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“Risveglio dell’udito” in due bambini con profonda sordità: merito di una nuova terapia genica

Un “risveglio dell’udito”. Così Jonathon Whitton, direttore esecutivo e responsabile del programma globale uditivo di Regeneron, ha chiamato l’effetto della terapia genica Db-Oto, sviluppata dall’azienda per i pazienti con perdita profonda dell’udito a causa di mutazioni del gene otoferlina. La terapia è attualmente in una sperimentazione di fase 1/2 chiamata Chord ed è stata somministrata ai primi due bambini. I dati preliminari sono stati presentati in occasione dell’American Society of Gene and Cell Therapy (Asgct) di Baltimora.

“L’opportunità di fornire l’intera complessità e lo spettro del suono nei bambini nati con una profonda sordità genetica è un fenomeno che non mi aspettavo di vedere nella mia vita – ha affermato Lawrence R. Lustig, presidente del Dipartimento di Otorinolaringoiatria della Columbia University -. Siamo entusiasti di vedere come questo si tradurrà nello sviluppo di un individuo, soprattutto perché un intervento precoce è associato a risultati migliori per lo sviluppo del linguaggio. Con lo studio Chord che sta arruolando negli Stati Uniti e in Europa, facciamo comincia una nuova era di ricerca sulla terapia genica per la sordità genetica profonda”.

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Db-Oto è una terapia genica che sfrutta i vettori virali Aav, cellula-selettiva per bambini con perdita dell’udito derivante da una mutazione del gene dell’otoferlina. È arrivata a Regeneron attraverso l’acquisizione da 109 milioni di dollari di Decibel lo scorso anno. Le due aziende hanno lavorato insieme strettamente su DB-OTO dal 2017.

La proteina otoferlina è espressa nelle cellule ciliate sensoriali dell’orecchio, che hanno piccole ciglia che si muovono quando arrivano le vibrazioni nell’orecchio. Queste cellule aiutano a trasmettere le informazioni dall’orecchio al cervello. I bambini nati con questo tipo di perdita uditiva genetica hanno le cellule ciliate e possono rilevare il segnale che arriva nell’orecchio, ma non riescono a trasmettere quel messaggio dall’orecchio al cervello, perché l’otoferlina ha un ruolo fondamentale nella comunicazione.

La terapia genica ha quindi il compito di trasportare il cDNA che esprime la proteina nelle cellule ciliate che ne sono prive. La sua applicazione mima la procedura usata comunemente per installare gli impianti cocleari, il che faciliterà anche il lavoro degli otorinolaringoiatri che sono già familiari con il processo. Il disegno dello studio precede che i piccoli pazienti arruolati nel trial ricevano un impianto cocleare in un orecchio e la terapia genica DB-OTO nell’altro.

A seguire saranno poi sottoposti a numerosi test uditivi e cerebrali dopo il trattamento, con un focus sui toni necessari per il linguaggio. I dati preliminari presentati all’Asgct hanno mostrato come dopo tre settimane, il primo paziente iscritto allo studio, di otto mesi, ha iniziato a rispondere ai suoni e, dopo sei mesi, a suoni significativi. Alla settimana 24, il paziente poteva udire suoni quando l’impianto cocleare nell’altro orecchio era spento. Attualmente continua a progredire e l’uso dell’impianto si è ridotto.

Un secondo paziente di quattro anni ha mostrato miglioramenti alle settimane 4 e 6 a tutte le frequenze testate, simili a quanto osservato con il primo paziente. Entrambi hanno tollerato bene Db-Oto, con il primo paziente che ha avuto comuni malattie respiratorie infantili durante il periodo di test, inclusa un’infezione all’orecchio, che si è risolta con le cure standard.

Un’altra scoperta chiave è stata che la famiglia del primo bambino ha riferito che la voce del paziente è meno “stridula” quando l’impianto cocleare non è in uso. Un indizio secondo Whitton che Db-Oto potrebbe ripristinare l’udito in modo più naturale rispetto agli impianti cocleari. Questi stimolano direttamente il nervo uditivo saltando completamente l’orecchio inviando così i messaggi direttamente al cervello. Il suono percepito quindi risulta molto meno naturale come hanno spiegato gli adulti che hanno ricevuto i dispositivi in età più avanzata che richiede del tempo per essere imparato.

Regeneron non sa ancora quanto durerà l’effetto, ma sono stati fatti “rigorosi” test preclinici per avere un’idea della durata. Poiché quelle cellule ciliate target dalla terapia genica non si rinnovano durante la vita di una persona, secondo Regeneron l’effetto dovrebbe persistere una volta ripristinato. Toccherà ai trial clinici confermare se l’ipotesi è corretta.

Redazione Nurse Times

Fonte: About Pharma

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