Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa a firma di Cesare Hoffer (foto), coordinatore provinciale del sindacato.
Alcune problematiche apparse in questi giorni sulla stampa locale riguardano da vicino il comparto sanità pubblica e i suoi professionisti. Partiamo da un dato: circa 200 infermieri trentini hanno scelto di lavorare all’estero, perché in quelle realtà la loro figura è maggiormente considerata dal punto di vista professionale e sociale. Per non parlare poi della maggior retribuzione, quello del riconoscimento economico è un ambito nel quale noi ci collochiamo al terz’ultimo posto in Europa, assimilati a Grecia e Ungheria.
Eppure i nostri professionisti, che da anni si laureano nell’ambito universitario e hanno percorsi avanzati di studio (master, laurea magistrale, dottorati di ricerca, ecc.) sono stimati e riconosciuti in tutta l’Europa, per competenze e capacità relazionali, e il Trentino, nell’ottica di una collocazione mitteleuropea, dovrebbe sempre più guardare alle realtà estere più evolute, come ad esempio a quella inglese, svizzera, americana.
Ed invece gli stipendi ed i percorsi di carriera da noi sono ancora arretrati, e rispetto in particolare alle realtà nordiche la conciliazione vita familiare-lavoro è più difficoltosa e dev’essere quindi implementata a dovere. La presenza poi di infermieri sul territorio del Trentino è inferiore alla media delle altre nazioni: ne abbiamo 7,5 per 1.000 abitanti, a fronte dei 9 presenti mediamente nei Paesi europei, con punte di 12 in quelli più evoluti e che dovrebbero essere per noi un modello.
Il fenomeno della carenza di professionisti sanitari è ora particolarmente sentito nelle valli del trentino, dove pochi giovani ormai scelgono di intraprendere le nostre professioni e ancora meno decidono di andarci a lavorare, con conseguente e costante depauperamento di professionisti e competenze, con l’aggravante dell’età elevata del personale attualmente in servizio (oltre i 50 anni). Questo fenomeno porta sempre più ad una costante contrazione dei servizi erogati, costringendo la popolazione delle valli a rivolgersi sempre di più alle realtà di Trento e Rovereto, già abbondantemente sovraccaricate di lavoro e complessità assistenziali.
Le cause peculiari di questa situazione? Oltre al mancato riconoscimento economico, ci sono problematiche di carattere generale, come ad esempio il caro affitti e l’estrema difficoltà di trovare un appartamento, una minor possibilità di avere una socializzazione e servizi fruibili per l’infanzia. Inoltre molti professionisti scelgono Trento e Rovereto per la maggior possibilità di carriera.
A questo punto, se veramente vogliamo attrarre infermieri e professionisti sanitari del comparto, dobbiamo cambiare completamente ottica e iniziare a dare una risposta che agevoli anche il loro nucleo familiare. Una sorta di presa in carico globale, che preveda lo sviluppo di un’adeguata politica di benefit, con il coinvolgimento di tutti i soggetti politico-istituzionali. Ormai dobbiamo competere con un sistema globale di mobilità dei professionisti, e pertanto bisogna dotarsi di adeguati strumenti per non essere perdenti.
Vogliamo fare turismo ad alto livello? Bene, garantiamo però, nel contempo, anche un’adeguata qualità assistenziale a cittadini e turisti! E non basterà destinare i fondi del Pnrr a costruire nuovi ospedali di comunità e case della salute, che rischiano di restare cattedrali nel deserto, se non avremo un adeguato numero di professionisti sanitari che ci andranno a lavorare. Come si riuscirà poi ad attivare i nuovi posti letto ospedalieri sub-intensivi preannunciati dalla Giunta, senza avere il personale necessario? Ecco perchè sarà fondamentale destinare parte dei fondi Pnrr alla valorizzazione del capitale umano, per trattenerlo e attrarne poi di nuovo, prevedendo nel contempo adeguati stanziamenti economici in assestamento di bilancio.
Ulteriori interventi da adottare saranno quelli di aumentare il riconoscimento economico previsto per le prestazioni aggiuntive rese su base volontaria e per il rientro dal riposo. Ormai indifferibile l’attivazione della libera professione extramoenia per le nostre professioni, poiché prevista dal Decreto Milleproroghe. E’ necessario sperimentare nuovi modelli ed essere innovativi, in un sistema sanitario in forte evoluzione e scosso duramente dalla pandemia. Particolare attenzione dovrà essere riservata all’attivazione dell’infermiere di famiglia e comunità, con la definizione delle specifiche funzioni e il relativo riconoscimento economico, cosa non ancora avvenuta, nonostante le nostre proposte.
Abbiamo pertanto sollecitato l’assessora Segnana e il direttore generale, dott. Ferro, a riprendere i lavori del tavolo sindacale sull’attrattività. Bisogna agire celermente, fissare priorità, obiettivi, individuare risorse economiche specificamente destinate alla valorizzazione dei nostri professionisti, migliorandone nel contempo le condizioni di lavoro. La situazione è grave: nei prossimi anni 1.000 infermieri trentini andranno in pensione, con una popolazione trentina sempre più vecchia e bisognosa di cure assistenziali. Il dato che emerge a livello nazionale è sempre più preoccupante: solo il 90% dei posti in università vengono coperti per la formazione dei nuovi infermieri, e quindi rendere attrattive le nostre professioni deve diventare un imperativo. Non perdiamo altro tempo!
Redazione Nurse Times
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