Infermiere dell’Emergenza

Accesso Intraosseo: indicazioni, controindicazioni, procedure e sedi d’inserzione

Le ossa sono dotate di un sistema di vascolarizzazione (arterie e vene) e di innervazione che raggiunge la matrice ossea attraversando il periosteo; esso è fondamentale per favorire il mantenimento, l’accrescimento e la riparazione del tessuto osseo stesso.

…Di Francesco Matrone

Le ossa sono dotate di un sistema di vascolarizzazione (arterie e vene) e di innervazione che raggiunge la matrice ossea attraversando il periosteo; esso è fondamentale per favorire il mantenimento, l’accrescimento e la riparazione del tessuto osseo stesso.

I canali delle ossa lunghe e la fascia centrale delle ossa piatte inoltre, ospitano il midollo osseo, tessuto ematopoietico fondamentale per la produzione di  leucociti (globuli bianchi), eritrociti (globuli rossi) e trombociti (piastrine).

Analizzando queste caratteristiche, nel 1922 Drinker e Lund, proposero per la prima volta la possibilità di infondere liquidi all’interno della matrice ossea sternale definendo tale procedura come “un metodo per accedere alla circolazione sistemica tramite  un plesso venoso non-collassabile”.

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Nonostante il suo utilizzo negli anni 30 e 40, tale metodica è stata presto accantonata per lasciare spazio alle più moderne forme di accesso vascolare.

A partire dagli anni 80, l’American Heart Association, ha dato nuovo impulso a tale metodica, inserendola nella rianimazione cardiopolmonare pediatrica.

Le linee guida dell’Emergency Cardiovascular Care del 2000 suggeriscono l’Accesso intraosseo per tutti i pazienti pediatrici che richiedono una rapida somministrazione di liquidi e farmaci, dopo due tentativi infruttuosi di accesso venoso tradizionale o durante collasso cardiocircolatorio.

Ultimo e fondamentale passo nell’evoluzione di tale procedura, si è avuta nel 2005 quando l’European Resuscitation Council l’ha inserita come elemento fondamentale della rianimazione cardiopolmonare dell’adulto, qualora l’accesso venoso tradizionale sia difficilmente reperibile (più di 90 secondi o dopo 2 tentativi infruttuosi).

Grazie alla commercializzazione di devices all’avanguardia, l’accesso intraosseo è diventato facilmente praticabile e ottenibile in pochi secondi permettendo di salvare la vita a numerose persone.

INDICAZIONI

I fattori che fanno virare la scelta verso un accesso intraosseo piuttosto che un accesso vascolare tradizionale sono sostanzialmente 3:

  • la necessità di somministrare rapidamente ingenti quantità di liquidi come nel caso di shock ipovolemico e gravi ustioni, o di farmaci salvavita nel caso di arresto cardiaco, instabilità emodinamica, severa compromissione respiratoria, GCS <8 e avvelenamento.
  • L’impossibilità di reperire un accesso venoso tradizionale velocemente ( più di 90 secondi o dopo 2 tentativi infruttuosi) a causa di carenza di patrimonio venoso valido, ustioni estese, edema, obesità e crisi convulsive.
  • Una situazione ambientale sfavorevole come per le vittime di incidenti stradali che restano bloccati nei veicoli, nelle vittime di incidenti in luoghi impervi (valanghe) o per i militari feriti sul campo di battaglia.

CONTROINZICAZIONI

Le controindicazioni sono sostanzialmente:

  • Infezione o ustione nel sito d’ inserzione;
  • Frattura del segmento osseo;
  • Severa osteoporosi;
  • Osteogenesi imperfecta;
  • Impossibilità d’individuazione dei punti di repere.

PROCEDURA E SEDI D’INSERZIONE

Dopo aver valutato l’idoneità e la necessità del paziente a ricevere l’AI, va individuata la sede d’inserzione che nei pazienti pediatrici corrisponde alla tibia prossimale o distale e femore distale;

nell’adulto  invece sono il grande tubercolo della testa dell’omero, tibia prossimale e lo sterno (usato quasi esclusivamente in ambito militare).

Individuata la sede e tranquillizzato il paziente va effettuata una buona antisepsi; se il paziente è cosciente va praticata un’ anestesia locale con Lidocaina1% ( non obbligatoria) per evitare di causare  dolore  durante l’introduzione.

DISPOSITIVI D’INTRODUZIONE                   

I dispositivi per la realizzazione dell’ AI sono notevolmente migliorati negli ultimi decenni. Essi possono essere classificati in tre categorie:

  • Manuali: molto simili ai cateteri venosi (mandrino e cannula) e richiedono particolare sforzo e abilità dell’operatore; difficilmente utilizzabile in emergenza.
  • Assistiti/semiautomatici: come il BIG(Bone Injection Gun), dotato di un meccanismo a molla pre-caricato che permette di far penetrare velocemente l’ago nel tessuto osseo ( maneggevole e monouso) e il FAST1 utilizzato in ambito militare per la sede sternale.
  • Meccanico: trapano riutilizzabile con batterie in litio; scelto l’ ago di dimensioni idonee viene inserito nella parte prossimale del dispositivo e in pochi secondi permette di avvitare l’ago nel tessuto osseo.

Dopo aver reperito l’accesso si consiglia di effettuare un breve lavaggio a pressione positiva  con soluzione fisiologica per liberare il lume centrale della cannula da residui ossei.

A questo punto si può iniziare a infondere i farmaci o le soluzioni che normalmente vengono  somministrate per via endovenosa, ricordando che i tempi per raggiungere la concentrazione plasmatica del farmaco restano invariati.

La velocità di flusso della somministrazione è influenzata dalla sede d’inserzione; mediamente è di cirma 80 ml/min, con possibilità di superare i 120 ml/min se si utilizza una sacca a pressione.

Dall’accesso è possibile prelevare anche dei campioni ematici utili per l’individuazione del gruppo AB0 e del sistema RH.

Gli altri esami ematici di routine posso invece risultare artefatti poiché influenzati dal ridotto flusso ematico e dalla stasi che caratterizzano la circolazione intraossea.

L’ accesso intraosseo è una valida metodica da utilizzare in caso di emergenza.

Infermieri addestrati e formati possono agire in totale tranquillità:

  • valutando la necessità di reperire l’AI;
  • eseguendo la procedura, avendo cura di reperire un accesso vascolare appena possibile (l’AI può restare in sede per un massimo di 72 ore);
  • riconoscendo tempestivamente le rare complicanze associate alla procedura stessa come infezioni, stravaso e frattura ossea.

(accesso intraosseo con dispositivo meccanico EZ-IO a cura del pronto soccorso di Porto Viro)

Francesco Matrone

BIBLIOGRAFIA

  • Ong ME, Chan YH, Oh JJ, Ngo AS. An observational, prospective study comparing tibial and humeral intraosseous access using the EZ-IO. American Journal of Emergency Medicine, 2009 Jan.
  • Ee Tein Tay, MD; Chief Editor: Vincent Lopez Rowe, MD. Intraosseous Access. Apr 09, 2015
  • Jerry P. Nolan, Charles D. Deakin, Jasmeet Soar, Bernd W. B¨ottiger, Gary Smith. European Resuscitation Council Guidelines for Resuscitation 2005 Section 4. Adult advanced life support.
  • Marcia L Buck, Barbara S Wiggins, Jefferson M Sesler. Intraosseous Drug Administration in Children and Adults During Cardiopulmonary Resuscitation. The Annals of Pharmacotherapy, 2007.
  • Reades R, Studnek JR, Vandeventer S, Garrett J. Intraosseous versus intravenous vascular access during out-of-hospital cardiac arrest: a randomized controlled trial. Ann Emerg Med 2011 Dec.

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