Lettera alla presidente Mangiacavalli a proposito de “L’infermiere del Futuro”

Si è tenuta nei giorni 23-24 settembre, a Firenze, presso la stazione Leopolda, il ‘Forum della Sostenibilità e Opportunità nel Settore della Salute’, all’interno della quale si è svolta la “Conferenza Regionale Scienze Infermieristiche”

Un evento di portata nazionale, realizzato per far confrontare cittadini e professionisti sanitari a proposito della Salute, della Sanità e degli sviluppi del sistema sanitario nazionale e regionale.

Non poteva mancare l’intervento della Presidente Barbara Mangiacavalli, pubblicato in un articolo sul sito del Collegio IPASVI dal titolo: ‘Leopolda di Firenze, Mangiacavalli: l’infermiere del futuro(VEDI).

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Il pezzo mi è capitato davanti agli occhi quasi per sbaglio, mentre cercavo news di altra natura nel mare del web; e ha dato vita sin da subito, nella mia testa fusa dal burnout e dalla continua ricerca di una pressoché irraggiungibile stabilità lavorativa, a un brulicare di riflessioni e di pensieri.

L’infermiere del futuro’…Chi sarà mai, l’infermiere del futuro? Quale radicale cambiamento starà ideando il Collegio per risollevare le sorti di una professione oramai impantanata nel più vischioso guano culturale che si possa immaginare?

Pianificazione assistenziale, presa in carico, valutazione degli esiti”. Sarebbero queste le novità individuate per risollevare la professione? Mmmh… sono perplesso. È tutto sacrosanto ed alla base di un processo di cura, per carità, ma…mi sembra la solita aria fritta, trita e ritrita, scritta sterilmente sui nostri libri oramai da troppi anni e che fino ad ora non è bastata per farci evolvere.

Non dobbiamo più stare in ospedale ad aspettare che ci portino il malato: il problema è che questo, quando esce dall’acuzie, non si sente più assistito e lì dobbiamo esserci noi, gli infermieri”…Bene, ok.

Sicuramente quello del territorio è un mercato fiorente, in costante ‘potenziale’ crescita (grazie all’aumento dell’età media e delle patologie croniche; potenziale, perché le ASL in realtà non hanno più un centesimo…) e che potrebbe per certi versi rappresentare il futuro, ma…forse lei non sa, cara Presidente, che i servizi territoriali, per come sono organizzati ora, in realtà sono la morte della nostra professione.

Venga a farsi un giro per controllare in che condizioni lavorano gli infermieri in assistenza domiciliare ad alta intensità qui a Roma, senza alcuna tutela da parte delle aziende di cui fa parte (si tratta di cooperative o associazioni appaltate), il cui interesse è solo quello di intascare denaro senza ricevere lamentele da parte dell’utenza e soprattutto dalle ASL.

E, logicamente, pagando il personale infermieristico (tutti liberi professionisti) per pochi spicci orari.

E non si può di certo sperare che l’infermiere o chi intraprende un percorso di studi per poter esercitare questa professione, ormai, debba rassegnarsi solo a sperare di svolgere l’attività libero professionale per qualche prestazione tecnica domiciliare (un cateterismo, una flebo, uno svuotamento manuale, ecc). Chi lo farebbe?

Fuori dall’ospedale “deve esserci un’organizzazione in grado di assicurare assistenza e continuità”, sono pienamente d’accordo con lei. Un’organizzazione, per l’appunto. Che al momento sembra davvero… poco organizzata. E dove il paziente, purtroppo, è ben lontano dall’essere ‘al centro’…

Ci sono le RSA”… eh sì, ci sono. Lei ha idea di come si lavora in un RSA, Presidente? Qui a Roma ci sono strutture che hanno un solo infermiere in turno ogni tre piani; ed è un infermiere che definire ‘demansionato’ è un eufemismo

: fa il giro letti, sanifica le unità di degenza, risponde ai campanelli, ai telefoni, ai citofoni e somministra il vitto…oltre a fare anche l’infermiere, ovvio.

E’ a conoscenza, poi, di quali contratti di lavoro offrano le RSA? AIOP, ANPAS… Conosce queste sigle? Beh, le faccio una sintesi: 900-1000 euro al mese (sempre che tu sia molto fortunato) per un full time con straordinari non retribuiti (a recupero…!). Ho un amico che lavora per 210 ore al mese, ma gliene pagano 156. Dice che recupererà… lo spero tanto per lui.

Una volta dimostrato ciò che sappiamo fare, quello che siamo in grado di ottenere con la nostra professionalità nessuno potrà fermare l’evoluzione positiva della professione e dei suoi modelli innovativi”.

Ed è qui, presidente, il nostro problema: i Modelli innovativi? Dimostrare ciò che sappiamo fare? Il problema è che finché ci vedranno correre da tutte la parti con una padella in mano, rispondere ai campanelli e fare tante altre cose che non ci competono, saremo visti sempre da tutti, utenti e addetti ai lavori, come i “factotum” della Sanità. Che magari sanno fare tante belle cose, per carità, anche difficili, incomprensibili ai più…

C’è bisogno di infermieri che sappiano agire in maniera proattiva”? Certo, sono d’accordo, la formazione ha un ruolo fondamentale. Ma serve una formazione vera, presidente. Che non è quella degli ECM e di quei 4 inutili corsetti online che spesso bastano per ottenerli. Servono corsi che abilitino a fare qualcosa, che davvero arricchiscano i Curricula e che facciano crescere professionalmente chi li frequenta; come avviene in altri paesi.

Serve la linea dura delle Università sui professionisti che sforna, perché non è possibile che TUTTI (e dico tutti…) riescano a laurearsi in infermieristica, anche chi non vuole, anche chi non è portato, anche chi non sopporta la vista del sangue o gli odori forti, anche chi non studia o chi non si presenta alle lezioni… non è possibile che i tanti bei concetti appresi tra i banchi universitari vengano sistematicamente confutati durante il tirocinio, dove agli studenti viene sbattuto in faccia, senza filtri, che la “bella” infermieristica che si trova sui libri in realtà non esiste ed è solo un delirante frutto dell’immaginazione di chi la racconta. E che li porta ad essere delle “nuove leve” ancora più antiche, mentalmente e professionalmente, di quelle vecchie.

E poi, cosa non meno importante, serve tutela. Per la professione e per i professionisti. Cosa che guardandosi intorno… non si vede quasi più. Urge uno stop alla proliferazione incontrollata dei soggetti di intermediazione (Cooperative e simili), sempre più padroni di un mercato che distrugge/umilia i professionisti, la continuità e la qualità dell’assistenza.

Non è possibile che le aziende possano fare ciò che vogliono senza alcun ritegno, come offrire poche centinaia di euro in nero mensili, pagare 6 euro lorde orarie (la donna delle pulizie di un mio amico ne prende 10), demansionare fino all’inverosimile i lavoratori senza la benché minima paura di andare incontro a una qualsivoglia conseguenza; è ora di dire basta a questo trattamento ignobile dei professionisti sanitari infermieri, che rasenta quello riservato alla carne da macello.

Ed è devastante che gli infermieri stessi, vessati ed umiliati, ma costretti a lavorare per poter sbarcare il lunario, non denuncino più i soprusi subiti e non si rivolgano più al Collegio IPASVI; perché non lo fanno? Perché “tanto quelli non fanno niente per la professione, intascano solo la tassa e arrivederci”, come mi sento dire spesso da tanti, troppi colleghi rassegnati e pentiti di aver scelto di essere infermieri.

Gli infermieri italiani sono accanto ai cittadini”, certo. Sempre e comunque. A prescindere. Ma ciò, da tempo, è diventato una sorta di missione e…non può essere così, per una professione.

Per concludere…ho il dubbio che qui non servano degli aggiustamenti, cara presidente. Serve una vera e propria rivoluzione, in grado di rilanciare una professione giovane che, purtroppo, non è mai decollata e che ora, complice la crisi, è in caduta libera. Concentriamoci, tutti insieme, per salvare, difendere, migliorare e “liberare” dal demansionamento l’infermiere di oggi. Perché ho paura che sia questa un’imprescindibile tappa, per sperare in un futuro migliore.

Spero tanto di poterla incontrare Presidente, sono certo che lei potrà capire perchè rappresenta una speranza di cambiamento…

Buon lavoro, Presidente Mangiacavalli.

Alessio Biondino

Fonte: IPASVI.it

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