Coronavirus, nuovo report Nursing Up: “Impietosi i dati della carenza di personale”

Il presidente del sindacato, Antonio De Palma, lancia l’allarme relativo alle regioni Lombardia, Campania, Piemonte e Liguria.

«Campania al primo posto assoluto per carenza di infermieri per fronteggiare l’emergenza pandemia. Tra le 10 e le 12mila unità di professionisti della sanità mancano all’appello per fronteggiare il “nemico”. Al secondo posto c’è la disastrata Lombardia. Segue il Piemonte. Ma sono gli scenari interni, la disorganizzazione, il precariato, i nuovi turni massacranti, gli spostamenti “tappabuchi” di colleghi da un reparto e da un ospedale all’altro, senza logica, penalizzando reparti no-Covid a irrimediabile rischio chiusura, a fronte di pochissime nuove assunzioni, a far scattare l’allarme, ben oltre la soglia di emergenza». Esordisce così Antonio De Palma, presidente nazionale del sindacato Nursing Up, nel presentare agli organi di informazione i dati del nuovo report, stavolta incentrato sul mancanza di infermieri nelle aree Covid della sanità pubblica.

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LOMBARDIA – Nel 2019 la carenza di infermieri si assestava secondo i nostri dati, in sintonia con quelli della Fnopi, su oltre 50mila  unità in Italia, che con l’effetto di “quota 100” sarebbero saliti in tre anni  anche fino a 75mila. Per la Lombardia la carenza si attestava a circa 5mila unità di personale infermieristico. In un anno è cambiato ben poco. Anzi, la pandemia richiede un incremento di personale infermieristico e di supporto, per il maggior impegno e rischio nell’assistenza erogata ai pazienti Covid positivi, cosa che al momento non è affatto avvenuta nella regione in assoluto più colpita dal coronavirus nella prima ondata della scorsa primavera.

«I nostri referenti – racconta De Palma – ci illustrano scenari interni preoccupanti, per non dire disastrosi. I pronto soccorso dei piccoli ospedali della provincia, come Sesto San Giovanni, rischiano di chiudere in tempi brevi. Cosa sta succedendo? I grandi presidi ospedalieri della città metropolitana, come il Policlinico, il Papa Giovanni XXIII e il Niguarda, stanno cedendo i loro infermieri alle aree covid della Fiera di Milano e di quella di Bergamo. Nella prima ci sono 150 posti letto di terapia intensiva, e secondo il documento “Linee d’indirizzo regionali per la rideterminazione delle dotazioni organiche”, il numero di infermieri necessari per posto letto, per la terapia intensiva è pari a quasi due unità, e sono numeri al ribasso, declinati per le esigenze in condizioni ordinarie. A Bergamo si devono coprire 50 posti letto di terapia intensiva con lo stesso numero di personale sanitario. Da dove pesca la Regione? Ma dagli altri ospedali della città, naturalmente! In un pericoloso gioco della coperta, che da una parte ci copre i piedi ma dall’altra ci lascia scoperto il torace e il viso. E da dove recupereranno personale questi presidi? Ma dai nosocomi più piccoli, portando molti reparti sull’orlo della chiusura e limitando fortemente il Servizio sanitario per un numero di pazienti elevatissimo, come quello dell’hinterland milanese. Senza dimenticare che in tutto questo marasma, oggi, ammalarsi di qualsiasi altra patologia che non sia il Covid risulta altamente rischioso»

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CAMPANIA – «La carenza di infermieri in tutta la regione oscilla tra le 10mila e le 12mila unità. Numeri incredibili, che però non sorprendono pensando ai tagli messi in atto negli ultimi anni. Che succede in Campania? I numeri anche qui sono impietosi. A fronte di circa 600 posti di terapia intensiva nel complesso del territorio regionale, il 70 percento è già occupato da pazienti. Che fine faranno i nuovi contagiati se si dovesse superare la fatidica soglia? Qui non accade come in Lombardia, non si spostano gli infermieri come al Monopoli, ma si accorpano i reparti. Incredibile ma vero, a Solofra, in provincia di Avellino, per far spazio a 37 pazienti Covid del Moscati sono stati chiusi ben cinque reparti fondamentali per la salute di un indotto di 100mila pazienti. Alienando quasi totalmente il Servizio sanitario di un ospedale come il Landolfi, dove restano aperti solo analisi di laboratorio e radiologia, e facendo inviperire i sindaci e i cittadini. Intanto gli infermieri contagiati sono già 25. Che fine hanno fatto le nostre costanti richieste di monitoraggio del personale? Occorre un tampone completo per tutti gli operatori ogni 20 giorni e un test rapido giornaliero prima che ogni collega prenda servizio e contatto con i pazienti. Dobbiamo arrivare a mille morti al giorno affinché tutto questo avvenga?».

PIEMONTE – 3.500 il numero di infermieri mancanti per fronteggiare oggi la battaglia contro il Covid.

LIGURIA – «La situazione è precipitata in quella che sembrava una regione capace di tenersi a galla. Ci sono arrivate notizie indecorose sul San Martino di Genova, con barelle ammassate nel Pronto soccorso, e pure quelle sarebbero finite. Il governatore Toti ha promesso 500 assunzioni. Ma dove troveranno 500 infermieri in un momento in cui anche le Rsa denunciano una carenza strutturale paurosa? Non comprendiamo davvero cosa si creda di realizzare con soli 500 infermieri, oggi che un tale numero di assunzioni non basterebbe nemmeno per compensare il turnover di quelli che sono andati in pensione, senza essere sostituiti».

Redazione Nurse Times

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