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Servizi per le dipendenze patologiche: l’integrazione tra specialisti è essenziale per la presa in carico dell’utente

Lo scorso 2023 l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha pubblicato il Libro Blu, contenente il rendiconto annuale 2022 delle attività legate ai propri settori di competenza. In tema di dipendenze i dati hanno riportato un notevole incremento sia del gioco online che attualmente vale 73 miliardi di euro, sia del gioco fisico che vale 63 miliardi di euro, ossia il 43% in più rispetto al 2021.

Purtroppo attualmente l’incremento non riguarda solo la dipendenza da gioco, ma si estende ad altre dipendenze patologiche come l’Internet Addicition Disorder, che conta circa 700 mila adolescenti dipendenti da web e videogame.

I dati, raccolti dal progetto “Dipendenze comportamentali nella Generazione Z”, finanziato dal Dipartimento delle Politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri e affidato al Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), mostrano che su oltre 8.700 studenti fra gli 11 e i 17 anni, quasi il 12% degli adolescenti, soprattutto maschi, è a rischio di dipendenza dai videogiochi e il 2,5% fa un uso compulsivo e incontrollato dei social, mentre l’1,8% si chiude per mesi in camera vivendo solo attraverso computer e smartphone (ISTISAN, 2023).

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Inoltre la dipendenza da Internet (IAD) comprende aspetti differenti a seconda del tipo di attività svolta in rete: sesso virtuale, relazioni virtuali, gioco online (d’azzardo e non), ed è diffusa non solo tra le nuove generazioni, ma in grande misura anche tra adulti e anziani.

Le dipendenze patologiche sviluppatesi nel corso del tempo, di pari passo con l’evoluzione tecnologica hanno creato uno scenario piuttosto preoccupante in tutto il mondo. L’Organizzazione Mondiale Della Sanità (Oms) definisce la dipendenza patologica come “condizione psichica, talvolta anche fisica, derivante dall’interazione tra un organismo e una sostanza, caratterizzata da risposte comportamentali e da altre reazioni che comprendono un bisogno compulsivo di assumere la sostanza in modo continuativo o periodico, allo scopo di provare i suoi effetti psichici e talvolta di evitare il malessere della sua privazione”.

Nella precedente definizione, sono comprese anche disturbi patologici non legati all’uso di sostanze: dipendenza da gioco, Internet addiction disorder, shopping compulsivo. Attualmente sono molteplici gli interventi di prevenzione per arginare la problematica relativa sia all’utilizzo di sostanze, sia alle dipendenze patologiche senza sostanza, più recenti da un punto di vista temporale, ma in forte crescita nella nostra nazione.

A tal proposito il 6 giugno 2020 entra in vigore il Piano Nazionale della Prevenzione, che pone grande attenzione sulla tutela del Servizio sanitario nazionale, il quale deve garantire la tutela del singolo cittadino e della comunità, attraverso un’Intesa Stato-Regioni. Il Piano si articola in sei macro-obiettivi: malattie croniche non trasmissibili; dipendenze e problemi correlati; incidenti stradali e domestici; infortuni e incidenti sul lavoro, malattie professionali; ambiente, clima e salute; malattie infettive prioritarie.

La sezione dedicata alle dipendenze da sostanze e comportamenti sottolinea la necessità di ridurre i fattori di rischio (neurobiologici, individuali, socio-ambientali) e di potenziare i fattori protettivi attraverso programmi di intervento svolti, non soltanto dai Dipartimenti di Prevenzioni e Dipartimenti Dipendenze, ma coinvolgendo le varie istituzioni culturali e sociali presenti a livello nazionale, regionale e territoriale, al fine di ottenere un coeso sistema preventivo.

Il PNP 2020-2025, inoltre, ribadisce l’importanza di affidare un ruolo nel governo ai Dipartimenti di Prevenzione e delle Dipendenze, valorizzando così, il loro bagaglio esperienziale acquisito nel corso degli anni, fondamentale al fine di poter attuare programmi preventivi più specifici.

Il problema delle dipendenze è presente da molti anni sullo scenario nazionale. Infatti già nel 1975 si è cercato di regolamentare la gestione da parte dei presidi ospedalieri e ambulatoriali con la legge 658 che afferma: “La cura e la riabilitazione dei soggetti che fanno uso non terapeutico di sostanze stupefacenti o psicotrope sono affidate ai normali presidi ospedalieri, ambulatoriali, medici e sociali localizzati nella regione, con esclusione degli ospedali psichiatrici”. Ne consegue un sovraffollamento dei reparti ospedalieri, che non risultano essere i migliori setting di cura per i tossicodipendenti, spesso giovani e incontrollabili.

In seguito alla nascita del Servisio Sanitario Nazionale (L. 833/78), vengono istituiti i primi servizi territoriali per la cura delle dipendenze da droga e alcol, garantendo cure a base di metadone, agonista oppiaceo, ritenuto a quei tempi indispensabile per la guarigione del soggetto.

Un significativo cambiamento si ha negli anni Novanta, con la legge 162/90 e con il D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 noto anche come “Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza”.

Tra le varie innovazioni riportate nel T.U. 309/90, l’art. 75 suscita particolare interesse, in quanto il rifiuto da parte del tossicodipendente ad intraprendere un percorso riabilitativo, è ‘punito’ con una sanzione amministrativa e non più con una sanzione penale, a seconda del caso.

La legge 26 giugno 1990, n.162 risulta fondamentale al fine di combattere la produzione e il commercio di droga e di incidere nell’area del consumo, scoraggiando il consumatore attraverso una serie di sanzioni e prevenendo l’uso di droghe con interventi in campo sociale, psicologico e medico.

Sulla fusione delle due precedenti norme si basa la creazione dei Ser.T, Servizi Tossicodipendenze, che garantiscono sul territorio programmi di prevenzione ma soprattutto programmi riabilitativi-terapeutici per soggetti tossicodipendenti.

Il Ser.T è un servizio pubblico, garantito dal nostro Servizio sanitario nazionale, che si occupa di garantire accoglienza, diagnosi e presa in carico del paziente; predisponendo un programma terapeutico, al fine di poterlo reinserire nella società.

In seguito ai molteplici cambiamenti culturali, si è voluto includere all’interno di questi servizi l’ampia casistica delle dipendenze patologiche. Pertanto non si parla più di Ser.T ma di Ser.D (Servizi per le dipendenze patologiche), includendo quindi vari comportamenti patologici.

L’accesso ai Ser.D è gratuito, ed è possibile recarsi autonomamente nelle specifiche sedi per ricevere una prima consulenza mentre, in caso di responsabilità penale si accede per mezzo di Carabinieri, Polizia o Prefetto. I servizi di dipendenza sono formati da un’equipe multidisciplinare formata da medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali che accolgono e valutano il paziente al fine di delineare il programma più adatto. Inoltre, è bene ricordare come in queste strutture sia necessario mantenere il segreto professionale.

Ad oggi si stimano circa 550 Ser.D presenti sul territorio nazionale in continuo aumento per arginare il problema legato alle dipendenze. Accade però che alcuni soggetti non presentino una singola diagnosi, bensì una doppia diagnosi: “Coesistenza nel medesimo individuo di un disturbo dovuto al consumo di sostanze psicoattive e di un altro disturbo psichiatrico” (Oms,1995).

Quindi alcuni pazienti potrebbero sviluppare una dipendenza in seguito ad una problematica psichiatrica (l’impiego della sostanza rappresenta una sorta di terapia) oppure l’assunzione della sostanza potrebbe causare la manifestazione di una sintomatologia psichiatrica.

Nei casi di “doppia diagnosi”, la complessità psicopatologica, comporta una difficoltà nella definizione degli obbiettivi terapeutici e la risoluzione di uno dei due disturbi non influenza necessariamente la risoluzione dell’altro.

Purtroppo ad oggi sono incerte le soluzioni da intraprendere per gestire una simile situazione, alcuni affermano che sia necessario intraprendere i due percorsi separatamente, mentre altri utilizzerebbero un percorso integrato. E’ anche vero, che accedere a due Servizi differenti, non è sempre possibile considerato l’incremento dei pazienti affetti da ‘doppia diagnosi’.

Pertanto, pur esistendo realtà italiane in cui Ser.D e CSM (Centro Salute Mentale) coesistono e collaborano, bisognerebbe incrementare il supporto di tali servizi al fine di garantire il benessere non solo del singolo individuo ma di tutta la comunità.

In conclusione, le dipendenze patologiche legate o meno a un disturbo psichiatrico, restano ad oggi un tema importante da affrontare e difficile da arginare, a tal proposito sarebbe necessario individuare e diffondere dei validi programmi di prevenzione, alcuni già in atto, in tutte le istituzioni scolastiche, per sensibilizzare i giovani e ridurre cosi l’incidenza di tale fenomeno.

Stefania Stea

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