In ambito sanitario, la prima riforma epocale è stata introdotta con la Legge n. 833 del 1978, che in Italia ha sancito la nascita del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), ispirato al National Health Service britannico.
In ambito sanitario, la prima riforma epocale è stata introdotta con la Legge n. 833 del 1978, che in Italia ha sancito la nascita del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), ispirato al National Health Service britannico.Il SSN è il complesso delle funzioni e delle attività assistenziali svolte dai servizi sanitari regionali, dagli enti e istituzioni di rilievo nazionale e dello Stato volte a garantire la tutela della salute come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività, nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, garantendo l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini.
Dal 1978 si arriva alla seconda importante riforma sanitaria è nota come Legge n. 502 del 1992, il cui scopo principale era la trasformazione delle ex USSL e degli Ospedali in Aziende che dovevano rispondere a precisi obiettivi, quali tenere sotto controllo i costi e rendere sostenibile il sistema sanitario nel suo complesso. Compare per la prima volta il tema del socio assistenziale, superando la visione della salute solo come erogazione di prestazioni ospedaliere o di specialistica ambulatoriale.
Pochi anni dopo, nel 1999, viene approvata una ulteriore modifica della sanità: il D.Lgs. 229/99 nota come la Legge Bindi. Oltre che per l’introduzione del rapporto di esclusività dei medici, crea il presupposto per dare un ruolo ai comuni nella gestione dei bisogni sociosanitari e segue la traccia precedente completando il sistema di aziendalizzazione e di regionalizzazione della sanità. Processo che si è completato con la riforma costituzionale del 2001. Il sistema socio sanitario integrato nasce, di fatto e come diretta conseguenza della Legge Bindi solo nel 2000, con la Legge 328 che costituisce il caposaldo delle politiche di integrazione socio-sanitaria.
Il sistema lombardo
Frutto di quel lungo percorso che ha portato alla regionalizzazione della sanità è la L. 31/97 successivamente riformata con la L. 33/09. La libertà di scelta del cittadino, uno dei cardini della riforma, spingeva le aziende sanitarie a farsi concorrenza, migliorare la loro perfomance sia in termini di qualità dell’offerta che di sostenibilità economica. La separazione tra erogatori e programmatori, seppure in forma parziale, era probabilmente l’elemento più distintivo del sistema lombardo.
Con la L.R. del 2015 la separazione delle funzioni diviene pressoché completa. I tre attori principali del sistema prima della citata riforma erano: gli ospedali, le ASL e i Comuni. Un sistema a contenitori rigidi con osmosi non ottimale tra il settore sanitario, sociosanitario (entrambi pagati dal SSR) e quello dei comuni. Il percorso di presa in carico vedeva l’ospedale in larga parte come segnalatore dei pazienti intercettati durante i ricoveri per un evento acuto o per cronici ad elevata complessità sanitaria poi seguiti nei servizi ambulatoriali o trasferiti nei reparti di riabilitazione. Per la soluzione di eventuali bisogni successivi venivano attivati le ASL, i comuni o direttamente gli utenti.
Nel frattempo, dal 2004, si assisteva ad una progressiva riduzione dei posti letto, facendo riferimento a diversi atti normativi. Si è giunti così per gradi alla Legge 23 dell’agosto 2015, con una dote rappresentata dalle iniziative che negli ultimi 10 anni la Regione Lombardia aveva assunto. Il percorso ha preso avvio e nel dicembre 2015 si è aggiunta la DGR 4662, ovvero le linee guida per la gestione delle cronicità. La L.R 11 agosto 2015 n. 23, non ha la portata riformatrice che aveva avuto la L. 33/09 e, non a caso, è stata chiamata evoluzione del sistema socio-sanitario Lombardo.
I soggetti del nuovo welfare sono i seguenti:
I punti salienti della riforma possono essere così schematizzati:
Il modello organizzativo voluto dalla L.R. 23/15 discende dalla necessità di garantire all’assistito un percorso di continuità. Il modello di presa in carico proposto dalla X legislatura prevede le seguenti fasi di presa in carico:
Quanto descritto all’interno delle L.R. 23/2015 è sostanzialmente orientato alla costruzione di modelli di efficacy per la presa in carico del paziente rendendola strutturale, sistematica, tracciabile e monitorabile sia ai fini qualitativi che economici. Su questa impalcatura di processo, nelle diverse filiere operative, possono cambiare gli attori in gioco per ognuno dei nodi del processo che però è unico.
Per rendere attuativo il modello di presa in carico voluto dalla L.R. 23/15, Regione Lombardia ha emanato:
Piano nazionale della cronicità:
A causa del miglioramento della qualità della vita e il conseguente innalzamento dell’età media, nei paesi avanzati circa un terzo della popolazione soffre oggi di patologie croniche, la cura delle quali assorbe oltre il 70% delle risorse sanitarie.
L’evoluzione demografica, sociale ed epidemiologica in atto ha spinto il Sistema lombardo verso un ripensamento del modello sanitario che pone il paziente al centro, generando una serie di ricadute positive sulla sua presa in carico:
Per garantire una buona gestione della cronicità e promuovere interventi basati sull’unitarietà di approccio, centrati sulla persona e orientati a una migliore organizzazione dei servizi e a una piena responsabilizzazione degli attori, è tuttavia necessario monitorare 4 aspetti:
1. Reclutamento precoce
2. Set di riferimento
Prestazioni correlate ai bisogni espressi da almeno il 5% dei soggetti di ogni patologia e per livello di complessità della stessa. Il soggetto erogatore deve garantire, per queste prestazioni, l’erogazione nei modi e nei tempi stabiliti nel piano di assistenza individuale (PAI), che diventa lo strumento clinico-organizzativo di «presa in carico» del paziente permettendo la:
3. Integrazione della filiera professionale
Introduzione della figura dell’Ente Gestore che è il titolare della presa in carico ed è la figura individuata per garantire il coordinamento e l’integrazione tra i differenti livelli di cura ed i vari attori.
4. Controllo della compliance
Con la riforma sulla cronicità, nessuno paziente dovrà più in teoria preoccuparsi di prenotare gli esami necessari a tenere sotto controllo la malattia, ricordarsi le date dei controlli, fare salti mortali per fissare una visita specialistica: a tutto ciò — come spiegato più volte dal Corriere — deve pensare un tutor, che tecnicamente viene chiamato «gestore», perché si occuperà in toto del percorso di cura.
Ma in che modo? In Lombardia oggi i pazienti cronici vengono classificati secondo 5 livelli (1 il più grave mentre il 5 riguarda i soggetti che non usano i servizi e sono solo “potenziali pazienti”. I pazienti cronici sono dunque solo quelli appartenenti ai livelli 1, 2 e 3.
Il livello 1, quello più complesso viene definito come nella delibera in questo modo: «fragilità clinica e/o funzionale con bisogni prevalenti di tipo ospedaliero, residenziale, assistenziale a domicilio».
I pazienti di livello 2 sono invece definiti come cronicità poli patologica con prevalenti bisogni extra-ospedalieri, ad alta richiesta di accessi ambulatoriali integrati/frequent users e fragilità sociosanitarie di grado moderato.
Il livello 3 riguarda il paziente con una cronicità iniziale prevalentemente monopatologica.
Il livello 4 è composto da soggetti “non cronici” che usano i servizi in modo sporadico (prime visite/accessi ambulatoriali veri).
A queste quattro categorie se ne aggiunge una 5°, che è quella degli utilizzatori solo potenziali.
Il supporto della Banca dati assistito (Bda), sarà in grado di mappare i consumi dei pazienti suddivisi per patologie, stimando che verranno “clusterizzati” per il livello 1, 50.000 pazienti in Lombardia, per il livello 2 un milione e trecentomila e per il livello 3 un milione e novecento mila. Il percorso prenderà avvio in modo graduale a partire da cluster di pazienti che, anche in base ai consumi di prestazioni sanitarie e sociosanitarie effettuati, risultano essere affetti da patologie croniche o in condizioni di fragilità da almeno due anni.
Perché scegliere il nuovo modello di presa in carico?
Con il nuovo modello, Regione Lombardia garantisce al cittadino affetto da patologie croniche un migliore accesso alle cure, un’assistenza sanitaria e sociosanitaria continuativa per fornire in questo modo una risposta semplice ad una complessa domanda di cure integrate.
L’adesione al nuovo percorso consente al paziente:
A partire dal 2018 verranno inviate lettere ai pazienti cronici a i quali verrà chiesto se desiderano aderire o meno al nuovo modello di presa in carico. Gli assistiti, dopo la scelta del gestore, stipuleranno con quest’ultimo il Patto di cura e il Piano di assistenza individualizzato (Pai). Così inizierà il percorso di cura senza che debbano più preoccuparsi di prenotare visite o esami, o ricorrere ai Pronto soccorso durante i giorni festivi, perché il proprio medico non si trova».
La riforma consente dunque al MMG di mantenere un ruolo fondamentale nella presa in carico del paziente cronico, in collaborazione con altri soggetti gestori:
Nello specifico il MMG nella presa in carico del paziente cronico può rivestire i seguenti ruoli:
Il gestore diretto:
Forme associative di MMG/PLS dotate di personalità giuridica (es. società di servizio, cooperative..) che possono presentare la propria manifestazione di interesse all’ATS per assumere il ruolo di gestore dei propri assistiti cronici.
Il gestore:
Il co‐gestore:
MMG che collabora con altri soggetti gestori. Il co-gestore garantisce direttamente alcune prestazioni, tra le quali la definizione del PAI e la sottoscrizione, insieme al Gestore, del Patto di Cura con il paziente.
Ruolo del co-gestore:
MMG che non partecipa alla presa in carico:
Riceve dal Gestore i PAI dei propri assistiti per la condivisione informativa ed esprime parere entro 15 giorni limitatamente al set di riferimento. Rimangono di sua competenza le prescrizioni non correlate ai set di riferimento relativi alle patologie croniche.
Se il gestore non è il MMG:
trattasi di Titolare della presa in carico del paziente, garantisce il coordinamento e l’integrazione tra i differenti livelli di cura ed i vari attori. E’ l’erogatore di prestazioni sanitarie o sociosanitarie accreditato e a contratto con il SSL oppure un soggetto del sistema delle cure primarie.
Le funzioni del gestore:
La figura del case manager svolge funzione di coordinamento di natura gestionale ed organizzativa sulle attività assistenziali e garantisce la continuità del percorso. Si tratta della figura di riferimento per il paziente e la sua famiglia.
La figura degli erogatori:
Per gli erogatori la DGR 6551 delinea differenti posizionamenti possibili:
Due possibili fattispecie per gli erogatori:
Remunerazione del gestore:
35 euro pazienti livello 3 – 40 euro pazienti livello 2 – 45 euro pazienti livello 1. Tali importi, da erogare per ogni paziente con patto di cura e con PAI, servono a remunerare le funzioni di accompagnamento del paziente alla presa in carico.
Remunerazione MMG co-gestore:
Importo non superiore a 10 euro da detrarre dalla remunerazione del gestore.
Gli strumenti di supporto nella rete di offerta
Le funzioni di supporto possono classificarsi in due macro ambiti:
Figure professionali di supporto nella presa in carico: personale infermieristico, assistenti sociali e sanitari, personale amministrativo.
Morena Allovisio
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