Categorie: Etica & Deontologia

Scivolar via…toccante lettera alla propria mamma affetta da Alzheimer

Introduzione di Giovanni Maria Scupola

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Il morbo di Alzheimer è la forma più comune (50-80%) di demenza, con conseguente perdita di memoria e di altre abilità intellettuali talmente gravi da interferire con la vita quotidiana. E’ una malattia cronica degenerativa che provoca problemi di memoria, di pensiero e di comportamento, nella quale i sintomi di demenza peggiorano progressivamente con il passare del tempo.

Prende il nome dal neurologo tedesco Alois Alzheimer (1864-1915) che nel 1907 ne descrisse per primo le caratteristiche.

In Italia secondo l’Istat circa 600 mila persone sono colpite dal morbo di Alzheimer. Il numero dei malati è destinato a crescere, soprattutto a causa del costante invecchiamento della popolazione, con conseguenze in termini sociali ed economici legati all’assistenza.

Dopo questa breve dissertazione, vorrei introdurre una toccante lettera (riportata dal quotidiano casteddu online e datata 5 dicembre 2015) di una figlia alla propria madre malata di Alzheimer: “Mi hai lasciato dicendomi per sempre ti voglio bene… il dono più bello della mia vita”.

Buona lettura.

Scivolar via …

Ogni giorno più difficile

ogni incontro era più lontano

e nonostante cercassi di starti vicina

quel vuoto diventava più profondo.

Ho lottato, ho cercato, ho provato a tutelarti,

a difenderti sempre

ma per te non era importante.

E così … sbagliando mi sono arresa

e ti ho lasciata scivolar via …

Come una rosa quando perde i suoi petali,

come l’albero che perde le sue foglie,

come il mare,

quel mare così immenso, meraviglioso, chiassoso e festoso.

Quel mare ora è diventato muto, sordo, piatto, scuro.

Non eri più la stessa,

non eri più tu!

Come quando invece, quella vestaglia di velluto soffice e morbida,

ti avvolgeva fasciandoti in una cosa sola,

quella vestaglia calda

era casa, era calore, era gioia di vivere, finché c’era vita in quel grembo

che ha portato dentro di sé … altra vita.

Qualcosa è cambiato dentro di te

e non sarà mai più come prima.

Io triste e impotente ti parlavo ma tu eri assente,

domandavo, chiedevo ma non avevo risposte

e anche il mio nome per te non era più il mio nome.

Ho perso , ho perso ancora, ho perso tutto,

i tuoi rimproveri, il tuo sguardo imponente, il tuo sorriso.

Un giorno le cose brutte hanno oscurato quelle belle, dimenticandole.

Ma una parte, quella annebbiata della tua mente,

annebbiata dal forte dolore, dalla disperazione, dalla sofferenza,

ha tenuto per sé una cosa sola,

ha tenuto stretto a sé il ricordo più bello,

come un segreto, come un tesoro, da custodire e proteggere.

Lo tenevi stretto a te, con tutte le tue forze

e non volevi lasciarlo andar via …

Era l’amore della tua vita,

il solo e unico vero amore,

che avevi perso per sempre,

che la vita stessa lo aveva strappato a te … il tuo sposo, mio padre.

Ed io “Perdonami mamma! Non l’avevo capito”.

Poi arrivò quella notte buia e fredda, di pioggia e di vento.

Quando ho saputo, ho corso,

e correvo, correvo senza fermarmi, affannavo, sudavo,

dovevo raggiungerti,

dovevo vederti ancora,

volevo aggrapparmi a te come la vite al suo tralcio,

e nessuno e niente doveva strapparti a me!

Perché non volevo farti scivolar via … ancora.

Ma quando ti vidi, c’era solo un involucro che conteneva un corpo,

eri lì, ma non con la mente.

Quella volta io non volevo arrendermi,

io volevo crederci ancora

e le mie preghiere, le mie parole dedicate a te non hanno avuto risposta,

parole piene di angoscia, di colpe d’amore e di paura,

sembravano cadute nel vuoto.

Ma intanto che ti parlavo, mi liberavo di un peso.

Nel silenzio di una stanza bianca, assorta, asettica

il mio animo, così combattuto e tormentato, fino ad allora

non ha trovato la quiete che cercava.

Ho perso, ho perso ancora,

ma ancor di più ho perso una parte di me.

E disperata di nascosto ho pianto, quel pianto represso e soffocato.

Ma quel silenzio fu rotto all’improvviso da un fremito di voce leggero,

una lacrima, una lacrima sola scendeva dal tuo viso,

mi guardi e accenni ad un lieve sorriso.

Tu avevi capito!

Tu avevi compreso!

Tu avevi riconosciuto me!

E’ stato il dono più bello che potessi farmi prima d andar via,

e quel fremito di voce dolce e pacata, mi dice “Ti voglio bene”,

chiudendo gli occhi per sempre, mentre andavi via e mi lasciavi.

E quella volta, quella volta sola sei stata tu a far scivolar via … me!

Ciao mamma

Annalisa Tonnellato

Fonte: www.castedduonline.it

Giovanni Maria Scupola

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Giovanni Maria Scupola

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