Ricercatori dell’Università del Salento hanno capito come scoprire il rischio di sviluppare questo diffuso tumore.
Un giornale internazionale (Sensors & Actuators, B: Chemical) che si occupa di microsistemi analitici nonché di sensori e attuatori chimici e biologici ha pubblicato un articolo intitolato The MC1R Single Nucleotide Polymorphisms identification by DNA-microarray on miniaturized silicon chip. Tra gli autori (Salvatore Petralia, Emanuele Sciuto, Michele Maffia, Antonella Romanini e Sabrina Conoci) c’è una ricercatrice, Antonella Vigilanza, che su questo tema ha svolto tre anni di dottorato di ricerca all’Università del Salento.
Questa pubblicazione rappresenta la parte ingegneristica del lavoro (altri ne verranno) frutto delle sinergie coltivate tra ISBEM, Università e Azienda Ospedaliera Santa Chiara di Pisa, Università del Salento, Asl, professionisti vari e aziende. Ispiratrice dell’impresa è stata l’oncologa pisana Antonella Romanini, esperta di melanomi, sarcomi e tumori rari, coordinatrice dell’Associazione Contro il Melanoma (ACM). Il Protocollo scritto dalla dottoranda per migliorare la diagnosi e la prevenzione del melanoma è stato approvato dai Comitati etici di Lecce e di Pisa, a cui fu sottoposto nel 2016.
Le buone pratiche e le linee guida del melanoma indicano chiaramente la necessità di effettuare screening della popolazione a rischio. Tuttavia ampie fasce di soggetti non vengono reclutati, a torto, pur avendo le mutazioni del gene MC1R, perché soggetti dalla pelle scura che viene considerata una protezione dal rischio di melanoma.
Una volta approvato, il protocollo ha avuto varie fasi:
La tecnologia microarray (microchip) è un pilastro della medicina personalizzata e molecolare del futuro: identifica malattie genetiche complesse, analizza i microorganismi patogeni e l’espressione differenziale dei vari geni, tipizza le mutazioni e le sostanze tossiche, identifica e attribuisce la funzione dei vari geni e delle varianti. Infine, aiuta a progettare nuovi farmaci e nuovi vaccini.
In tre anni sono stati analizzati i campioni raccolti durante lo screening, in parte dei 473 soggetti reclutati, con un ampio spettro di età che va dai 18 ai 75 anni. Fra gli adulti ha funzionato il passaparola, ma lo screening ha avuto maggior risonanza fra i più giovani, grazie all’uso dei canali social di diffusione (internet, locandine, etc.), con una maggior risposta nelle donne (55% ) che negli uomini (45%). Finora, grazie a questo studio, sono stati individuati in modo precoce 2 casi di melanoma, uno iniziale e uno in stadio IV, entrambi trattati e asportati con successo.
Da tale esempio “periferico” di medicina moderna, personalizzata e genetica, si possono trarre delle conclusioni:
Redazione Nurse Times
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