Fabrizio ha deciso di recarsi personalmente in diverse realtà nelle quali viene utilizzata un’attrezzatura del genere: ospedali, aziende chimiche, metalmeccaniche, ma anche agricole. Ha successivamente preso contatti con il Politecnico di Torino che gli ha messo a disposizione in gruppo di “borsisti” con i quali sviluppare il progetto.
Tutto il materiale relativo al progetto sarà condiviso in opensource con i makers ed il network dei Fablab (laboratori di Digital fabrication) in tutto il mondo, per permetterne una produzione distribuita ed uno sviluppo collaborativo del progetto. L’intento del progetto è infatti proprio quello di fornire il “know how” per realizzare il casco a diversi tipi di attività imprenditoriali, in modo da poter aumentare il numero di pezzi prodotti e conseguentemente diminuirne il costo.
Il dispositivo si compone di una serie di elementi progettati ad hoc e di altri componenti di facile reperibilità sul mercato: i primi, progettati per la produzione in additive manufacturing, costituiscono il telaio, elemento strutturale del modello e funzionale al corretto posizionamento della maschera, alla sua stabilità e adattabilità sul capo dell’utente; i secondi, invece, assolvono le funzioni di isolamento e protezione individuale oltre che di immissione dell’aria all’interno della maschera.
L’elemento propulsore è stato la necessità di reperire dispositivi di protezione individuale, di cui si è registrata la mancanza all’interno delle strutture ospedaliere: questo ha messo in moto la collaborazione tra il Virtualab, il laboratorio che nasce e si sviluppa all’interno della Città del design e della mobilità del Politecnico, con l’obiettivo di diffondere la cultura di progetto con la fabbricazione digitale e il FabLab Torino che si inserisce all’interno di una rete globale per lo sviluppo e la promozione delle innovazioni.
Fonte: lunanuova
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