Il giudice del lavoro di Chieti, Ilaria Prozzo, ha riconosciuto il diritto alla retribuzione delle ore di lavoro svolte durante la campagna vaccinale contro il Covid, a titolo di “prestazioni aggiuntive”, anche al personale che non ha materialmente partecipato all’attività di inoculazione o di preparazione dei vaccini. Di conseguenza ha condannato l’Asl Lanciano-Vasto-Chieti a pagare rispettivamente 4.071 e 2.468 euro alle due infermiere ricorrenti.
Secondo quanto stabilito, l’Asl ha dapprima proposto alle due infermiere di lavorare in regime di prestazioni aggiuntive e successivamente, ottenute le prestazioni e terminata la campagna vaccinale, ha negato le relative retribuzioni, invocando la mancanza di requisiti formali di contratto e di limiti orari, nonché l’assenza di delibere autorizzative della Regione Abruzzo, intervenute in seguito, e l’adibizione a mansioni amministrative, non infermieristiche.
“La sentenza – spiega l’avvocato Giuseppe Grande, legale delle infermiere – ha chiarito due punti: la fattispecie relativa alla retribuzione per la partecipazione alla campagna vaccinale in regime di prestazioni aggiuntive è regolata esclusivamente da una legge emessa in regime emergenziale; il compenso per le prestazioni aggiuntive spetta anche al personale che ha reso prestazioni funzionali all’attuazione del piano vaccinale, come l’accettazione dell’utenza e il supporto alle unità vaccinali, pur se non riconducibili all’attività infermieristica propriamente detta”.
Redazione Nurse Times
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