Questa proprio ci mancava, tra le varie aggressioni, stranezze e nefandezze che si susseguono quotidianamente nei pronto soccorso italiani: una collega infermiera, che presta servizio presso l’ospedale di Asola (Mantova), è stata presa a calci da un ‘chierichetto’ 37enne… sì, avete capito bene: un chierichetto 37enne. Ma andiamo in ordine e raccontiamo dall’inizio questa assurda vicenda.
È giovedì 23 giugno. Carmine B. (niente cognome, a tutela della ex compagna e del figlio piccolo), un operaio 37enne disoccupato che vive nel mantovano, ad un certo punto della sua vita, non si sa bene per quale motivo, decide di entrare in chiesa, di intrufolarsi in sacrestia e di vestirsi da chierichetto. Vocazione? Un improvviso e trascinante desiderio mistico? Una visione celestiale? Un impellente bisogno di aiutare il prete nel servire messa? Non è chiaro. Fatto sta che, nel cuore di quel bollente pomeriggio di giugno, lo squillo del telefono interrompe l’ozio regnante nel vicino comando dei Carabinieri: è la ‘perpetua’ che, piuttosto preoccupata, avvisa le forze dell’ordine della presenza del ministrante molesto che si aggira nella casa di Dio e vuole a tutti i costi che arrivi il prete. Intervenuti sul posto, i militari trovano il sedicente chierichetto in evidente stato confusionale e con un imprescindibile bisogno di confessarsi.
Accompagnato dai rappresentanti dell’Arma con non poca fatica presso il pronto soccorso di Asola, l’uomo tira ‘finalmente’ fuori il meglio di sé: agitazione psicofisica, urla da far accapponare la pelle, pugni e soprattutto calci a destra e a manca, che mettono in pericolo apparecchiature, personale sanitario e che purtroppo colpiscono un’infermiera intenta ad assistere l’esagitato chierichetto. Il 37enne, non ancora sazio ed appagato, si scaglia furbescamente anche contro i Carabinieri, che dopo una breve ma intensa colluttazione riescono a bloccarlo e ad arrestarlo.
Processato per direttissima a meno di ventiquattr’ore dalla movimentata vicenda, Carmine si è così giustificato di fronte al giudice e alle forze dell’ordine: “L’ho fatto perché volevo chiedere l’assoluzione al parroco”. Un elaborato e maldestro tentativo di riscatto religioso, quindi? Attimi di follia dovuti a una qualche patologia psichiatrica? Ma che… Secondo i carabinieri, il tutto sarebbe da addebitare al forte abuso di alcol e di droghe.
L’uomo è stato condannato a dieci mesi di reclusione, ma non solo: a causa dei comportamenti pericolosi avuti in passato con la ex compagna (stalking e lesioni) il giudice ha deciso per lui il divieto di dimora in provincia di Mantova.
Fonte: Gazzetta di Mantova
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