Saronno: Amanti killer, un romanzo “noir”

Un quadro inquitante emergerebbe dalle intercettazioni, proviamo a ricostruire le responsabilità dei protagonisti di tutta questa assurda pagina della sanità italiana

Un cocktail di clorpromazina, midazolam, morfina, propofol e promazina riempiva le siringhe di Laura Taroni, infermiera dell’ospedale di Saronno (Varese) di 40 anni incriminata di omicidio volontario, che diligentemente somministrava per via endovenosa ai suoi pazienti secondo il “protocollo Cazzaniga” del suo amante: medico anestesista di Pronto Soccorso che sollevava tante chiacchiere quanta omertà nei corridoi del nosocomio.

Sono stati arrestati lo scorso 29 novembre i due amanti killer accusati dell’omicidio di 4 anziani pazienti portatori di malattie terminali uccisi dalle dosi letali dei farmaci tra il 2012 ed il 2013. Sì perché, l’ “Angelo della Morte”, così si faceva chiamare il dottor Leonardo Cazzaniga di 60 anni, decideva chi erano i pazienti che potevano vivere e chi invece doveva morire; questo perverso gioco stimolava in lui il delirio e la sventatezza di sentirsi “come Dio” e non faceva mistero neanche sulla sua idea di “terapia del dolore”, trascriveva accuratamente infatti, nelle cartelle cliniche, la nomenclatura e la posologia dei farmaci somministrati alle vittime, a tal punto da smuovere la preoccupazione di non pochi infermieri, due dei quali ricostruirono l’agire del “dottor Morte” davanti la direzione sanitaria dello stesso ospedale, senza però esser ascoltati.

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Stando alle indagini del nucleo operativo della Procura di Busto Arsizio (Varese), vi sono altri 15 indagati tra i quali il direttore sanitario dell’ospedale ed il direttore del reparto operativo di Pronto Soccorso, accusati di omissione di denuncia e favoreggiamento personale in merito all’attività della Commissione interna dell’Ospedale di Saronno, di cui facevano parte, che aveva valutato già nel 2013 i casi di decessi sospetti avvenuti durante i turni del medico Cazzaniga. Complici anche due medici in servizio dell’unità di Pronto Soccorso e la dottoressa Sangion: medico di un reparto specialistico per la quale il reato è di falso ideologico in atto pubblico, sospettata di aver aiutato Laura Tanioni a falsificare le analisi del sangue di suo marito.

Le vittime infatti non si annoverano solo tra le mura ospedaliere ma anche tra le mura domestiche della famiglia Guerra, del marito di Taroni. Assassinato da una lenta ed inesorabile cura fatale contro il diabete, del quale convinse di esserne malato, grazie soprattutto all’aiuto della dottoressa Sangion e di altri medici specialisti indagati che avrebbero sottoposto il marito ad accurate visite diagnosticando il “finto diabete”.

Tra loro anche un carabiniere complice. Il signor Massimo Guerra è morto a soli 46 anni e secondo la banca dati dei PM, due ore prima del funerale (il 2 luglio 2013), la Taroni trasferiva sulla sua carta di credito 2 mila euro dal conto del suocero defunto e, pochi minuti dopo la conclusione della celebrazione, sono stati registrati degli acquisti sul sito Apple per un iPhone 4s, un altro smartphone ed un iPad.

Probabilmente considerati meritati regali per essere rimasta finalmente vedova da quel marito “Sfruttatore, bastar…” che confidava essere alla sua domestica. Raccontava infatti di come il marito la costringesse a concedersi per pratiche sessuali dolorose ed umilianti oltre ad intrattenere, secondo quanto dichiara l’accusata, una relazione con la madre. “Mio marito ha meritato ciò che ha avuto!”- dichiara- e, non solo lui.

Laura Taroni odiava la sua famiglia, ci si litigava per nulla e ultimamente soprattutto per un’eredità in gioco dalla quale i parenti volevano escluderla e, pertanto, lei progettava disumane vendette.

Disprezzava il marito, il suocero (morto in ospedale mentre Cazzaniga era di turno e sulla quale morte gli investigatori stanno lavorando per la ricostruzione) e la sua stessa madre (Maria Cristina Clerici) con la quale non godeva di buoni rapporti, soprattutto dopo la notizia del suo amante; la donna non riusciva a vedere di buon occhio quella relazione, quel dottor Cazzaniga con i suoi 20 anni in più rispetto alla figlia, così troppo presente in quella casa e in quella nuova vita.

Anche la signora Clerici è morta ma per cause naturali, morte che si sta riesaminando visti i recenti fatti accaduti. Tra gli atti emerge anche la morte del cugino Davide e di uno zio morto tra i liquami dell’azienda agricola di famiglia, l’unica scomparsa a sembrare causale.

Sfuggita dal mirino la zia GabriellaPoi c’è tua zia Gabriella (…) Non è semplice (…) L’umido da noi passa solo una volta a settimana

(…) non abbiamo più neanche i maiali”.

Questa la leggerezza dei discorsi intercettati con il figlio di 11 anni che sembra già a sua volta un killer nelle varie telefonate registrate “ Non sai quanto le nostre menti omicide messe insieme siamo così geniali”; lo stesso che, non molto tempo prima, la donna aveva già tentato di eliminare dalla sua vita insieme al fratellino di 8 anni. “E dei miei figli cosa vuoi che ne faccia?” chiedeva all’amante. “Ho detto che potrei ucciderli per te. Sei l’uomo più importante del mondo” – “No i bambini no!” rispondeva lui mentre già lei li indeboliva.

Infatti dalle intercettazioni contenute nella richiesta di arresto, emerge come la donna e l’amante incitassero il figlio più grande a prendere una pasticca e delle gocce e di come il bambino confuso ne chiedesse la ragione. “Prima la pastiglia e poi le gocce“, dice la Taroni e lui chiede: “Pure le gocce?“. Cazzaniga risponde: “Eh sì. La pastiglia ormai tu sei assuefatto (…)”. Il bimbo, la mattina seguente, chiede alla madre di dargli meno farmaci: “Stamattina non riuscivo nemmeno ad alzarmi dal letto, potresti fare meno gocce?“. Emerge anche il proposito di uccidere un altro cugino acquisito di lei giudicato colpevole perché “Ancora si fa mantenere dalla ex moglie” dichiarano gli inquirenti “Se un giorno venisse giù in ospedale da noi…Trac!” estrapolando un’altra intercettazione. 4 hard disk sono pieni di dati, intercettazioni e varie notizie sul caso che dovranno essere analizzate dai magistrati.

Quasi parallelamente si svolge invece, la storia della dottoressa Sangion, complice della donna per aver falsificato le analisi del marito che, a causa della notifica dell’interrogatorio fissato l’11 giugno 2015, si sfoga al telefono con il primario Nicola Scoppetta per il quale il gip ha negato i domiciliari, al momento “Se io il 24 settembre però non ho un lavoro, io faccio scoppiare un casino! E ho le carte in mano per farlo scoppiare davvero perché adesso sono veramente stanca di essere presa per il c…”.

Pretesto della collera è la scoperta che il suo nome sia stato cancellato dalla turnista ospedaliera per i mesi successivi a causa del suo contratto ormai già in scadenza. La storia è raccontata nella richiesta di misure cautelari firmata dai magistrati Maria Cristina Ria e Gian Luigi Fontana.

Quando la dottoressa riceve l’avviso di garanzia, il primario Nicola Scoppetta suggerisce la linea difensiva da tenere durante l’interrogatorio “Succede che si faccia una cortesia a un collega e quindi si faccia degli esami al marito anche se non è presente”. Ma la donna colta dalla paura di ripercussioni sulla sua persona e sulla propria carriera, dichiara che se i suoi colleghi non l’aiuteranno a tirarsi fuori avviserà “I parenti dei pazienti morti che un medico del reparto li ha ammazzati!”. Con un colpo di coda, due giorni prima l’azienda si muove e la rassicura.

Il direttore Paolo Valentini le dichiara la volontà di assumerla nuovamente in servizio e così, il primario Scoppetta subito dopo il colloquio le telefona “Stiamo preparando il bando di concorso per rinnovarti l’incarico”. Ma il tempo scorre inesorabile sulla tensione della dottoressa che il 21 agosto ritorna all’attacco. Frettolosamente ad ottobre viene organizzato un concorso ad hoc, e lei finalmente viene assunta. Il tutto per preservare il nome dell’ospedale e mettere a tacere tensioni e sospetti.

A seguito dell’arresto della coppia, molti parenti che hanno subito la perdita di un loro caro si sono mossi per denunciare “morti sospette” e le cartelle cliniche sequestrate sono 80 e le indagini continuano ad ampliarsi mentre è stato appurato che non sono stati registrati altri casi di omicidio successivi al maggio 2014.

Sono sconvolta, – dichiara il ministro della salute Beatrice Lorenzin – come tutti; sentendo le intercettazioni sembra di essere dentro il film ‘Natural born killer’ che rappresenta gli spaccati del male. La Procura della Repubblica accerterà le responsabilità, e poi sarà cura anche della Regione capire se sarà necessario procedere con ulteriori azioni verso l’ospedale. (…) E’ fuori da ogni immaginazione che possano accadere cose simili dentro un ospedale. Da parte nostra abbiamo chiesto informazioni e dei tecnici del ministero stanno valutando, considerando che il tipo di reato rientra più nelle funzioni della Procura poiché non si tratta di malasanità, ma di un caso di cronaca nera”.

Assunta Scozzafava

Foto: milano.corriere.it

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