Licenziato perché voleva lavorare con la mascherina: Tribunale di Milano dà ragione all’ex operatore sanitario

Cheikna Hamala Diop era dipendente di una cooperativa che lavorava al Don Gnocchi. Il giudice ne ha disposto il reintegro, ricnoscendogli gli stipendi arretrati oppure 15 mensilità.

Dieci mesi dopo il licenziamento, il Tribunale di Milano ha ordinato la riassunzione di Cheikna Hamala Diop, ex operatore sanitario 26enne dell’Ampast. Quest’ultima è una cooperativa che lavorava nell’Istituto Palazzolo Don Gnocchi di Milano, al centro, insieme ad altre Rsa, di un’indagine su contagi e morti della scorsa primavera, durante la prima ondata dell’epidemia di coronavirus.

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Arrivato in Italia dal Mali all’età di dieci anni, Diop era stato cacciato dalla cooperativa il 7 maggio 2020. La sua “colpa”: aver denunciato di avere lavorato senza protezioni e di avere contratto il Covid-19 durante i turni svolti al Don Gnocchi.

Dopo un comunicato del sindacato Usb, che chiedeva maggiore sicurezza, Ampast aveva proceduto al licenziamento del giovane e al trasferimento di altri suoi colleghi. Proprio mentre la Procura di Milano apriva un’inchiesta per strage colposa

contro i vertici dell’Istituto Don Gnocchi, un colosso della sanità nazionale con 27 sedi, 32 ambulatori e 3.700 posti letto in nove regioni italiane.

Il giudice della sezione Lavoro, Camilla Stefanizzi, ha dichiarato “nullo il licenziamento” e disposto “la reintegra di Hamala Diop nel posto di lavoro, con condanna della cooperativa anche al pagamento di tutti gli arretrati e delle spese di lite”.

Salvo ricorsi in appello, Ampast dovrà dunque riassumere Diop, pagargli gli stipendi arretrati oppure versargli 15 mensilità, pari a poco più di 15mila euro. Tuttavia sono poche le probabilità che l’ex operatore sanitario preferisca il reintegro all’indennizzo. Si è infatti trasferito in Francia, dove lavora in prova come postino con buone possibilità di stabilizzazione.

Romolo Reboa, unio degli avvocati di Diop, ha dichiarato: “Non posso che esprimere la mia soddisfazione. Dopo tutto quello che era successo, il Tribunale di Milano ha dimostrato che si può avere fiducia nella giustizia. Con questa decisione l’Italia si allinea ai Paesi più civili e democratici a tutela dei diritti dei lavoratori, anche stranieri e con un colore della pelle diverso da quello della maggioranza della popolazione del territorio. Mi auguro ora che anche le famiglie degli anziani deceduti nelle Rsa milanesi, che il Reboa Law Firm si onora di assistere, possano trovare analoga giustizia all’esito delle indagini in corso da parte della Procura della Repubblica di Milano”.

Redazione Nurse Times

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