Bologna, è un’infermiera l’angelo della strada che ha salvato la vita a un 30enne dopo un grave incidente

Si è trovata a passare sul tratto di autostrada A4 dove un tamponamento avvenuto poco prima aveva ridotto in pessime condizione l’elettrauto Giuseppe Riccardo. Isabella Zermani Anguissola, 31anni, non ci ha pensato due volte: è scesa dalla sua auto e lo ha soccorso. La famiglia del ferito è riuscita a rintracciarla in rete, e ora vorrebbe incontrarla per ringraziarla.

Isabella Zermani Anguissola

Si chiama Isabella Zermani Anguissola ed è l’infermiera – in servizio al Pronto soccorso di Piacenza – che per prima, martedì mattina, ha prestato soccorso a Giuseppe Riccardo, 30enne elettrauto di Carpi (Modena) coinvolto in un incidente lungo l’autostrada A1, all’altezza di Ponte Ronca di Zola Predosa (Bologna), e ridotto in gravi condizioni. Attraverso l’edizione bolognese del Corriere della Sera ha risposto all’appello che aveva lanciato la mamma del ferito, Lucia Britto, anche lei di Carpi, che voleva ringraziarla di persona.

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«Avevo tentato di avere informazioni su quel ragazzo nei giorni successivi, ma senza riuscirci – racconta la soccorritrice –. Era grave ed ero in apprensione per lui, temevo il peggio, ma leggere la notizia in rete mi ha riaccesola speranza». Per un’interminabile ora, dall’esterno del furgone ridotto a un ammasso di lamiere, infreddolita perché senza giacca addosso in quella mattinata particolarmente ventosa, l’infermiera ha sorretto la testa di Giuseppe, ferito in modo importante a viso e nuca, con un grave trauma cranico e una forte agitazione.

La donna, che temeva anche un’emorragia cerebrale, era cosciente che qualunque movimento inconsulto del suo quasi coetaneo avrebbe potuto peggiorarne le condizioni e provocargli lesioni alle vertebre cervicali. E per tutto il tempo, immobile in quella posizione, la soccorritrice ha anche cercato di tranquillizzare, parlandogli a distanza, il collega del 30enne, ferito in modo meno serio e disperato per aver provocato lo schianto con il tir che li precedeva, durante il viaggio che avrebbero dovuto affrontare fino a Roma.

L’intervento della donna è stato provvidenziale. Determinante. E lo sanno bene anche i parenti del ferito, ricoverato in Rianimazione all’Ospedale Maggiore di Bologna, dove ha già subito due delicati interventi. «I medici ci hanno detto che, se non si fermava lei, andava diversamente – racconta la sorella Maria Riccardo. Abbiamo saputo cosa avesse fatto per Giuseppe dalla polizia stradale e volevamo ringraziarla di persona. Mia mamma ci teneva molto, ma non siamo stati in grado di sapere chi fosse, e così ho pubblicato una serie di appelli in rete, sui social, sperando di raggiungerla». E così è stato.

Isabella, su quel tratto di autostrada del Sole, nemmeno ci doveva passare: aveva sbagliato strada, diretta ad Ancona con la mamma e i due figli piccoli, e stava tornando indietro. Il destino, quindi, deve averci messo lo zampino. Quando la 31enne è passata davanti a quel furgone incidentato, che poco prima aveva tamponato un tir (che nel frattempo si era spostato), e notato il camionista che sorreggeva la testa del passeggero, non ci ha pensato due volte. E nonostante fosse nel bel mezzo dell’autostrada, con il traffico in movimento, si è fermata in quella stessa corsia. Proprio davanti al mezzo incidentato.

«Ho valutato dopo, il rischio di quella manovra, ma c’era una persona ferita, che ave va bisogno di aiuto», spiega lei, che ha alle spalle una lunga esperienza anche al Suem 118. Infilati i guanti che aveva in auto, è corsa a prestare soccorso a Giuseppe, lasciando la mamma e i due figli piccoli nell’abitacolo, dove l’hanno aspettata per oltre un’ora. «Non avevo niente con me, se non i guanti – ricorda –. Ero in borghese, e per tutto il tempo, fino all’arrivo della prima automedica, non ho lasciato andare la testa di Giuseppe, che alternava momenti di grande agitazione ad altri di assopimento»

L’infermiera gli ha tamponato il sangue con una maglia del camionista e ha cercato di tranquillizzarlo: «Era molto grave, e ho temuto che non sopravvivesse. Doveva essere centralizzato il prima possibile in un ospedale avanzato». Una situazione difficile anche per chi, come lei, di intervenuti d’emergenza ne aveva già compiuti tanti quando lavorava in prima linea, al 118: «Sei lì, disarmato, ed è più complesso. C’è anche lo stress emotivo. Purtroppo in autostrada i tempi dei soccorsi sono inevitabilmente più lunghi».

La 31enne è rimasta immobile a sorreggere il passeggero anche quando i vigili del fuoco hanno dovuto scardinare la portiera del furgone per estrarre Giuseppe, visto che era incastrato con le gambe sotto il cruscotto. Quindi ha collaborato con il collega arrivato in automedica e ha visto l’elicottero con il ferito alzarsi in volo, diretto a Bologna. Solo allora, con guanti e vestiti sporchi di sangue, stremata, dolorante alle braccia che aveva tenuto in tensione a lungo attraverso il finestrino, è tornata dai suoi famigliari, che da lontano l’avevano vista operare. «Ciò che ho fatto è una corsa normale – conclude –. Non è solo il mio lavoro, è la mia vita. Io non faccio solo l’infermiera: lo sono».

Redazione Nurse Times

Fonte: Corriere della Sera

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