Polmonite da Covid-19: anakinra migliora i risultati clinici nei pazienti

Lo studio degli sperimentatori SAVE-MORE ha valutato l’effetto di anakinra su pazienti affetti da COVID-19 con polmonite da moderata a severa. L’uso precoce e mirato di anakinra, in aggiunta agli attuali standard di cura nei pazienti ospedalizzati con prognosi sfavorevole. Inoltre, ha ridotto la mortalità e la progressione verso una grave insufficienza respiratoria, aumentando al tempo stesso il numero di pazienti dimessi dall’ospedale in assenza di infezione da COVID-19.

A renderlo noto è stato lo Swedish Orphan Biovitrum assieme all’Istituto Ellenico per lo Studio della Sepsi.

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SAVE-MORE: di cosa si tratta

SAVE-MORE è un ampio studio controllato randomizzato su oltre 600 pazienti ospedalizzati, che identifica specificatamente quelli a rischio di grave insufficienza respiratoria mediante la misurazione di livelli elevati di suPAR (recettore dell’attivatore del plasminogeno urochinasi solubile), un biomarcatore plasmatico che riflette l’attivazione immunitaria ed è stato in precedenza associato a prognosi sfavorevole in una serie di condizioni.

Lo studio è guidato dal Presidente e Chairman Evangelos Giamarellos-Bourboulis, Professore di Medicina Interna e Malattie Infettive presso l’Università Nazionale Capodistriana di Atene, Presidente della European Shock Society e Chairman dell’European Sepsis Alliance. Sobi intende discutere questi risultati con le Autorità Regolatorie per valutare la possibilità di approvazione.

L’analisi dell’endpoint primario, la scala ordinale comparativa a 11 punti (CPS)[i] di progressione clinica dell’OMS, al giorno 28 ha dimostrato un miglioramento significativo nei pazienti che ricevevano il trattamento standard di cura più anakinra, rispetto ai pazienti che ricevevano lo standard di cura più placebo (Odds Ratio 0,36, p <0,001). È diminuito il numero di pazienti deceduti o in progressione verso una grave insufficienza respiratoria, ed è stato rilevato un aumento del numero di pazienti dimessi dall’ospedale senza evidenza di infezione da COVID-19. Questi cambiamenti erano evidenti al giorno 14 (Odds Ratio 0,59, p = 0,001).

“Si tratta del primo studio nel quale si valutano i pazienti chiaramente identificati come popolazione a rischio prima del ricovero in terapia intensiva (ICU). I risultati sono incoraggianti e rappresentano un passo avanti nel trattamento e nella prevenzione della progressione verso condizioni più critiche” ha dichiarato il Prof. Giammerellos-Bourboulis. “I miei ringraziamenti vanno ai tanti pazienti e medici che hanno dato il loro contributo in Italia e in Grecia”.

“Siamo lieti che anakinra sia riuscito a dimostrare un beneficio significativo rispetto allo standard terapeutico in un’ampia gamma di risultati clinici” ha affermato Guido Oelkers, CEO di Sobi. “Vorrei congratularmi con il professor Giamarellos-Bourboulis e i suoi collaboratori per il lavoro così significativo svolto in condizioni difficili e in tempi stretti”.

“Anakinra è un antagonista del recettore dell’interleuchina-1 che ha già dimostrato efficacia nello spegnere la tempesta citochinica tipica del Coronavirus. Avere il supporto diagnostico di un biomarcatore è senza dubbio un ulteriore valore aggiunto testimoniato dai risultati di SAVE-MORE”, ha affermato Emanuele Nicastri, Infettivologo e Direttore Divisione Malattie Infettive dell’Istituto Spallanzani di Roma, Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico di riferimento nazionale per l’epidemia di SARS-CoV-2 in Italia e Centro Coordinatore Italiano dello studio. “Consente infatti di capire precocemente se la terapia può essere efficace per quel singolo paziente, adattandola alle sue caratteristiche, e riducendo la possibilità di peggioramento delle funzioni respiratorie”.

Oltre all’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, gli altri centri italiani inclusi nello studio sono: il Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma, l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e l’IRCCS Humanitas, l’Azienda Socio Sanitaria Territoriale degli Spedali Civili di Brescia, l’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (VR), l’Ospedale di Jesolo e l’Ospedale Policlinico San Martino IRCCS di Genova.

“È evidente che sussistono notevoli esigenze mediche per le quali non è ancora stata trovata una risposta nel trattamento del COVID-19”, sostiene Ravi Rao, Responsabile Ricerca & Sviluppo e Direttore Medico di Sobi. “Questi importanti risultati giungono in un momento critico e intendiamo continuare il nostro dialogo in corso con EMA in collaborazione con il Professor Giamarellos-Bourboulis”.

Fonte: pharmastar.it

Cristiana Toscano

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