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Aggressioni al personale sanitario, Fp Cgil Veneto: “Servono presidi di polizia”

Con il seguente comunicato stampa il sindacato evidenzia l’opportunità di potenziare la presenza delle forze dell’ordine sui luoghi di lavoro, in aggiunta ai percorsi formativi già avviati.

Violenza e aggressioni al personale che opera nelle strutture sanitarie non sono, purtroppo, elemento di novità. Già prima che “l’esasperazione da Covid” accentuasse ulteriormente il fenomeno i casi di aggressione erano troppi. In particolare nei pronto soccorso e negli ambulatori, dove maggiormente c’è dilatazione dei tempi di attesa in ragione delle priorità, ma anche nei reparti.

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Nell’ottobre del 2020 è stata finalmente approvata la Legge n. 113/2020 (“Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”), che prevede sanzioni pecuniarie da 500 a 5mila euro, fino alla reclusione nei casi più gravi e di rilevanza penale. “Una legge fortemente richiesta dalle organizzazioni di rappresentanza sindacale del mondo del lavoro, proprio perché gli episodi di violenza erano troppi e reiterati anche prima della pandemia spiega Ivan Bernini, segretario generale di Fp Cgil Veneto . Come spesso accade, però, c’è sempre una certa distanza tra le previsioni delle leggi e la loro effettiva applicazione. È evidente che le sanzioni possono essere dei deterrenti, ma spesso, come abbiamo visto anche in questi mesi, non sono sufficienti a limitare episodi di violenza”.

Il fatto che la Regione Veneto abbia previsto l’avvio di percorsi formativi è assolutamente positivo e rappresenta una parte delle previsioni inserite nella norma di legge. È un segnale che, nonostante le emergenze quotidiane, si comincia a ritenere questo fenomeno davvero preoccupante e meritevole di intervento.  “Tuttavia – continua Bernini – serve affiancare a questi interventi anche un maggior presidio delle forze dell’ordine all’interno delle strutture. Vi sono strutture che accolgono presidi di polizia permanenti nelle 24 ore, altri nei quali il servizio funziona in orario diurno, altri in cui non c’è proprio. Gli stessi direttori generali, negli anni passati, avevano interloquito con prefetture e questure per richiedere la presenza h24 ore su sette giorni, ma anche le forze dell’ordine hanno subito contrazione di risorse e di personale in questi anni, e non ovunque è stato possibile potenziare o prevedere il servizio”.

Conclude Bernini: “Ci rendiamo conto che è persino assurdo arrivare a dover proteggere personale che per lavoro aiuta i cittadini, che dovrebbero solo esser grati per l’aiuto fornito, ma i tempi sono questi. E di fronte a tempi come questi è necessario mettere in condizione chi aiuta gli altri a sentirsi sicuri nell’esercizio del loro servizio. Per questo, assieme alla formazione del personale, non vediamo alternative anche al presidio delle forze dell’ordine interno almeno a tutte le strutture sanitarie, e ci aspettiamo che direzioni e questure trovino soluzioni a questo problema”.

Redazione Nurse Times

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