaccini dopo sei mesi, riduzione evidente sopratutto nel farmaco della Pfizer.

La probabilità, quindi, che possa essere necessaria una vaccinazione di richiamo, sia per stimolare la risposta immunitaria, che per espandere l’ampiezza dell’immunità alle varianti del Covid19, evidenzia ulteriormente l’importanza di ottimizzare l’immunogenicità dei vaccini.

Finora, i vaccini a mRNA hanno dimostrato un’efficacia continua contro le varianti emergenti. Ciò suggerisce che la robusta risposta anticorpale neutralizzante indotta dalla piattaforma mRNA può fornire l’ampiezza della risposta immunitaria umorale necessaria per superare le mutazioni genetiche all’interno delle varianti SARS-CoV-2, al contrario però del vaccino AstraZeneca, che, nonostante abbia generato una robusta risposta delle cellule T, ha dimostrato di funzionare male contro la variante Beta.

Data la continua minaccia delle varianti circolanti, attuali e future, gli studi che indagano strategie alternative di potenziamento della sequenza sono in corso o in fase di sviluppo. Inoltre, l’intervallo tra prime e boost ha probabilmente un ruolo critico.

A causa della brusca raccomandazione di diversi governi europei di interrompere l’uso di ChAd nella popolazione giovane e di mezza età, si è creata una situazione unica in cui sono stati applicati regimi di vaccinazione prime-boost eterologhi, nonostante la mancanza di informazioni disponibili sull’immunogenicità e la sicurezza aspetti. Lo studio “Immune responses against SARS-CoV-2 variants after heterologous and homologous ChAdOx1 nCoV-19/BNT162b2 vaccination” [13] cerca di iniziare a fare chiarezza sull’esito immunogenico dei protocolli di vaccinazione omologhi ed eterologhi con due vaccini: Comrnaty e Vaxzevria.

Dal confronto tra il gruppo che ha ricevuto una vaccinazione omologa composta da due dosi ChAdOx1 e il gruppo che ha ricevuto la vaccinazione di tipo eterologa, con seconda dose BNT152b2, è emerso che entrambi i campioni hanno sviluppato difese immunitarie sia umorali che cellulari, con la differenza che il gruppo sottoposto a trattamento eterologo, ha mostrato risposte immunitarie significativamente più forti rispetto al gruppo potenziato con Vaxzevria: le risposte delle cellule T erano più alte, le cellule producevano più IFN-γ (Interferone gamma: prodotto dai linfociti T e B attivati) e, allo stesso modo, ha sviluppato titoli più elevati di anticorpi proteici anti-spike, senza individuare significative differenze in base a età e sesso dei partecipanti.

Un altro studio che ha analizzato la vaccinazione eterologa, coinvolgendo circa 2.8 milioni di individui, è “Effectiveness of heterologous ChAdOx1 nCoV-19 and mRNA prime-boost vaccination against symptomatic Covid-19 infection in Sweden: A nationwide cohort study”, in cui i ricercatori hanno evidenziato che, la vaccinazione prime-boost eterologa utilizzando ChA-dOx1 come prima dose e BNT162b2 o mRNA-1273 come seconda dose è stata associata a un’efficacia del 67% e del 79% contro l’infezione sintomatica da Covid-19. Inoltre, è stata un’incidenza molto bassa di eventi avversi tromboembolici durante il follow-up associati a questi schemi eterologhi.

Pertanto, sebbene innescate dalla sfortunata interruzione nell’uso di vaccini a base di adenovirus (Astrazeneca e J&J), le strategie di vaccinazione Eterologa (mix and match) hanno dimostrato risultati di immunogenicità vantaggiosi, misurati sia dalle risposte umorali che dalle risposte cellulari al SARS-CoV-2 originale e alle sue varianti.

Questi programmi innovativi di dosaggio del vaccino possono essere richiesti sia come soluzione contro le interruzioni della fornitura dei vari sieri, sia per massimizzare le risposte immunitarie, che a loro volta contribuiranno a ridurre la trasmissione di varianti emergenti e a proteggere le persone rientranti nelle categorie più esposte e/o fragili.

Mauro Marcone

References

  1. https://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?nno=2021&codLeg=82776&parte=1%20&serie=null
  2. https://www.ema.europa.eu/en/news/comirnaty-spikevax-ema-recommendations-extra-dosesboosters
  3. https://www.cdc.gov/media/releases/2021/p0924-booster-recommendations-.html
  4. https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2114255
  5. https://www.thelancet.com/action/showPdf?pii=S0140-6736%2821%2902249-2
  6. https://academic.oup.com/jid/advance-article/doi/10.1093/infdis/jiab556/6415586
  7. https://www.cdc.gov/mmwr/volumes/70/wr/mm7038e1.htm
  8. https://www.nature.com/articles/s41591-021-01377-8#Sec9
  9. https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(21)02183-8/fulltext?fbclid=IwAR39sLL7DAF-feFO3h3fc30fYsvQrn1xwgI_mKiyTlIl6xFgCNNbp3umE5U
  10. https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(21)02183-8/fulltext
  11. https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2021.09.15.21263583v1
  12. https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2021.08.06.21261707v1.full.pdf
  13. https://www.nature.com/articles/s41591-021-01449-9
Redazione Nurse Times

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