Salute Mentale

Psichiatra e infermiera minacciate con pistola: tragedia sfiorata a Napoli

Pistola puntata contro una psichiatra al Centro salute mentale di Secondigliano. Gli psichiatri: “Non è la legge Basaglia Orsini da cambiarem ma il codice penale”. Il disturbo antisociale di personalità è un profilo dei criminali.

Pistola alla mano, minaccia una psichiatra. Sfiorata a Napoli un’altra tragedia come quella dei Barbara Capovani. Martedì sera, intorno alle 19:30, al Centro di Salute mentale di Secondigliano, un paziente psichiatrico ha minacciato una dottoressa e un’infermiera con un’arma da fuoco. I sanitari sono riusciti a mettersi al riparo scappando al piano superiore. Tempestivo e risolutivo l’intervento della volante della Polizia di Stato, che ha messo la situazione in sicurezza.  

“Anche nel corso del trasporto verso l’Ospedale del Mare – avverte Ciro Verdoliva, direttore della Asl Napoli – il paziente ha tenuto atteggiamenti di grave molestia nei confronti della psichiatra”. I direttori delle Unità di Salute mentale di Napoli, unitamente al direttore del Dipartimento di Salute mentale, si riuniranno stamattina al Centro di Salute mentale dì Secondigliano per esprimere sostegno alla collega e fare il punto della situazione. Un avvocato penalista della Asl è a disposizione per sporgere querela di parte. La Asl è pronta a costituirsi parte civile. 

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E per rimettere la Salute mentale al centro dell’agenda politica del Paese le Istituzioni incontrano oggi a Roma i dipartimenti di salute mentale di tutta Italia per trovare soluzioni a problemi non più procrastinabili, dopo il terribile omicidio della Capovani. 

L’evento romano, organizzato dal Coordinamento nazionale dei direttori dei dipartimenti di salute mentale italiani e da Motore Sanità (con il contributo non condizionato di Angelini Pharma, Otsuka, Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson), in programma all’Hotel Nazionale (Sala Capranichetta), vuole aprire il dialogo tra psichiatri, neuropsichiatri infantili, psicologi e medici delle dipendenze, i rappresentanti delle società scientifiche, delle categorie professionali e degli altri ambiti sanitari dell’emergenza.

In Italia, specialmente dopo la pandemia, nonostante cresca continuamente il numero delle persone che presentano un disturbo mentale grave (soprattutto adolescenti), i dipartimenti di salute mentale sono allo stremo e non riescono più a garantire i Lea.

“La presa in carico di un paziente grave necessita di continuità, prossimità e di un’equipe multidisciplinare che nessun privato può o vuole offrire – sottolinea Giuseppe Ducci, direttore Dsm Asl Roma 1 -. Ma le risorse di personale sono ben lontane dagli standard di Agenas recentemente pubblicati e il finanziamento dei Dsm è molto al di sotto della quota del 5%del Fsn indicata dai presidenti delle Regioni nel 2001”.

Pare urgente cambiare il Codice penale, per la drastica riduzione della non imputabilità e per riportare i servizi per la salute mentale ai compiti di prevenzione, cura e riabilitazione, lasciando alla giustizia i compiti di custodia.

“Occorre una forte integrazione con l’area di dipendenze e la continuità con la neuropsichiatria infantile – aggiunge Michele Sanza, direttore del Dipartimento di Salute mentale e dipendenze patologiche di Forlì-Cesena, a nome del board di 100 dipartimenti di salute mentale italiani -. I nuovi bisogni sono caratterizzati da frequentissime comorbilità tra disturbi psichici e uso di sostanze. Quadri clinici ove prevalgono la disregolazione emotiva e l’impulsività. Necessario sviluppare strategie di prevenzione in collaborazione con le scuole e intercettare precocemente i disturbi”.

Aggiunge Sanza: “La questione della violenza nelle sindromi psichiatriche deve essere trattata con equilibrio. Le persone affette da disturbi psichici sono più spesso vittima che non autori di reati. I reati subiti dai pazienti psichiatrici sono quattro volte più numerosi quelli da loro commessi. Parte significativa di quei reati  che nel nostro ordinamento giuridico, creano il presupposto della non imputabilità, parziale o totale,  sono stati piuttosto commessi da persone alle quali è stato al massimo riconosciuto una diagnosi di “disturbo antisociale di personalità”.

E ancora: “E’ ora di disconoscere questa sindrome come sindrome psichiatrica e di restituirle il suo contenuto più appropriato di specifico profilo criminale, per il quale non sussistono presidi medici idonei né di tipo farmacologico e né di tipo psicoterapeutico”.

“La Salute mentale non è una questione ideologica – conclude Claudio Zanon, direttore scientifico di Motore Sanità, che nel lontano 1974 ha partecipato a una ricerca sul campo sulla malattia mentale e i manicomi -. La cosiddetta Legge Basaglia fu elaborata da un gruppo con relatore Bruno Orsini, democristiano, medico e sottosegretario, che mediò tra posizioni estreme e portò all’approvazione di tutti i partiti una legge che ridiede diritti e dignità ai pazienti, e permise una chiusura progressiva e ventennale dei manicomi terminata dall’allora ministro Rosi Bindi”.

Prosegue Zanon: “Basaglia, contrario all’inizio, la riconobbe in seguito come la migliore legge possibile. L’attuale scenario epidemiologico è completamente diverso da quello di 50 fa. Emergono con forza bisogni di cura legati alla problematicità dell’adolescenza e dell’ingresso nella vita adulta, con manifestazioni psicopatologiche di tipo comportamentale inerenti la sfera della regolazione delle emozioni. Appartengono a questa vera e propria ondata, aggravata dalla pandemia, i tentativi di suicidio, l’autolesionismo, i disturbi del comportamento alimentare, i disturbi di personalità borderline. La comorbidità con l’abuso di sostanze ha modificato il decorso anche delle patologie tradizionali”.

Redazione Nurse Times

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